UN PRIMO PASSO INDIETRO L'AVEVA GIÀ DECISO GIORNI FA, PREANNUNCIANDO L'INTENZIONE DI LASCIARE L'INCARICO DI SOTTOSEGRETARIO ALLA PRESIDENZA E TENERE PER SÉ SOLO LA DELEGA ALLO SPORT
GIORGETTI E’ INSOFFERENTE CON IL M5S E NELLA LEGA CRESCE L’INSOFFERENZA PER IL SUO RUOLO DI GRILLO PARLANTE…
Francesco Verderami per il “Corriere della sera”
Crisi o non crisi, Giorgetti se ne vuole andare dal governo. In realtà un primo passo indietro l' aveva già deciso giorni fa, preannunciando l' intenzione di lasciare l' incarico di sottosegretario alla Presidenza. Via dalle incombenze quotidiane, Giorgetti pensava di tenere per sé solo la delega allo Sport. Questa forma di isolamento politico era stata amplificata a livello personale dalla decisione di staccarsi da WhatsApp e dalle chat che lo tenevano legato a un sistema per lui ormai insopportabile.
Se ha soprasseduto dal formalizzare la sua scelta è perché la crisi sembrava davvero concretizzarsi. Infatti giovedì mattina era raggiante, di una contentezza irrefrenabile: vedeva realizzarsi l' obiettivo e viveva anzitempo l' affrancamento da una condizione insostenibile. In tal senso, la sua visita al Colle era stata frettolosamente derubricata a semplice missione per capire se Mattarella avrebbe sciolto le Camere nel caso fosse caduto il governo.
GIANCARLO GIORGETTI E CLAUDIO BORGHI
Non era così. Intanto non è usuale che un sottosegretario (per quanto alla Presidenza) venga ricevuto al Quirinale, scavalcando di fatto i più alti in grado nell' esecutivo.
Eppoi l'incontro è stato un modo per rappresentare al presidente della Repubblica una situazione di governo ormai degradata, dalla quale prendere le distanze.
È noto che i rapporti con il premier e i grillini siano complicati, ma anche quelli con Salvini non sono facili. La lealtà verso il segretario del partito copre le distanze, le differenze e persino le divergenze, che appena appaiono Giorgetti provvede a dissimulare dietro un «non so, non lo capisco». Ma è chiaro che capisce, come è capitato per la sua candidatura alla commissione europea.
GIANCARLO GIORGETTI
A Bruxelles il sottosegretario leghista proprio non voleva andare: semplicemente non gli interessava. Mentre Salvini pensava di prendere due piccioni con una fava. Si sarebbe risparmiato la litania di Conte e degli alleati, che periodicamente gli presentavano le loro rimostranze: «Quello gli dice sempre che sono impreparati e inaffidabili... E poi Giancarlo è l'unico spendibile». Una forma di promoveatur ut amoveatur , alla quale Giorgetti si era ribellato. A modo suo. Il 3 luglio, alla presentazione di un libro, aveva raccontato che «nella partita europea siamo stati tagliati fuori dall'asse franco-tedesco».
Un colpo al premier e indirettamente un messaggio al vice premier di riferimento, a cui peraltro aveva anticipato cosa sarebbe accaduto: all'Italia assegneranno un incarico svuotato di deleghe, e comunque non accetteranno mai un leghista. Conclusione: «Se servissi per far saltare il banco del governo, sarei pronto. Ma il banco così salterebbe solo in autunno, cioè troppo tardi per andare a votare».
MATTEO SALVINI GIANCARLO GIORGETTI
Insomma, un conto sarebbe stato sacrificarsi per la Lega, altra cosa fare la parte del cavallo da azzoppare. A meno che il problema nel governo (e nel partito) non fosse il suo modo di fare, da grillo parlante, e magari anche il suo modo di gestire i dossier, su cui persino nel Carroccio qualcuno ha inteso obiettare.
Lontano da Roma negli ultimi giorni, per una questione strettamente familiare, ha confidato di essersi «disintossicato» dalle scorie del governo, dalle ombre che si sono allungate sulla Lega colpita dall'«affaire Metropol», e che hanno finito per ingigantire i fantasmi e quella sensazione di una minaccia incombente su chissà che cosa.
GIORGETTI E SALVINI
Per il resto, il suo modo di stare in politica resta basato su due regole, affidate ai colleghi leghisti di governo: «Non dimentichiamo che la nostra funzione è pro-tempore, e che per non perdere il contatto con la realtà, bisogna tenere sempre il rapporto con il territorio». Guarda caso lì, dove inizia a montare il malcontento. Non c'è festa di partito dove la Lega del Nord non protesti appena sente parlare Salvini del governo coi grillini...
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