Pietro Senaldi per “Libero quotidiano”
La
pandemia è stata affrontata da due tipi di scienziati, quelli da
salotto televisivo e quelli da corsia ospedaliera. I primi sono adorati
da Conte. All' inizio, quando il virus si poteva contenere, hanno
minimizzato. Seguendo i loro consigli, il premier ancora a febbraio
diceva che non c' era nulla di cui preoccuparsi perché l' Italia era
«prontissima» e mezza maggioranza girava il Nord per aperitivi in cerca
di cinesi da abbracciare. Adesso questi cervelloni frenano sulle
riaperture, impongono alle imprese per ripartire regole al limite della
follia e si rifugiano sotto le coperte, in attesa della seconda ondata,
tra cinque mesi.
Per
tutta l' emergenza, hanno cercato di tenersi il più possibile lontano
dagli ospedali, per dare il buon esempio nella fuga dal contagio. Si
documentavano leggendo Manzoni e Camus o seguendo appassionatamente i
talkshow e le conferenze di Palazzo Chigi.
Il
secondo tipo di medico è quello che ha fatto carriera in ospedale e non
nelle organizzazioni sanitarie internazionali e ha affrontato il
Covid-19 nelle sale di terapia intensiva, incontrando i malati anziché i
giornalisti e i politici e concedendo interviste rare ai quotidiani,
solo quando aveva qualcosa da comunicare.
Si
tratta di uomini che hanno affrontato il virus senza paura e mettendo
in pericolo la propria vita. Scienziati consapevoli che quello con il
Covid-19 era un duello mortale, dove ne sarebbe restato in piedi solo
uno. È stata una lotta contro la sorte e il tempo, e soprattutto contro
un nemico del quale non si sapeva nulla, perciò difficile da battere.
Per vincerlo, bisognava esporsi e rischiare del proprio.
LA PREVISIONE
Campione
di questa categoria è il direttore dell' Istituto Farmacologico Mario
Negri, Beppe Remuzzi, considerato uno dei migliori ricercatori italiani.
Docente di Nefrologia in diverse università, di casa nostra ma anche
statunitensi e britanniche, ha 71 anni, compiuti in ospedale, proprio
nei giorni del picco dei morti. Quando Libero lo intervistò, due mesi
fa, lo scienziato aveva previsto che a metà maggio il virus avrebbe
ridotto la propria potenza in maniera considerevole e che a giugno i
contagi sarebbero terminati. Previsioni che nell' infuriare della
tormenta parevano azzardate e che oggi suonano profetiche. Ciò che
sembrava esagerato, si è dimostrato misurato.
NO ALLA POLITICA
Un'
altra cosa che Remuzzi ci confidò è che «bisogna separare la politica
dalla scienza perché, se si mescolano, viene fuori un disastro». È
esattamente quanto non è accaduto in Italia, dove accanto a Conte è
fiorita una genìa di medici che si improvvisano politici, sociologi e
divulgatori. Risultato: standoli a sentire, gli italiani non hanno
capito nulla del Covid-19, si muovono secondo nozioni orecchiate e
sensazioni condizionate dalla paura. Proprio come il governo, che non
ascolta chi combatte il virus sul fronte e pende dalle labbra di medici
da scrivania.
Oggi
Remuzzi afferma che «da dieci giorni nessuno viene più ricoverato con
difficoltà respiratorie, il virus non è più in grado di produrre la
polmonite interstiziale, non ci sono ragioni per mantenere le scuole
chiuse e i guanti non ci servono».
Buone
notizie che il governo prende con le pinze, anche se l' emergenza nelle
sale di rianimazione non c' è più da oltre un mese. Quando i medici,
accerchiati dai pazienti, lanciavano gli allarmi, Conte si faceva forte
della loro disperazione per imporre chiusure totali. Ora che dalle
corsie ospedaliere giungono buone notizie, il refrain del Palazzo è che
la scienza dev' essere sottomessa alla politica, unica abilitata a
decidere. Cambiano i tempi, ma che il contagio sia al picco, balli sul
plateau o sia pressoché zero, Remuzzi il destino l' ha scritto nel nome:
deve remare, meglio se in silenzio, e togliere le castagne dal fuoco a
chi è meno competente di lui. Se poi si azzarda a tirare fuori qualche
studio che obbliga i medici di palazzo a studiare e riflettere, o peggio
che ne ridimensiona l' importanza, le sue parole tendono a essere
ignorate.
Nei
mesi della pandemia, lo scienziato ha mappato i malati. Dispone di un
archivio dei decessi in grado di fotografare perfettamente i soggetti
più a rischio di mortalità. In base al gruppo sanguigno, al sesso, alle
caratteristiche genetiche, agli stili di vita e perfino all' area di
provenienza. Ma guai a tirarlo fuori: si scoprirebbe che gli uomini sono
diversi e che non devono comportarsi tutti allo stesso modo come dei
pecoroni.
https://www.dagospia.com/rubrica-39/salute/meno-male-che-remuzzi-rsquo-ndash-lode-direttore-238178.htm
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