"COL PERMESSO AL KILLER, MIO PADRE È STATO UCCISO DUE VOLTE"
"NON SI RENDONO CONTO DI QUELLO CHE HANNO FATTO, QUEL PREMIO È ASSURDO.
HANNO COMMESSO UN OMICIDIO GRATUITO, SONO PERSONE CATTIVE DENTRO.
IL NOSTRO SISTEMA È TROPPO MORBIDO NEI CONFRONTI DEI MINORI…"
DARIO DEL PORTO per repubblica.it
Quando ha visto quelle foto sui social, Marta ha sentito montare dentro di sé "una rabbia profonda". Erano le scene di una festa di compleanno. Due tavole imbandite, una coppia che si bacia. Un gruppo di amici che sorride. Sul muro, il numero 18. Solo che il neomaggiorenne era Ciro U., uno dei tre giovanissimi condannati in primo grado a sedici anni e mezzo di reclusione per l'omicidio di Francesco Della Corte, vigilante massacrato a bastonate nel marzo 2018 da una banda che lo aveva aggredito mentre lavorava, davanti alla stazione Piscinola della metropolitana di Napoli nel tentativo di rapinarlo della pistola.
"Mi fa stare male il solo fatto che quel ragazzo, dopo aver ucciso un uomo, possa aver pensato di festeggiare tranquillamente il suo compleanno. Significa che non hanno capito nulla, né lui né chi lo circonda. E trovo assurdo, vergognoso, che gli sia stata concessa l'autorizzazione", dice Marta Della Corte, la figlia ventunenne della vittima. Il processo d'appello inizierà il 19 settembre, il presidente della Corte d'Appello, Giuseppe De Carolis, ha avviato verifiche e lo stesso potrebbe fare il ministero della Giustizia.
Secondo una prima ricostruzione, Ciro ha ottenuto, su sua richiesta e in base a una relazione degli assistenti sociali, il permesso di lasciare il carcere minorile di Airola per trascorrere alcune ore in una canonica della zona. Gli spostamenti avvengono con scorta e agli agenti sarà presumibilmente chiesta una relazione. Appare difficile però che possa essere stato espressamente autorizzato a festeggiare il compleanno, come invece documentato dalle foto che, afferma l'avvocato Nicola Pomponio, sono state diffuse all'insaputa dell'interessato. "Come famiglia, ci siamo sempre affidati alla giustizia. Adesso però comincio ad avere paura", dice Marta.
Perché?
"È una reazione inevitabile, quando vedi che persone condannate per un delitto così grave ottengono un permesso dopo così poco tempo. Non c'è niente di rieducativo, in tutto questo. Il nostro sistema è troppo morbido nei confronti dei minori, non è più adatto al contesto in cui viviamo".
Secondo lei c'è troppo buonismo?
"Sì, mi pare evidente. Forse poteva funzionare prima, quando erano pochi i minorenni che commettevano reati, non in un periodo come questo, dove stiamo assistendo a un'emergenza vera e propria. Così i ragazzi vengono spinti a delinquere o possono essere usati come strumento dagli adulti. "Tanto non ci possono fare niente", lo dicevano anche nelle intercettazioni".
Gli assassini di suo padre hanno ammesso le loro responsabilità. Ma hanno mai mostrato segni di pentimento?
"Uno solo di loro ci ha scritto tre righe di scuse. Ma in udienza li ho sentiti parlare. Spiegavano come avevano ucciso un uomo, un padre di famiglia che usciva di casa tutti i giorni per lavorare, senza piangere, senza lasciar trasparire alcuna emozione. Nelle loro parole non c'era alcun sentimento. Hanno commesso un omicidio gratuito, sono persone cattive dentro".
E adesso quella festa di compleanno.
"Erano tutti sorridenti, distesi. Mi è sembrato davvero troppo. Significa che nessuno di loro ha compreso la gravità di quello che è accaduto".
Dopo tutto quello che ha passato, crede ancora nella giustizia?
"Certo che ci credo. Studio Giurisprudenza, ho sempre sognato di fare l'avvocato ma, dopo questa vicenda, a volte penso che sarebbe bello diventare magistrato".
Quanto è stato duro continuare a studiare dopo una tragedia simile?
"Tanti me lo chiedono. Lo faccio perché è ciò che mi lega di più a mio padre. Era una persona solare, amo ricordarlo mentre sorride. Era orgoglioso dei miei studi, mi incoraggiava sempre: questo è quello che mi fa andare avanti". Fonte: qui
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