Il fatto che l’Ivermectina sia stata di nuovo scoperta, e ritenuta degna di uno stupefatto articolo sul Financial Times, una delle bibbie del liberismo totalitario vigente, mostra il fattore fondamentale, benché complesso, della decadenza che ci fa arretrare di (in)civiltà e perdere le conoscenza già acquisite.
Anzitutto, l’ignoranza; resa invincibile dal pensare a compartimenti stagni, senza curiosità per le conoscenze che escono dal proprio stretto campo, anzi timore di sconfinare, particolarmente colpevole in giornalisti: “Mi occupo di economia, non oso cercare nozioni di farmacologa e medicina, altrimenti..” (altrimenti i superiori mi penalizzano come negazionista, è il vero motivo). Timore vinto grazie al medievale appello all’autorità: è stato il National Health Institute a raccomandare l’ivermectina, quindi si può parlarne, il divieto è stato tolto.
Meno male. Altrimenti l’Occidente liberal rischiava di “perdere di vista” – e di conoscenza – un vermifugo che esiste da oltre 30 anni, ampiamente somministrato in tutti i paesi caldi e persino dai veterinari, e che il vostro redattore vi aveva segnalato – copiando da un testo francese – per il solo fatto che ce ne freghiamo di essere bollati – come fanno – di negazionisti, antisemiti, nazisti, fanatici religiosi, oscurantisti, che non credono ne “La Scienza” gestita da Pfizer – e delle punizioni che certo arriveranno.
Il processo è analogo a quello epocale per cui l’Europa perse la conoscenza del greco classico, e perciò di tutti i progressi filosofici e tecnologico-scientifici, chimici, farmacologici, medici compresi, generati da quel prodigioso fiorire di curiosità insaziabili nel libero pensare durato almeno mille anni. La perse per secoli – i secoli bui – e ne recuperò verso il 1200 solo in parte dalle traduzioni arabe dei testi greci scientifici (ai musulmani non interessavano né Platone né Erodoto e Tucidide), ritradotti in latino da ebrei.
Allora l’Europa perse il greco (e il pezzo di civiltà più importante) per il collasso economico provocato dalle invasioni barbariche, ciò che gli storici chiamano “la scomparsa del benessere” romano, e peggio dalla convivenza nella concreta realtà come subalterni coi barbari, estranei al diritto e al bene comune.
Oggi siamo sotto il potere totalitario dei “barbari verticali” – 5Stelle ministri, Conte, Zingaretti, Salvini – bambini nati da noi e divenuti adulti senza che la società abbia saputo civilizzarli, ed inevitabile che l’effetto sia la perdita di saperi acquisiti dai padri. Già il fatto che un avvocato professionale come Giuseppi abbia detto “fragranza” di reato invece che “flagranza” è sintomo della perdita assoluta del latino, ossia delle stesse ragioni filosofiche del diritto. O un Enrico Letta, gratificato di cattedra universitaria a Parigi, che crede che Claudio (della Gens Claudia) fosse un immigrato che fece fortuna diventando imperatore: un abisso vertiginoso di incultura .Un secolo buio fatto persona.
Ancor più grave è che questa assenza di Conte dal latino e dal diritto sia condivisa dai magistrati, barbari verticali che usano il potere punitivo contro chiunque percepiscano come avversari ideologici, senza il minimo scrupolo. Ma da Matterella in giù, dai giornalisti “virologi da tv” ai NewsGuard per arrivare alle masse mascherinate e covidiote, salta all’occhio la perdita delle nozioni dei propri doveri (il Colle) e diritti secondo la civiltà che vigeva fino a un anno fa.
La “scomparsa del benessere” indotta da costoro compirà l’opera: piombiamo nei secoli bui.
L’oscurantismo dogmatico, l’adesione cieca al principio di autorità tributato alle autorità fasulle, l’obbligo di attenersi a “protocolli” del politicamente corretto diventati compartimenti stagni, imperativi salvaguardati da leggi penali – in medicina, negli ospedali come nel giornalismo e nel dibattito pubblico – e dove l’ignoranza di enormi porzioni di saperi è condita dall’intolleranza vendicativa contro chi ha idee, perché non avendole ascoltate in tv, le idee che gli ignoranti ignorano suonano alle loro orecchie come inaudite enormità, paradossi inammissibili ed offensivi, che i loro suggeritori sono lesti a calunniare come “ negazionismo, populismo, sovranismi, antisemitismi da vietare” .
Questa censura preventiva e penale è ovviamente la morte definitiva cultura.
Perché “non c’è cultura dove non ci sia un profondo rispetto per certe estreme posizioni intellettuali a cui riferirsi nella disputa”, ricorda Ortega y Gasset: “Non c’è cultura dove non ci siano norme a cui il nostro prossimo possa ricorrere. Non c’è cultura dove non ci siano principi di legalità civile a cui appellarsi. Non c’è cultura dove non presieda alle norme economiche un regime di traffico sotto il quale garantirsi [le “sanzioni” contro Iran,Damasco, Venezuela, Putin] Non c’è cultura dove le polemiche estetiche non riconoscano la necessità di giustificare l’opera d’arte. Allorché mancano tutte queste cose non c ‘è cultura; c’è, nel senso più rigoroso della parola, barbarie. Il viaggiatore che arriva in un paese “barbaro” sa che in quel territorio non vigono principi a cui si possa ricorrere. Non ci sono norme barbare. La barbarie è assenza di norme e del loro possibile appello”
Giudichi il lettore se questo non sia lo stato vigente in Italia, nella UE, negli Stai Uniti di Biden dove cominciano le “purghe” staliniane contro chiunque, nelle forze armate come nei media ed altrove, si sia esposto come simpatizzante di Trump.
Grazie, professor Gentile
Ma torniamo al discorso iniziale: per spiegare come mai il vostro cronista, non laureato in medicina né in farmacologia, vi ha parlato dell’Ivermectina prima del Financial Times, come è stato in grado di osar informare che l’articolo di Lancet che condannava l’idrossiclorochina era una porcheria e falsità, e che avevano ragione i medici che fecero le autopsie contrariamente alle direttive del ministero, e in genere vi comunica cose su cui non ha una competenza consacrata dal diploma.
Come mai? È stato il liceo classico di Giovanni Gentile che ho fatto in tempo a godere prima della distruzione barbarica. Questo sforzo del magari discutibile come filosofo, ma genio della didattica e pedagogia, aveva lo scopo di preparare intellettualmente una classe dirigente la cui mancanza in Italia gli era ben presente.
Se guardo indietro, cosa mi è rimasto di quelle cavalcate fra i 4 i greco e i 5 in latino, zero in matematica e 7 in fisica e passione per la chimica, perché non ero affatto un alunno di successo? Ebbene: il fatto che so come si fa ad imparare.
Di fronte a cose ignote, scienze, filosofie, sistemi organizzati e codificati, è ovvio che chi non le conosce provi un senso di timore ad affrontarle, si senta inadeguato e – quindi – accetti il (medievale) principio d’autorità degli “Esperti” e tecnocrati. Con ciò riducendo sempre più il proprio repertorio di curiosità, che è uno dei fattori decisivi dello scadimento nella barbarie.
Gentile mirò a formare una classe dirigente che, dovendo decidere, fosse libera da quel senso umano di timore; e davanti a un sapere sconosciuto, fosse addirittura eccitata ad apprenderlo.
Per uscire dal teorico, pensate a Enrico Mattei: cosa volete che sapesse lui ex capo partigiano, di petrolio, estrazione di gas, problema nazionale dell’energia quando gli fu data l’Agip per liquidarla come volevano gli americani. Imparò dai fascisti tecnici dell’azienda, seppe giudicare la loro buona fede, e lui incompetente, la loro competenza.
Mattei, il più bel fiore del liceo classico.
Oggi i barbari al potere totalitario non imparano niente dai “negazionisti” , anti-europeisti (da cui avrebbero bisogno di imparare alcune cose) sovranisti (che hanno argomenti che vale la pena ascoltare), “antisemiti” – perché hanno il terrore del giudizio dei loro pari grado. Pari grado in ignoranza…
Non hanno mai preso il 4 in greco per il quale noi intuiamo il senso di qualunque termine scientifico, da “malattie iatrogene” a “asteroide”, sappiamo che “galassia” ha a che fare col latte, che Idrogeno significa un componente dell’acqua, e che “Cupruria” significa che – per enorme che sia – hai rame nella pipì.
Sono a altrettante porte semi-aperte verso saperi che non ho imparato a scuola, e che ti danno la voglia di aprile, senza attenersi alle “autorità”. Pensare fuori dai compartimenti stagni, dai repertori ammessi di curiosità e dalle loro caste di mandarini, bramini e rabbini che le sorvegliano e proteggono dalle curiosità indiscrete, perché a loro danno stipendi e cattedre.
Ma l’ho fatta troppo lunga e non ho finito l’argomento. Spero di poter farvi una seconda puntata sul liceo di Gentile. Fonte: qui
Liceo Classico, con elogio dello Storicismo
“Tutto quello che non so l’ho imparato a scuola”. Questa battuta, credo di Longanesi, è un paradossale elogio del liceo classico. Abbiamo imparato “a scuola” ad affrontare le cose che non sappiamo, a non temerle, sappiamo ” dove” trovarle e impararle.
Il motivo credo sia questo: Giovanni Gentile inquadrò gli insegnamenti classici (latino, greco, filosofia) e quelli scientifici (matematica, geometria, fisica..), il “trivio e quadrivio” della Scolastica, nella solida intelaiatura innovativa dello storicismo, la filosofia che insegna che le conoscenze, le credenze, le correnti di pensiero della società europea sono legati, e nati, da una situazione storica contestuale, che va conosciuta: questa posizione, che sconfigge il relativismo (nessuna verità esiste) come il dogmatismo (esistono verità assolute e senza tempo), consente all’antico liceale che prendeva 4 in greco di avere la profondità storica, di sapere dove cercare ciò che non sa, in quale scaffale immenso delle conoscenze.
In Inghilterra e in Usa, mi pare, non esiste nulla del genere. In qualche modo, mantengono lo schema “trivio e quadrivio” medievale, che separa mentalmente le scienze dalla filosofia e dalla cultura, dalle humanitas. In questo Gentile, banditore di una filosofia perenta (l’attualismo), fu un rivoluzionario , e possiamo inserirlo nella lista di “rivoluzionatori” scientifici che ho trovato in un libro di cui vi dirò
Friedrich Wohler (1800-82), chimico sintetizza l’urea, cancellando l’idea che le sostanze organiche erano prodotte da una “forza vitale”.
Darwin (nato 1809 ) basta il nome.
Antonio Meucci (1808) fisico inventa telefono
Claude Bernard, 1813, inventa la medicina sperimentale ( “scoprì il ruolo della secrezione pancreatica nella digestione dei grassi (1848), il ruolo del fegato, oltre che nella secrezione esterna della bile, anche nella secrezione interna nel sangue del glucosio, originato dalla scissione del glicogeno (1848). Nel 1849 dimostrò l’induzione del diabete con la puntura a livello della base del quarto ventricolo cerebrale”), insomma fa della Medicina una scienza nuova, ormai staccata dalla bimillenaria tradizione galenica.
R Virchow (1821) fondatore dell’anatomia patologica
Gregor Mendel (n. 1822) : gigante dello spirito, monaco agostiniano, matematico, biologo, applica la statistica allo studio dell’ereditarietà, scopre le leggi della genetica, una scienza mai esistita prima di lui – e che smentisce in anticipo il darwinismo mostrando la non ereditarietà dei caratteri acquisiti e l’insignificanza della “selezione naturale”.
Pasteur (1822) , fondatore della microbiologia e soprattutto dell’asepsi degli strumenti chirurgici e delle ferite chirurgiche, senza cui la chirurgia portava alla morte del paziente.
Bernard Riemann, 1826, fonda la geometria non-euclidea
Lord Kelvin (William Thomson), 1822 fisico, determinò lo zero assoluto e progettò il cavotransatlkantico per le trasmissione telegrafiuche.
Konrand Roentgen (1845) scopre raggi X.
C. Maxwell, 1831, scopre l’elettromagnetismo
Dimitri Mendeleiev, 1834, altro gigante dello sprito, scopritore della periodicità degli elementi, ossia che i 63 alementi allora conosciuti, ordinati secondo il peso atomico crescente, avevano proprietà chimiche che si ripetevano periodicamente. “Previde” tre elementi, spazi vuoti nella sua tavola, che furono scoperti dopo.
Ivan Pavlov, 1849, che studia i riflessi condizionati
Madame Curie (1869), col marito scopre la radioattività.
Camillo Golgi (1844) e Santiago Ramon y Cajal, 1852, descrivono la struttura del sistema nervoso
Sigmund Freud, 1856, fonda la psicanalisi. Dottrina oggi riconosciuta falsa, ma i cui effetti rivoluzionari sulle mentalità non possono essere sottovalutati.
Max Planck, 1848, teoria dei quanti
Heinrich Hertz, fisico, 1857. Onde hertziane.
Guglielmo Marconi 1874: radio, comunicazioni senza fili.
Albert Einstein (1877) relatività
Niels Borh 1885, teoria del nucleo atomico
Trovo questa lista curiosa nel libriccino di Antonio Lima de Faria, “Science and Art are base on the same principles and values”, edito – in Italia dalla Artena Anarchist Press (Via Vittorio Emanuele 35, 0031 Artena, Roma).
Lima de Faria , direttore per una vita dell’Istituto di Citogenetica di Lund (Svezia) è una delle massime autorità nei cromosomi, ed ha dimostrato che l‘evoluzione avviene senza la “selezione naturale“, in base a un principio ordinatore presente già nei minerali . Adesso quasi centenario ha voluto saggio per dimostrare, come dice il titolo, che “Scienza ed arte sono basati sugli stessi principi e valori” : dimostrazione che gli riesce benissimo per la musica, dato che già Pitagora (560 a.C.) aveva stabilito che gli accordi che l’orecchio sente come armonici dipendono da rapporti aritmetici semplici (tipo 2:1) della lunghezza delle corde della lira; una legge che, ci dice Lima de Faria, seguono anche gli uccelli canori e le balene cantatrici, animali pitagorici senza saperlo. E lui, il genetista, spiega che quegli animali hanno come noi il gene FoxP2, il gene canoro, lo stesso che se alterato nell’uomo produce gravi disturbi del linguaggio.
Molti musicisti del resto erano cultori di matematica; il musicista Aleksandr Borodin (1833-1887) era di mestiere un chimico di fama internazionale.
Quello che per Lima de Faria tutti questi hanno in comune è inventività unita a rigore, lavoro artigianale, e pensare fuori dagli schemi. Non è un caso, dice, che questi rivoluzionari ottocenteschi delle scienze siano contemporanei di rivoluzionari politici da Marx (1818) a Bakunin, da Kropotkin a Lenin, che nel 1848 fecero esplodere la rivoluzione sincronizzata (dalla Massoneria, ma questo non lo sa) a Parigi, Vienna, Berlino, Milano – animati da una fede comune nel progresso tecnologico ed anche sociale, con cui loro avrebbero cambiato radicalmente la struttura della società.
Anche troppo, diciamo.
Indicativo che Lima non citi i filosofi di quella temperie innovatrice, il fondatore dello storicismo Dilthey (1833), Nietzsche (1844), l’inventore della fenomenologia Husserl (1859), Ortega y Gasset (1883), appunto il nostro Gentile. Evidentemente non sono nella cerchia delle sue curiosità, lo scienziato rimane uno scientista positivista – si vede che “non ha fatto il Classico”.
Ma quello che possiamo detenere della sua provocazione intellettuale, è il confronto col presente: l’adesione timorata e timorosa ai “protocolli” che uccide la ricerca scientifica per soffocamento, la bigotteria scientista, il pensare per compartimenti stagni che diventa imposizione sociale e penale, la mancanza di rigore e di distinzione razionale dei “virologi tv” che fanno proclami politici trascinati dalla loro pancia ideologica come qualunque attivista di sinistra.
(Esempio di virologo che si pronuncia contro le elezioni anticipate pronunciando una (altra) menzogna professionale: “Non escludo il ruolo delle lezioni di settembre nella seconda ondata..”
Sicché di De Faria possiamo condividere senza riserve la sua prefazione:
“La scienza è diventata un’industria controllata dalle multinazionali. L’arte è una fonte di investimento economico per miliardari. Stiamo assistendo non solo a una inversione di valori, ma alla distruzione dei principi ch hanno guidato le nostre attività più preziose.
“Attualmente, un’ondata di oscurantismo si diffonde sull’Occidente colpendo sia scienza che arte in modo letale.
“La ragione sta probabilmente nel fatto che la tecnologia ha avuto il massimo successo nel trasformare la nostra vita quotidiana. Ciò ci ha reso, in gran misura, stupidi, rendendoci difficile percepire il pericolo che abbiamo davanti”..
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