CURIOSO CHE IL COMMENTO PIÙ SIGNIFICATIVO VENGA DA UN PIDDINO, IL GOVERNATORE DELLA TOSCANA ENRICO ROSSI: “ABBIAMO BISOGNO DI UN MAGGIORE GARANTISMO. CI SONO TROPPE RICHIESTE DI RINVIO A GIUDIZIO. RIFLETTIAMO PRIMA DI METTERE ALL'INDICE LA CLASSE DIRIGENTE…”
Filippo Facci per “Libero quotidiano”
Ci annoiamo da soli, a scrivere questo articolo: perché rischia di assomigliare a troppi altri del genere «assolto tizio, ora chi lo risarcirà?» a cui far seguire, poi, una reprimenda contro i tempi della giustizia e contro i magistrati che eventualmente abbiano sbagliato - e che non pagheranno in ogni caso - e poi, ovviamente, contro chi approfittò politicamente della sventura degli indagati, magari andando noi a ripescare - tipico - qualche articolessa colpevolista da rinfacciare a qualcuno.
Rischia di assomigliare, questo, ad articoli che però non rendono banali noi: rendono cronico il problema, rendono terminale e canceroso un sistema che solo una rivoluzione legislativa sarebbe in grado di affrontare sul serio: ma, con questi chiari di luna e questa classe politica - di governo o di opposizione che sia - non siamo mai stati così lontani dall' obbiettivo, e dall' humus necessario. Siamo, semmai, già a un punto di non ritorno che ha trasformato la magistratura in un grande gendarme che sovrintende uomini, cose e soprattutto la politica. Fine del sermone. Passiamo al compitino.
LA VICENDA Il processo è quello «Rimborsopoli» della Regione Piemonte, e il grande assolto è Roberto Cota alias «mutande verdi», espressione chiave perché ricordiate di che cosa stiamo parlando. Roberto Cota è un leghista ex governatore del Piemonte che è stato appunto assolto in Cassazione (assieme ad altri) dalle accuse sul rimborso di varie spese, tra le quali le citate mutande verdi.
Certo, ci sono anche dei condannati, ma nell' insieme il processo si è politicamente sgonfiato a dir poco. In primo grado emersero spese assurde e imbarazzanti da parte di molti consiglieri regionali (decine di migliaia di euro che andavano arrotondare gli stipendi, grazie ai meccanismi di rimborso dei gruppi) e la cosa andrò a rovinare contro la legislatura 2010/2014 a trazione Lega e centrodestra: cene, pranzi, spese di rappresentanza, trasferte, alberghi e anche tosaerba, bigiotteria, e poi le famose mutande verdi di Cota oltre ad acquisti in negozi di abbigliamento come Olympic a Torino e Marinella a Napoli.
Le accuse erano varie: dal peculato all' illecito finanziamento ai partiti. La posizione del capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari, era tra le più leggere: condannato a 11 mesi in appello, ora assolto anche lui. Gli era stato contestato un peculato di nemmeno 1.200 euro. Annullate poi le sentenze contro il citato Roberto Cota (dapprima condannato a un anno e sette mesi) e per i parlamentari Paolo Tiramani della Lega (un anno e cinque mesi) e Augusta Montaruli di FdI (un anno e sette mesi) mentre per altri 21 imputati ci sarà un appello bis per ridefinire le prescrizioni e la rideterminazione delle pene inflitte in Appello nel luglio 2018: perché non è ancora finita, certo. La giustizia ha i suoi tempi.
E gli imputati, di tempi, hanno smarrito i loro: congelati da una condizione di eterna attesa. E stiamo parlando del tribunale di Torino, considerato tra i più veloci. Naturalmente non mancherà chi dirà che l' impianto accusatorio alla fine ha retto: i giudici della V sezione della Cassazione in effetti hanno confermato l' ampliamento delle condanne in Appello (divenute 25 contro le 15 del primo grado, nel 2016) ma l' impatto politico dell' inchiesta è sostanzialmente scemato - ora, non allora - lasciando solo delle consolazioni genere «ero innocente, l' ho sempre detto».
Le inchieste sono sempre un fatto pubblico, le assoluzioni una consolazione privata.
REAZIONI «Sono contento, fin dall' inizio sapevo di essere innocente» ha detto Cota uscendo dall' aula. «Sono stato oggetto di attacchi ignobili, ho sofferto tanto. Ma è giusto avere fiducia, una parte del sistema funziona». Funziona la parte che ha assolto lui: è, a suo modo, una variazione della sindrome di Stoccolma. Un altro ex assessore della giunta Cota, Massimo Giordano, assolto a sua volta, si è detto «contento ma non sorpreso» perché si sapeva innocente anche lui. In realtà non c' è nessuno che si sia detto colpevole: le condanne sono arrivate solo per le spese considerate abnormi in un processo che appariva giuridicamente complesso, perché tutte le cosiddette spese istituzionali (cene, pranzi, abiti e borse griffate donate ai bisognosi) sono sempre state giustificate con finalità politiche: e sul confine tra libertà e legittimità della spesa si è giocata tutta la partita. Di processi per le spese pazze, comunque, se ne sono fatti tanti altri in tutte le regioni: ma in questo le assoluzioni hanno superato le condanne.
Curioso che il commento più significativo venga da un piddino, il governatore della Toscana Enrico Rossi: «Pensiamo alle conseguenze politiche di tutto questo sono cose che fanno venire i brividi. Sono materie su cui sarebbe opportuno riflettere, prima di mettere all' indice la classe dirigente. Ci sono troppe richieste di rinvio a giudizio, troppi clamori che si fanno sulla stampa. Abbiamo bisogno di riflettere e di un maggiore garantismo. Il politico può essere sottoposto ad una verifica di legalità, ma bisogna stare attenti prima di pronunciare l' indagine». E forse bisogna stare attenti prima di applaudirla.
Fonte: qui
Filippo Facci per “Libero quotidiano”
Ci annoiamo da soli, a scrivere questo articolo: perché rischia di assomigliare a troppi altri del genere «assolto tizio, ora chi lo risarcirà?» a cui far seguire, poi, una reprimenda contro i tempi della giustizia e contro i magistrati che eventualmente abbiano sbagliato - e che non pagheranno in ogni caso - e poi, ovviamente, contro chi approfittò politicamente della sventura degli indagati, magari andando noi a ripescare - tipico - qualche articolessa colpevolista da rinfacciare a qualcuno.
Rischia di assomigliare, questo, ad articoli che però non rendono banali noi: rendono cronico il problema, rendono terminale e canceroso un sistema che solo una rivoluzione legislativa sarebbe in grado di affrontare sul serio: ma, con questi chiari di luna e questa classe politica - di governo o di opposizione che sia - non siamo mai stati così lontani dall' obbiettivo, e dall' humus necessario. Siamo, semmai, già a un punto di non ritorno che ha trasformato la magistratura in un grande gendarme che sovrintende uomini, cose e soprattutto la politica. Fine del sermone. Passiamo al compitino.
LA VICENDA Il processo è quello «Rimborsopoli» della Regione Piemonte, e il grande assolto è Roberto Cota alias «mutande verdi», espressione chiave perché ricordiate di che cosa stiamo parlando. Roberto Cota è un leghista ex governatore del Piemonte che è stato appunto assolto in Cassazione (assieme ad altri) dalle accuse sul rimborso di varie spese, tra le quali le citate mutande verdi.
Certo, ci sono anche dei condannati, ma nell' insieme il processo si è politicamente sgonfiato a dir poco. In primo grado emersero spese assurde e imbarazzanti da parte di molti consiglieri regionali (decine di migliaia di euro che andavano arrotondare gli stipendi, grazie ai meccanismi di rimborso dei gruppi) e la cosa andrò a rovinare contro la legislatura 2010/2014 a trazione Lega e centrodestra: cene, pranzi, spese di rappresentanza, trasferte, alberghi e anche tosaerba, bigiotteria, e poi le famose mutande verdi di Cota oltre ad acquisti in negozi di abbigliamento come Olympic a Torino e Marinella a Napoli.
Le accuse erano varie: dal peculato all' illecito finanziamento ai partiti. La posizione del capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari, era tra le più leggere: condannato a 11 mesi in appello, ora assolto anche lui. Gli era stato contestato un peculato di nemmeno 1.200 euro. Annullate poi le sentenze contro il citato Roberto Cota (dapprima condannato a un anno e sette mesi) e per i parlamentari Paolo Tiramani della Lega (un anno e cinque mesi) e Augusta Montaruli di FdI (un anno e sette mesi) mentre per altri 21 imputati ci sarà un appello bis per ridefinire le prescrizioni e la rideterminazione delle pene inflitte in Appello nel luglio 2018: perché non è ancora finita, certo. La giustizia ha i suoi tempi.
E gli imputati, di tempi, hanno smarrito i loro: congelati da una condizione di eterna attesa. E stiamo parlando del tribunale di Torino, considerato tra i più veloci. Naturalmente non mancherà chi dirà che l' impianto accusatorio alla fine ha retto: i giudici della V sezione della Cassazione in effetti hanno confermato l' ampliamento delle condanne in Appello (divenute 25 contro le 15 del primo grado, nel 2016) ma l' impatto politico dell' inchiesta è sostanzialmente scemato - ora, non allora - lasciando solo delle consolazioni genere «ero innocente, l' ho sempre detto».
Le inchieste sono sempre un fatto pubblico, le assoluzioni una consolazione privata.
REAZIONI «Sono contento, fin dall' inizio sapevo di essere innocente» ha detto Cota uscendo dall' aula. «Sono stato oggetto di attacchi ignobili, ho sofferto tanto. Ma è giusto avere fiducia, una parte del sistema funziona». Funziona la parte che ha assolto lui: è, a suo modo, una variazione della sindrome di Stoccolma. Un altro ex assessore della giunta Cota, Massimo Giordano, assolto a sua volta, si è detto «contento ma non sorpreso» perché si sapeva innocente anche lui. In realtà non c' è nessuno che si sia detto colpevole: le condanne sono arrivate solo per le spese considerate abnormi in un processo che appariva giuridicamente complesso, perché tutte le cosiddette spese istituzionali (cene, pranzi, abiti e borse griffate donate ai bisognosi) sono sempre state giustificate con finalità politiche: e sul confine tra libertà e legittimità della spesa si è giocata tutta la partita. Di processi per le spese pazze, comunque, se ne sono fatti tanti altri in tutte le regioni: ma in questo le assoluzioni hanno superato le condanne.
Curioso che il commento più significativo venga da un piddino, il governatore della Toscana Enrico Rossi: «Pensiamo alle conseguenze politiche di tutto questo sono cose che fanno venire i brividi. Sono materie su cui sarebbe opportuno riflettere, prima di mettere all' indice la classe dirigente. Ci sono troppe richieste di rinvio a giudizio, troppi clamori che si fanno sulla stampa. Abbiamo bisogno di riflettere e di un maggiore garantismo. Il politico può essere sottoposto ad una verifica di legalità, ma bisogna stare attenti prima di pronunciare l' indagine». E forse bisogna stare attenti prima di applaudirla.
Fonte: qui
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