AVREBBE DOVUTO LASCIARE LA VALIGIA NEL METRO’ E ANDARE VIA. INVECE HANNO AZIONATO UN COMANDO A DISTANZA FACENDOLO ESPLODERE
Giuseppe D' Amato per “il Messaggero”
Akbardjon Jalilov è stato fregato. I suoi compagni l' hanno fatto saltare in aria a sua insaputa nella metropolitana di San Pietroburgo, provocando una strage. Questa l' ipotesi investigativa maggiormente avvalorata al momento dagli inquirenti federali. Una fonte ben informata addentro alle indagini l' ha reso noto alle agenzie di stampa russe. Che tanti particolari nella dinamica dell' attentato non tornassero era chiaro fin dai primi momenti.
GLI INTERROGATIVI
Come è possibile, ad esempio, che il kamikaze abbia prima lasciato una borsa alla stazione Vostanija con esplosivo pari a quasi ad un chilogrammo di dinamite e poi se ne sia andato alla Sionnaya, dove avrebbe azionato da solo il detonatore una volta in treno? E nel suo zainetto, per di più, vi era un ordigno con non più di 200 o 300 grammi di esplosivo. Se l' obiettivo era quello del massacro degli innocenti, perché allora non operare nelle ore di punta? Quella dell 14.30-14.40 è una fascia con poco traffico di passeggeri. E poi perché non vi è stata ancora una qualche rivendicazione dell' azione da parte di alcun gruppo terrorista?
Insomma tanti interrogativi, forse troppi, circondano questo mistero. L'unica certezza è che siamo davanti alle solite piste, contropiste e depistaggi vari. I servizi di sicurezza federali hanno finora tentato di stilare un identikit psicologico del ragazzo ed il 22enne kirghiso Akbardjon Jalilov di passaporto russo non ha affatto le caratteristiche di un kamikaze. A sentire gli esperti la preparazione di una persona in grado di portare a termine un' azione suicida dura generalmente mesi. Il giovane cuoco, invece, sarebbe finito in loschi giri soltanto da poco tempo.
Gli inquirenti russi hanno contattato i colleghi kirghisi, che stanno conducendo un' indagine parallela e verificando con chi il ragazzo si sia incontrato nel suo breve soggiorno in febbraio ad Osh a casa dei genitori.
La polizia ha perquisito a San Pietroburgo l' abitazione del presunto suicida ed ha trovato scotch ed armamentario vario, simile al classico kit dei bombaroli. Inoltre nelle ultime ore ha arrestato tre persone di origine asiatica con legami con Jalilov. Ma è tutta la comunità ex sovietica di San Pietroburgo ad essere ora passata al setaccio.
IL CAMBIO DI PROGRAMMA
Sempre secondo la stessa fonte ben informata l' attentato avrebbe dovuto svolgersi in maniera diversa ed essere portato a termine con l' uso di detonatori innescati con sim card. Prima avrebbe dovuto saltare in aria il treno (con la borsa lasciata incustodita da Jalilov), poi, quando la folla impaurita si fosse messa in fuga, sarebbe dovuta esplodere la bomba alla stazione della metropolitana. Qualcosa, allora, è andato storto o semplicemente era stato già deciso di fare così ed il commando, che accompagnava Akbardjon Jalilov, ha azionato il detonatore nello zaino del giovane cuoco, come pianificato?
La seconda bomba non è, invece, esplosa - è stato accertato - perché le forze di sicurezza, usando vecchie strategie del passato applicate frequentemente nella stagione del terrorismo ceceno, hanno bloccato tutti i cellulari nell' area interessata dall' attentato, evitando guai peggiori. San Pietroburgo sta lentamente tornando alla sua quotidianità, violata lunedì scorso. Il bilancio definitivo dell' attentato è di 14 morti e di una cinquantina di feriti più o meno gravi. Sia a Mosca - Piter, siamo con te si legge sul palco - che nella capitale baltica si sono tenute ieri sera manifestazioni a ricordo delle vittime con una folta presenza di cittadini indignati.
Fonte: qui
Un'altra presa per il culo.
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