MA DOPO IL VIAGGIO DI SALVINI A WASHINGTON, PUTIN CI HA TENUTO A RICORDARE AGLI 'ALLEATI' LEGHISTI COME SI FA LA POLITICA INTERNAZIONALE. TANTO L'AFFARE NON È ANDATO IN BUCA
IL RUOLO DI FERLENGHI, PIÙ FILO-RUSSO DEI RUSSI, LE DICHIARAZIONI DI SALVINI SU DESCALZI E…
La più importante e decisiva domanda da farsi sul Russia-gate è: chi ha registrato l’audio dell’incontro di Savoini e compagni all’Hotel Metropol di Mosca? E’ nella logica delle cose che a salvare quella traccia in alta e chiarissima qualità siano stati gli amici di Putin, magari per premunirsi per un eventuale voltafaccia futuro di Salvini. Infatti l’audio è stato registrato a dicembre 2018 e diffuso – visto che l’operazione da 65 milioni di euro non andò in porto - nel momento in cui si comincia a parlare della visita di Salvini a Washington e dei suoi vari incontri con l’ambasciatore Usa in Italia.
Ecco che, cinque mesi fa, una manina russa fa volare l’audio della registrazione in Italia. Ma lo scoop dell’”Espresso” non trova audience e muore lì. Dopodiché il Capitano vola negli Stati Uniti e dopo gli incontri con Pence e Pompeo è più felice di una Pasqua: ora mi sento più forte di un toro, l’Italia deve imboccare la via di Trump, e altre entusiaste dichiarazioni subito recapitate a Mosca.
Dopodiché sbarca Putin in Italia e non ottiene dal governo gialloverde una parola contro le sanzioni europee alla Russia, ricevendo in cambio una insostenibile raccomandazione ad alleggerire la posizione in Crimea. Tornando a casa, la delusione dello zar Vlad è in queste parole: “Sono molto contento di aver incontrato il Papa e Silvio Berlusconi….”. Subito dopo Buzzfeed lancia la bomba audio del Metropol.
Ed è ovvio che la manina è russa. Ma il vero problema è un altro: tipini come Savoini e l’avvocato massone Gianluca Meranda dovevano essere consapevoli che gli amici di Putin avrebbero registrato l’incontro d’affari e politica. Lo fanno da sempre e qualsiasi habitué italico a Mosca lo sa perfettamente.
L’uomo chiave della storiaccia si chiama Ernesto Ferlenghi, un funzionario dell’Eni che da una vita vive a Mosca. Entra in contatto con Savoini perché mira ad essere l’uomo di riferimento italiano in Russia. Fino al fatal incontro con il leghista, Ferlenghi è sempre stato osteggiato dai funzionari dell’ambasciata italiana a Mosca perché considerato troppo filo-russo. Oggi è felice: via Salvini, viene nominato presidente del forum di dialogo Italia-Russia al posto di Luisa Todini, messa lì a suo tempo da Gianni Letta.
Tra l’altro l’ambasciata italiana aveva proposto come presidente del Forum un imprenditore che aveva attività con la Russia come Tronchetti Provera, tant’è che il suo uomo a Mosca, Aimone di Savoia, negli ultimi giorni diceva apertamente che era fatta per il presidente di Pirelli. Ma gli interventi di Salvini, via Savoini, hanno partorito la nomina di Ferlenghi.
E il lavoro di Ferlenghi ai fianchi di Salvini produsse subito una mirabolante dichiarazione a favore dell’Ad dell’Eni Claudio Descalzi, nei guai fino al collo con la Procura di Milano per lo scandalo Nigeria: “Lo stimo e ringrazio lui e l'Eni per quello che fanno in Italia e nel mondo”. E ancora: “Un sistema Paese dovrebbe tutelare le sue aziende migliori. Dico solo questo e non commento le sentenze”.
Ma sia Trump sia Putin non perdonano a Salvini il solito immortale vizio italico di tenere il piede in due scarpe e di non finire mai la guerra con il proprio alleato. Anche se politicamente si era abbastanza posizionato su Trump, il Capitano sotto sotto ha sempre mantenuto aperti i rapporti con Mosca. Ma Donald ha offerto al leghista solo promesse e incitamenti a spaccare l’Unione Europea. Concretamente, nisba. E vista anche la sonora sconfitta al Parlamento Europeo, urge per Salvini un corso di politica internazionale.
La più importante e decisiva domanda da farsi sul Russia-gate è: chi ha registrato l’audio dell’incontro di Savoini e compagni all’Hotel Metropol di Mosca? E’ nella logica delle cose che a salvare quella traccia in alta e chiarissima qualità siano stati gli amici di Putin, magari per premunirsi per un eventuale voltafaccia futuro di Salvini. Infatti l’audio è stato registrato a dicembre 2018 e diffuso – visto che l’operazione da 65 milioni di euro non andò in porto - nel momento in cui si comincia a parlare della visita di Salvini a Washington e dei suoi vari incontri con l’ambasciatore Usa in Italia.
Ecco che, cinque mesi fa, una manina russa fa volare l’audio della registrazione in Italia. Ma lo scoop dell’”Espresso” non trova audience e muore lì. Dopodiché il Capitano vola negli Stati Uniti e dopo gli incontri con Pence e Pompeo è più felice di una Pasqua: ora mi sento più forte di un toro, l’Italia deve imboccare la via di Trump, e altre entusiaste dichiarazioni subito recapitate a Mosca.
Dopodiché sbarca Putin in Italia e non ottiene dal governo gialloverde una parola contro le sanzioni europee alla Russia, ricevendo in cambio una insostenibile raccomandazione ad alleggerire la posizione in Crimea. Tornando a casa, la delusione dello zar Vlad è in queste parole: “Sono molto contento di aver incontrato il Papa e Silvio Berlusconi….”. Subito dopo Buzzfeed lancia la bomba audio del Metropol.
Ed è ovvio che la manina è russa. Ma il vero problema è un altro: tipini come Savoini e l’avvocato massone Gianluca Meranda dovevano essere consapevoli che gli amici di Putin avrebbero registrato l’incontro d’affari e politica. Lo fanno da sempre e qualsiasi habitué italico a Mosca lo sa perfettamente.
L’uomo chiave della storiaccia si chiama Ernesto Ferlenghi, un funzionario dell’Eni che da una vita vive a Mosca. Entra in contatto con Savoini perché mira ad essere l’uomo di riferimento italiano in Russia. Fino al fatal incontro con il leghista, Ferlenghi è sempre stato osteggiato dai funzionari dell’ambasciata italiana a Mosca perché considerato troppo filo-russo. Oggi è felice: via Salvini, viene nominato presidente del forum di dialogo Italia-Russia al posto di Luisa Todini, messa lì a suo tempo da Gianni Letta.
Tra l’altro l’ambasciata italiana aveva proposto come presidente del Forum un imprenditore che aveva attività con la Russia come Tronchetti Provera, tant’è che il suo uomo a Mosca, Aimone di Savoia, negli ultimi giorni diceva apertamente che era fatta per il presidente di Pirelli. Ma gli interventi di Salvini, via Savoini, hanno partorito la nomina di Ferlenghi.
E il lavoro di Ferlenghi ai fianchi di Salvini produsse subito una mirabolante dichiarazione a favore dell’Ad dell’Eni Claudio Descalzi, nei guai fino al collo con la Procura di Milano per lo scandalo Nigeria: “Lo stimo e ringrazio lui e l'Eni per quello che fanno in Italia e nel mondo”. E ancora: “Un sistema Paese dovrebbe tutelare le sue aziende migliori. Dico solo questo e non commento le sentenze”.
Ma sia Trump sia Putin non perdonano a Salvini il solito immortale vizio italico di tenere il piede in due scarpe e di non finire mai la guerra con il proprio alleato. Anche se politicamente si era abbastanza posizionato su Trump, il Capitano sotto sotto ha sempre mantenuto aperti i rapporti con Mosca. Ma Donald ha offerto al leghista solo promesse e incitamenti a spaccare l’Unione Europea. Concretamente, nisba. E vista anche la sonora sconfitta al Parlamento Europeo, urge per Salvini un corso di politica internazionale.
GLI 007 ITALIANI MONITORAVANO I MOVIMENTI DI GIANLUCA SAVOINI E DI CLAUDIO D'AMICO, I DUE FEDELISSIMI DI SALVINI RITENUTI EMISSARI PER I RAPPORTI CON LA RUSSIA. LA CONFERMA ARRIVA DOPO L'AUDIZIONE DEL DIRETTORE DELL'AISE LUCIANO CARTA DI FRONTE AL COMITATO DI CONTROLLO PARLAMENTARE…
I servizi segreti italiani monitoravano i movimenti di Gianluca Savoini e di Claudio D' Amico, i due fedelissimi di Matteo Salvini ritenuti emissari per i rapporti con la Russia. La conferma arriva dopo l' audizione del direttore dell' Aise Luciano Carta di fronte al Comitato di controllo parlamentare. Ma i dettagli rimangono segreti perché, come chiarisce l' alto funzionario, «è in corso un' inchiesta della magistratura milanese, dunque nulla può essere rivelato». Al Copasir Carta assicura che «la vicenda non ha rappresentato un pericolo per la sicurezza nazionale».
Il direttore dell' Agenzia parla per quattro ore e la seconda parte del suo intervento - dopo l'analisi sul dossier Libia - è tutta dedicata alle «influenze e ingerenze dei russi in Italia». Per ribadire che l' attenzione, anche con l' arrivo al governo della coalizione Lega-Movimento 5 Stelle, non è calata e soprattutto che «ci sono interferenze, come dimostrano le numerose operazioni effettuate negli ultimi mesi».
Il direttore sottolinea anzi che c' è stato un «continuo e crescendo attivismo» degli 007 e questo ha portato a numerosi risultati nell' attività di controspionaggio e dunque nel fronteggiare proprio le numerose intrusioni russe che sembrano essere aumentate proprio negli ultimi mesi. La prossima settimana sarà il direttore dell' Aisi, il servizio segreto interno, a dover riferire alle Camere ma anche nel suo caso esiste il problema del segreto istruttorio.
Nei prossimi giorni il Copasir chiederà alla Procura di trasmettere tutti i documenti che è possibile rendere noti proprio per ricostruire quale sia stato il ruolo effettivo di Savoini nella trattativa con i russi registrata all' hotel Metropol nell' ottobre del 2018 in cui parlava a nome della Lega. E dunque la natura del legame con il leader leghista Matteo Salvini di cui è stato per anni il portavoce. Fonte: qui
'LA VERITÀ': ''LE CARTE BOMBA ANNUNCIATE DALL''ESPRESSO'?
SONO SOLO RUMOROSI PETARDI. AVEVAMO GIÀ PUBBLICATO LE MOSSE DI MERANDA, CHE HA TACIUTO CON GLI INQUIRENTI, LE SUE OFFERTE A GAZPROM E ROSNEFT, MAI ANDATE IN PORTO. LA BANCA PER CUI AVREBBE LAVORATO ERA ESCLUSA DALLA TRATTATIVA''
Giacomo Amadori Alessandro Da Rold per “la Verità”
Le presunte bombe dell' Espresso in edicola domenica prossima sulla prosecuzione della trattativa tra i traffichini dell' hotel Metropol e compagnie petrolifere russe, i lettori della Verità le avevano già apprezzate su questo giornale lo scorso 14 luglio, quando davamo conto di come, dopo l' incontro del 18 ottobre, Gianluca Meranda fosse tornato a Roma e il 20 avesse informato i suoi assistiti della banca Euro-Ib sulla possibilità di acquistare dalla Rosneft a buon prezzo 3 milioni di tonnellate di petrolio, lo stesso quantitativo citato nella registrazione del Metropol. Come ha confermato Glauco Verdoia, responsabile della banca all' Espresso, dopo averlo fatto con noi. Da notare che Verdoia non è mai stato convocato dai magistrati e Euro-Ib è parte lesa nella vicenda.
La Verità scrisse anche che «tra il 12 e il 14 dicembre Meranda era tornato a Mosca e dalla Russia aveva scritto a Verdoia questo Whatsapp: "Non ci sono sviluppi". Avevamo poi aggiunto che l' avvocato, a inizio 2019, tentò di cambiare cavallo e si rivolse, per acquistare petrolio in Russia a un noto lobbista romano con solidi rapporti a Mosca. Ma anche in questo caso non si concretizzò nulla». Insomma che Meranda abbia cercato di portare avanti la trattativa in modo autonomo e probabilmente insieme con Gianluca Savoini è già stato scritto da questo giornale.
L' Espresso ha aggiunto che Meranda l' 8 febbraio avrebbe fatto, a ridosso proprio dello scoop dei colleghi, un' altra offerta, questa volta indirizzata a Savoini per Gazprom ma, a quanto risulta al nostro giornale, mai arrivata alla società russa.
La Verità, insomma, aveva già anticipato tutto delle mosse di Meranda, l' avvocato cacciato dalla massoneria e in difficoltà economiche, intercettato a un tavolo del Metropol insieme con il leghista Gianluca Savoini e Francesco Vannucci, un ex bancario toscano della Margherita. I tre sono indagati per corruzione internazionale. Ieri Meranda è stato ascoltato al comando della Guardia di finanza vicino alla stazione centrale di Milano, proprio come Savoini.
Accompagnato dall' avvocato albanese Ersi Bozheku del foro di Tirana, Meranda si è avvalso della facoltà di non rispondere e ha ribadito uscendo con i cronisti quanto scritto nella sua lettera a Repubblica della scorsa settimana. «Vedremo cosa farà la magistratura», ha spiegato uscendo dalla caserma. «Credo nel lavoro dei magistrati e confido facciano le indagini in modo sereno e con la tempistica propria che indicano gli inquirenti», ha invece commentato l' avvocato Bozheku. Del resto il pezzo dell' Espresso non fa che confermare come in realtà la trattativa fosse più che mai aleatoria.
La Verità può aggiungere altri dettagli. E spiegare come i colleghi Giovanni Tizian e Stefano Vergine non abbiano raccontato fino in fondo quale sia stata la fine di quei documenti che, stando al banchiere di Euro-Ib Glauco Verdoia, non sono arrivati a Gazprom: «Non ero nemmeno a conoscenza della nuova offerta dell' 8 febbraio 2019 rivelata dall' Espresso». Non solo. Il settimanale ha dimenticato di ribadire che quella transazione era morta e sepolta «nelle chiacchiere di metà dicembre» e «che la banca non era minimamente a conoscenza delle possibilità che i soldi sarebbero stati destinati alla Lega» di Matteo Salvini.
E ancora. Euro-Ib non ha mai avuto contatti con Eni, a parte una compliance interna che non ha mai portato alla chiusura di transazioni.
Per di più nel pezzo dell' Espresso si legge che sarebbe stata la banca inglese a fare il nome di Eni con Gianluca Savoini, ma in realtà è stato Meranda a farlo. Anche perché Verdoia non ha mai visto, conosciuto o parlato con Savoini. Per di più nell' articolo di Tizian e Vergine è stata omessa tutta la parte del ribaltamento della maggior parte dello sconto ai compratori finali e il fatto che la banca avrebbe contattato tali compratori solo ad avvenuta conferma della fornitura.
Verdoia lo ha ribadito ieri: «È una vicenda che è peraltro rimasta sempre allo stato embrionale non avendo mai raggiunto nessuna concretezza». Non solo. In pratica l' unico destinatario è stato sempre Meranda che ha confezionato anche il secondo documento inviato a Savoini. In sostanza di ruoli attivi da parte delle compagnie petrolifere non c' è ombra. Anzi. Proprio nell' inchiesta pubblicata dal settimanale si leggono le prese di posizione di Rosneft e di Eni.
La prima scrive: «Non abbiamo avuto alcun ruolo nell' operazione descritta». Del resto, non l' avevano neppure ricevuto. La seconda è ancora più forte: «Eni ribadisce di non aver preso parte in alcun modo a operazioni volte al finanziamento di partiti politici. E tiene a precisare che, in presenza di qualsiasi illazione volta a coinvolgerla in presunte operazioni di finanziamento a parti politiche, si riserverà di valutare le opportune vie legali a tutela della propria reputazione».
Fonte: qui
I servizi segreti italiani monitoravano i movimenti di Gianluca Savoini e di Claudio D' Amico, i due fedelissimi di Matteo Salvini ritenuti emissari per i rapporti con la Russia. La conferma arriva dopo l' audizione del direttore dell' Aise Luciano Carta di fronte al Comitato di controllo parlamentare. Ma i dettagli rimangono segreti perché, come chiarisce l' alto funzionario, «è in corso un' inchiesta della magistratura milanese, dunque nulla può essere rivelato». Al Copasir Carta assicura che «la vicenda non ha rappresentato un pericolo per la sicurezza nazionale».
Il direttore dell' Agenzia parla per quattro ore e la seconda parte del suo intervento - dopo l'analisi sul dossier Libia - è tutta dedicata alle «influenze e ingerenze dei russi in Italia». Per ribadire che l' attenzione, anche con l' arrivo al governo della coalizione Lega-Movimento 5 Stelle, non è calata e soprattutto che «ci sono interferenze, come dimostrano le numerose operazioni effettuate negli ultimi mesi».
Il direttore sottolinea anzi che c' è stato un «continuo e crescendo attivismo» degli 007 e questo ha portato a numerosi risultati nell' attività di controspionaggio e dunque nel fronteggiare proprio le numerose intrusioni russe che sembrano essere aumentate proprio negli ultimi mesi. La prossima settimana sarà il direttore dell' Aisi, il servizio segreto interno, a dover riferire alle Camere ma anche nel suo caso esiste il problema del segreto istruttorio.
Nei prossimi giorni il Copasir chiederà alla Procura di trasmettere tutti i documenti che è possibile rendere noti proprio per ricostruire quale sia stato il ruolo effettivo di Savoini nella trattativa con i russi registrata all' hotel Metropol nell' ottobre del 2018 in cui parlava a nome della Lega. E dunque la natura del legame con il leader leghista Matteo Salvini di cui è stato per anni il portavoce. Fonte: qui
'LA VERITÀ': ''LE CARTE BOMBA ANNUNCIATE DALL''ESPRESSO'?
SONO SOLO RUMOROSI PETARDI. AVEVAMO GIÀ PUBBLICATO LE MOSSE DI MERANDA, CHE HA TACIUTO CON GLI INQUIRENTI, LE SUE OFFERTE A GAZPROM E ROSNEFT, MAI ANDATE IN PORTO. LA BANCA PER CUI AVREBBE LAVORATO ERA ESCLUSA DALLA TRATTATIVA''
Giacomo Amadori Alessandro Da Rold per “la Verità”
Le presunte bombe dell' Espresso in edicola domenica prossima sulla prosecuzione della trattativa tra i traffichini dell' hotel Metropol e compagnie petrolifere russe, i lettori della Verità le avevano già apprezzate su questo giornale lo scorso 14 luglio, quando davamo conto di come, dopo l' incontro del 18 ottobre, Gianluca Meranda fosse tornato a Roma e il 20 avesse informato i suoi assistiti della banca Euro-Ib sulla possibilità di acquistare dalla Rosneft a buon prezzo 3 milioni di tonnellate di petrolio, lo stesso quantitativo citato nella registrazione del Metropol. Come ha confermato Glauco Verdoia, responsabile della banca all' Espresso, dopo averlo fatto con noi. Da notare che Verdoia non è mai stato convocato dai magistrati e Euro-Ib è parte lesa nella vicenda.
La Verità scrisse anche che «tra il 12 e il 14 dicembre Meranda era tornato a Mosca e dalla Russia aveva scritto a Verdoia questo Whatsapp: "Non ci sono sviluppi". Avevamo poi aggiunto che l' avvocato, a inizio 2019, tentò di cambiare cavallo e si rivolse, per acquistare petrolio in Russia a un noto lobbista romano con solidi rapporti a Mosca. Ma anche in questo caso non si concretizzò nulla». Insomma che Meranda abbia cercato di portare avanti la trattativa in modo autonomo e probabilmente insieme con Gianluca Savoini è già stato scritto da questo giornale.
L' Espresso ha aggiunto che Meranda l' 8 febbraio avrebbe fatto, a ridosso proprio dello scoop dei colleghi, un' altra offerta, questa volta indirizzata a Savoini per Gazprom ma, a quanto risulta al nostro giornale, mai arrivata alla società russa.
La Verità, insomma, aveva già anticipato tutto delle mosse di Meranda, l' avvocato cacciato dalla massoneria e in difficoltà economiche, intercettato a un tavolo del Metropol insieme con il leghista Gianluca Savoini e Francesco Vannucci, un ex bancario toscano della Margherita. I tre sono indagati per corruzione internazionale. Ieri Meranda è stato ascoltato al comando della Guardia di finanza vicino alla stazione centrale di Milano, proprio come Savoini.
Accompagnato dall' avvocato albanese Ersi Bozheku del foro di Tirana, Meranda si è avvalso della facoltà di non rispondere e ha ribadito uscendo con i cronisti quanto scritto nella sua lettera a Repubblica della scorsa settimana. «Vedremo cosa farà la magistratura», ha spiegato uscendo dalla caserma. «Credo nel lavoro dei magistrati e confido facciano le indagini in modo sereno e con la tempistica propria che indicano gli inquirenti», ha invece commentato l' avvocato Bozheku. Del resto il pezzo dell' Espresso non fa che confermare come in realtà la trattativa fosse più che mai aleatoria.
La Verità può aggiungere altri dettagli. E spiegare come i colleghi Giovanni Tizian e Stefano Vergine non abbiano raccontato fino in fondo quale sia stata la fine di quei documenti che, stando al banchiere di Euro-Ib Glauco Verdoia, non sono arrivati a Gazprom: «Non ero nemmeno a conoscenza della nuova offerta dell' 8 febbraio 2019 rivelata dall' Espresso». Non solo. Il settimanale ha dimenticato di ribadire che quella transazione era morta e sepolta «nelle chiacchiere di metà dicembre» e «che la banca non era minimamente a conoscenza delle possibilità che i soldi sarebbero stati destinati alla Lega» di Matteo Salvini.
E ancora. Euro-Ib non ha mai avuto contatti con Eni, a parte una compliance interna che non ha mai portato alla chiusura di transazioni.
Per di più nel pezzo dell' Espresso si legge che sarebbe stata la banca inglese a fare il nome di Eni con Gianluca Savoini, ma in realtà è stato Meranda a farlo. Anche perché Verdoia non ha mai visto, conosciuto o parlato con Savoini. Per di più nell' articolo di Tizian e Vergine è stata omessa tutta la parte del ribaltamento della maggior parte dello sconto ai compratori finali e il fatto che la banca avrebbe contattato tali compratori solo ad avvenuta conferma della fornitura.
Verdoia lo ha ribadito ieri: «È una vicenda che è peraltro rimasta sempre allo stato embrionale non avendo mai raggiunto nessuna concretezza». Non solo. In pratica l' unico destinatario è stato sempre Meranda che ha confezionato anche il secondo documento inviato a Savoini. In sostanza di ruoli attivi da parte delle compagnie petrolifere non c' è ombra. Anzi. Proprio nell' inchiesta pubblicata dal settimanale si leggono le prese di posizione di Rosneft e di Eni.
La prima scrive: «Non abbiamo avuto alcun ruolo nell' operazione descritta». Del resto, non l' avevano neppure ricevuto. La seconda è ancora più forte: «Eni ribadisce di non aver preso parte in alcun modo a operazioni volte al finanziamento di partiti politici. E tiene a precisare che, in presenza di qualsiasi illazione volta a coinvolgerla in presunte operazioni di finanziamento a parti politiche, si riserverà di valutare le opportune vie legali a tutela della propria reputazione».
Fonte: qui
I FONDI PER LA LEGA SAREBBERO DOVUTI PASSARE PER L'ISTITUTO “EURO-IB”, CON SEDE A LONDRA, CHE HA DUE DIPENDENTI E UN BILANCIO MISERO, NON CERTIFICATO, IN PERDITA, CON UN CAPITALE SOCIALE DI 241 MILA STERLINE
E LLOYDS BANK HA IN PEGNO UNA PARTE DEL PATRIMONIO PER UN PRESTITO EROGATO IL 13 MAGGIO
L’ISTITUTO HA POCHI AFFARI E TRE UFFICI: LONDRA, FRANCOFORTE E ROMA…NELL’EX STUDIO (PERCHE’ E’ STATO SFRATTATO) DI GIANLUCA MERANDA...
Mario Gerevini per il “Corriere della sera”
La banca d'affari anglo-tedesca al centro dell' affaire Metropol è un promettente sito web dietro il quale non c' è alcuna banca ma una finanziaria privata con due dipendenti e un bilancio da pizzeria. Prima di arrivare a Londra, alla porta anonima della sede di Euro-IB Limited, riassumiamo la vicenda: il 18 ottobre 2018 tre russi e tre italiani seduti intorno a un tavolo dell' Hotel Metropol di Mosca, tra caffè sigarette e microfoni che registrano, trattano la possibile compravendita di 3 milioni di tonnellate di petrolio da un' azienda russa all'Eni (che ha smentito più volte).
Il piano prevede, in sintesi, che l' azienda russa venda il carburante a un intermediario con lo sconto del 6% e poi l' intermediario rivenda a prezzo pieno all' acquirente finale, creando così la provvista da girare, in nero, alla Lega (65 milioni) e ai funzionari russi.
Valore dell' operazione: 1,5 miliardi di dollari. Il presunto affare però non si sarebbe mai chiuso e ora indaga la Procura di Milano. Ma chi è l' intermediario? Dei tre russi sappiamo poco. I tre italiani (tutti indagati) sono:
1) Gianluca Meranda, 49 anni, un vero avvocato di sedicenti affari internazionali, in difficoltà con gli affari personali (sfrattato dallo studio per morosità come ha scritto La Verità ) che dice di rappresentare la banca anglo-tedesca;
2) Francesco Vannucci, 62, ex bancario e sindacalista in pensione che si è riciclato con risultati altalenanti, a livello provinciale, come sedicente esperto (anzi: advisor) di finanza;
3) Gianluca Savoini, 55 anni, folgorato sulla via di Mosca, selfie made man con Putin in sottofondo, legatissimo a Matteo Salvini e ancor di più a Claudio D'Amico, il geometra ex deputato nello staff del vice premier come esperto di strategie internazionali.
Che cosa colpisce di questo quadro? Il livello (anzi: lo standing). La posta in gioco (e le cifre) suggerirebbero la presenza di negoziatori di ben altra caratura, per quanto spregiudicati, e di professionisti della finanza altrettanto qualificati e disinvolti. Invece sembrano faccendieri da quattro soldi.
Però, si diceva, c'è una banca di mezzo ed è quella che potrebbe dare spessore e qualità alla task force italiana. Ne parla l'avvocato Meranda nella lettera in cui fa outing: «Specifico di aver partecipato alla riunione (...) in qualità di General Counsel (cioè capo dello staff legale, ndr ) di una banca d'affari anglo-tedesca interessata all'acquisto di prodotti petroliferi di orgine russa».
È proprio la «nostra» Euro-IB. È l'intermediario. E L' Espresso , che per primo ha fatto emergere il caso Metropol, ha appena anticipato l'uscita di nuovi documenti su carta intestata Euro-IB. Dunque il perno dell' operazione da 1,5 miliardi è dietro una porta al piano strada di County Street 87.
«Euro-IB è una Banca d' Investimenti e Corporate Finance - dice il sito - Il nostro management ha alle spalle un' esperienza con banche internazionali». Il loro bilancio è però desolatamente striminzito, non certificato, in perdita, con un capitale sociale di 241 mila sterline e Lloyds Bank ha in pegno una parte del patrimonio a fronte di un piccolo prestito erogato il 13 maggio scorso.
Pochi affari e tre uffici: Londra, Francoforte e Roma. Dove a Roma?
Nello studio (ex dopo lo sfratto) di Meranda. Il telefono è lo stesso.
L' avvocato è indicato nel sito web della società come uno dei sei top manager del team guidato dal tedesco Alexander von Ungern Sternberg, azionista di maggioranza. Ne fa parte un secondo nostro connazionale, Glauco Verdoia che oggi prende le distanze da Meranda. Caso vuole che Verdoia sia socio d' affari vinicoli dell' altro italiano del Metropol, il pensionato Vannucci. Sembra un mix tra una spy story e un film di Totò. E tutto riconduce alla Euro-IB la banca d' affari che banca non è e che nella City nessuno ha mai sentito nominare. Fonte: qui
CHI HA FREGATO SAVOINI?
È STATO UNO DEI TRE ITALIANI PRESENTI AL METROPOL A REGISTRARE L’AUDIO PUBBLICATO DA "BUZZFEED", CHE SAREBBE STATO DIFFUSO DAI RUSSI
LA GUARDIA DI FINANZA VUOLE FAR LUCE ANCHE SULLA CENA DELLA SERA PRIMA, A CUI AVREBBERO PARTECIPATO SALVINI, SAVOINI, FERLENGHI E…
Cristiana Mangani per “il Messaggero”
Sarebbe stato uno dei tre italiani presenti alla trattativa dello scorso 18 ottobre all'hotel Metropol a registrare l'audio al centro delle indagini della Procura di Milano sui presunti fondi russi alla Lega. Nel fascicolo sono indagati per corruzione internazionale Gianluca Savoini, il presidente leghista dell'Associazione Lombardia-Russia, l'avvocato Gianluca Meranda e l'ex consulente bancario Francesco Vannucci.
La ricostruzione sulla registrazione e la diffusione dell'audio, al momento, è solo un'ipotesi di lavoro, sulla quale stanno lavorando i pm Sergio Spadaro e Gaetano Ruta, che ieri hanno depositato alcuni atti dell'inchiesta - quanto necessario per dare un quadro generale di una indagine andata avanti per cinque mesi sotto traccia - in vista dell'udienza davanti al Tribunale del riesame, prevista per il 5 settembre, per discutere del ricorso presentato degli indagati contro i sequestri avvenuti un paio di settimane fa.
Qualora fosse vero che la conversazione su una fornitura di petrolio, che prevedeva una tangente per i burocrati di Mosca e fondi in nero per circa 65 milioni alla Lega, sia stata registrata da un italiano presente all'incontro - essendo la fonte segreta non si può escludere che la diffusione sia avvenuta per mano di un russo - il campo si restringe.
IL FILE AUDIO
Tra gli atti messi a disposizione dei legali, ci sono le trascrizioni della registrazione su quell'affare legato alla compravendita di petrolio, ma anche una relazione sulle modalità con cui è stato acquisito quel file audio di cui i tecnici hanno verificato l'autenticità e l'assenza di manomissioni.
Da quanto emerge dall'informativa, è stato convocato al quarto piano del Palazzo di Giustizia uno dei due giornalisti che per primi hanno scritto della vicenda e lo scorso 18 ottobre si trovavano nel grande albergo moscovita ma, come loro stessi hanno raccontato, a debita distanza dal meeting. Dall'analisi di quella conversazione, oltre all'ipotesi che a fare la registrazione con un cellulare possa essere stato uno dei partecipanti italiani alla trattativa, i pm sono certi che ci siano state altre riunioni precedenti.
Inoltre hanno anche qualche indicazione su chi possano essere i tre russi, Andrey, Yuri e Jlia, presenti quella mattina nella hall dell'hotel. Se Jlia ritengono sia Jakunin, manager vicino a Vladimir Pligin, esponente di rilievo del partito di Putin Russia Unita, uno degli altri due è quasi certamente un funzionario pubblico.
LA ROGATORIA
In attesa che parta la rogatoria per la Russia, gli investigatori della Gdf stanno analizzando il materiale sequestrato durante le perquisizioni. Vogliono fare luce anche su un'altra cena che si sarebbe invece tenuta la sera prima, sempre a Mosca, alla quale avrebbero partecipato, tra gli altri, il vicepremier Matteo Salvini, lo stesso Savoini, il presidente di Confindustria Russia e manager Eni Ernesto Ferlenghi e Luca Picasso, direttore di Confindustria Russia, oltre a Claudio D'Amico, consigliere per le attività strategiche di rilievo internazionale del leader della Lega. Ieri Salvini ha ironizzato su ulteriori fondi: «Non ho ancora finito di nascondere i rubli, dopo mi occupo del Marocco, buona caccia».
Fonte: qui
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