GIÀ IN PASSATO E PIÙ DI UNA VOLTA IL CAPO DELLE MILIZIE AL-QUDS ERA STATO MESSO NEL MIRINO, MA NESSUN PRESIDENTE AVEVA DATO IL VIA LIBERA ALL’UCCISIONE
ANCHE PER QUESTO LUI SI SENTIVA SICURO E SE NE ANDAVA IN GIRO TRANQUILLO. POI…
Flavio Pompetti per “il Messaggero”
L'operazione che ha portato all'assassinio di Qassem Soleimani era stata decisa già all'inizio della settimana, quando Donald Trump ne ha informato il senatore Lindsay Graham durante una partita a golf nel Trump Club di West Palm Beach, ma l'eliminazione del generale era stata probabilmente autorizzata dal presidente degli Usa già tempo addietro, quando l'ipotesi di una escalation militare con l'Iran era già stata vagliata e approvata dalla Casa Bianca.
La missione non presentava troppe incognite dal punto di vista tecnico logistico: Soleimani si muoveva con estrema disinvoltura a Baghdad così come in altre capitali del Medio Oriente, con la protezione della scorta, ma senza particolari accorgimenti per nascondere la sua presenza.
Due decenni di tessitura di alleanze internazionali gli avevano conferito una rilevanza di primo piano, che faceva sospettare ambizioni politiche per il futuro, a dispetto dello stile dimesso con il quale si annunciava come «un umile soldato» del suo paese.
SOTTO CONTROLLO
La Cia ha lavorato a stretto contatto con i servizi israeliani del Mossad in passato per monitorare i suoi spostamenti, e più di una volta lo ha inquadrato nel mirino di un possibile attentato. Diversi militari statunitensi sono sfilati davanti alle telecamere ieri per raccontare il momento in cui hanno ricevuto dai vertici della Difesa l'ordine di cancellare i piani d'azione già in atto per compiere l'assassinio.
Ogni volta in passato aveva prevalso il timore che l'abbattimento di un bersaglio di tale portata avrebbe spinto l'Iran ad una reazione imprevedibile, vicina all'apertura di un fronte di guerra con gli Usa. Preoccupazioni simili avevano portato la Cia nel 2015 ad avvertire all'ultimo momento il regime di Teheran dei piani concepiti dall'intelligence israeliane per eliminare Soleimani.
Il Mossad contava di ucciderlo con un attacco nelle prossimità di Damasco, dove il capo dei Quds lavorava per rafforzare le difese del presidente siriano dopo la rivolta di parte della sua popolazione, ma la segnalazione statunitense vanificò l'attentato.
LA SVOLTA
La situazione è cambiata con l'arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca. Un segnale premonitore era arrivato lo scorso ottobre, sempre proveniente dalla sponda israeliana e dal Mossad. Il capo dell'agenzia Yossi Cohen aveva ammesso la possibilità di assassinare il generale iraniano nel corso di un'intervista: «Lui sa molto bene che il suo assassinio non è impossibile aveva detto riferendosi a Soleimani La realtà è che con tutto il rispetto per la sua spavalda arroganza, non ha ancora commesso l'errore che lo metterà al centro della nostra illustre lista di bersagli pronti per l'eliminazione».
L'occasione si è presentata giovedì notte, mentre Soleimani lasciava l'aeroporto di Baghdad, accompagnato dal vicecapo della sicurezza nazionale irachena Abu Mahdi al Mohandis, lo stesso che martedì aveva incitato le milizie di Kataib Ezbollah ad assediare l'ambasciata statunitense. Nelle 48 ore precedenti aerei militari erano giunti nella zona provenienti dagli Usa e da altre basi mediorientali, e 100 marines erano stati fatti arrivare dal Kuwait.
L'ORA X
I fitti radar e i satelliti che controllano da anni la zona devono aver letto i dati dell'aereo in arrivo, con a bordo il capo dei Quds. Il drone assassino era già piazzato ad attenderlo, assistito da alcuni elicotteri Apache che i testimoni dichiarano di aver visto volare sulla scena. Non c'è stato scampo: i missili hanno colpito con la precisione millimetrica che abbiamo imparato a conoscere, e hanno incendiato all'istante del due automobili. Del convoglio sono rimasti solo i resti inceneriti sulla strada delle due vetture, e il dettaglio di una mano insanguinata con il grosso anello rosso rubino, che il comandante esibiva all'anulare sinistro. Fonte: qui
SECONDO L’EX GENERALE FABIO MINI L'UCCISIONE DI SOLEIMANI È STATA UN ERRORE: “TRUMP HA DATO LORO UN PRETESTO E TEHERAN POTREBBE VEDER CRESCERE IL PROPRIO PESO INTERNAZIONALE. RUSSIA E TURCHIA RAFFORZERANNO IL LORO RUOLO DI MEDIATORI”
“TEHERAN HA UN MARTIRE IN PIÙ”
“L’ITALIA? SUL PIANO INTERNAZIONALE NON ESISTE. È IN COMA, NARCOTIZZATA DALLA POLITICA INTERNA…”
Marco Pasciuti per “il Fatto Quotidiano”
"Ha dato un pretesto e un nuovo martire a Teheran, che potrebbe veder crescere il proprio peso internazionale. Così come Russia e Turchia rafforzeranno inaspettatamente il loro ruolo di mediatori nella regione. Per l' uccisione di Qassem Soleimani da parte degli Usa, Fabio Mini, ex capo di Stato maggiore del Comando Nato per il Sud Europa, vede conseguenze "non previste e paradossali".
La Nato ha sospeso le missioni di addestramento e rafforzato la sicurezza delle basi. I soldati italiani sono in pericolo?
Al momento non vedo una minaccia diretta, perché le operazioni in cui sono impegnati non sono finalizzate ad azioni di guerra. Però agiscono nel quadro Nato e se quest' ultima è nel mirino lo sono anche loro.
I Verdi chiedono al governo di chiarire il ruolo della base di Sigonella.
A Sigonella c' è un centro in cui vengono gestiti droni, ma è italiano. Difficile ipotizzare che gli italiani si possano essere messi a fare operazioni contro l' Iran.
Ieri un razzo è caduto a un km dall' ambasciata Usa a Baghdad. Ci sarà un effetto domino in Paesi in cui Teheran esercita una forte influenza, come Siria e Libano?
È la cosa a cui si pensa immediatamente se si sta alle dichiarazioni fatte a caldo dagli iraniani e alla mentalità che in genere si attribuisce loro. Ma in questo caso vedo una serie di incongruenze.
Quali?
In primis la natura dell' uccisione di Soleimani. Se avesse voluto davvero eliminare il pericolo che le forze Al Quds facessero azioni contro le sue forze, Washington avrebbe potuto agire prima. Soleimani comandava le brigate da vent' anni.
Le Presidenziali negli Usa si avvicinano a grandi passi.
Appunto. E ammazzarlo adesso è stata una decisione che potrebbe avere conseguenze inaspettate. Da una parte molti ai vertici delle istituzioni non ne potevano quasi più di Soleimani, uno che agiva nell' ombra e non riferiva al governo ma direttamente all' ayatollah Khamenei. E questo lo poneva in una posizione scomoda nei confronti dell' esecutivo.
D' altra parte sono anni che Teheran non mette a segno attentati o azioni eclatanti contro gli Usa. Quindi Trump è riuscito a dar loro un pretesto: ora hanno un martire ammazzato dai cattivi americani.
Da un regime alle prese con due anni di proteste di piazza causate da una forte crisi economica e indebolito dalle sanzioni Usa ci si attenderebbe una risposta forte.
È il primo paradosso. Nonostante siano probabili azioni di ritorsione in Israele, Palestina, Libano e nei paesi in cui arriva la mano sciita, è possibile che Teheran decida di non rispondere con atti eclatanti. E se non lo farà guadagnerà molti punti in ambito internazionale.
Un sostegno che potrebbe rinvigorire le trattative per rinnovare l' accordo sul nucleare del 2015?
Sì. In questo momento i governi stanno prendendo posizione contro la dissacrazione del diritto internazionale, della politica e della diplomazia che la decisione di Trump porta con sé. Ora gli Stati europei devono agire di conseguenza. È arrivato il momento che l' Europa dica a Washington 'se non volete un altro trattato, lo facciamo noi o rinvigoriamo quello che c' è'.
L' Ue ha questa forza?
Dipende. L' Unione a 28 Stati no, evidentemente troppo divisa. Ma Francia e Germania ce l' hanno. Innanzitutto potrebbero chiedere una condanna dell' atto alle Nazioni Unite, anche se è un' azione meramente simbolica.
Parigi e Berlino si sono limitate a chiedere il rispetto dell' accordo, ma lo hanno chiesto all' Iran.
Vede? Questa è la risposta alla sua domanda.
E l' Italia?
L' Italia è in coma, narcotizzata dalle vicende di politica interna. Sul piano internazionale non esiste.
Russia e Turchia, invece, un ruolo di mediazione possono averlo, in ragione del credito che hanno acquisito nell' area negli ultimi anni.
Sì, sono altri due attori del paradosso, hanno tutto da guadagnare da questa mossa. Ankara diventa un interlocutore e rafforza le posizioni prese sulla Libia, Mosca vede l' alleato Iran passare da vittima invece che da carnefice e rinsalda il proprio ruolo di mediatore nella regione. Non credo che Trump abbia previsto nulla di tutto ciò. Fonte: qui
Marco Pasciuti per “il Fatto Quotidiano”
"Ha dato un pretesto e un nuovo martire a Teheran, che potrebbe veder crescere il proprio peso internazionale. Così come Russia e Turchia rafforzeranno inaspettatamente il loro ruolo di mediatori nella regione. Per l' uccisione di Qassem Soleimani da parte degli Usa, Fabio Mini, ex capo di Stato maggiore del Comando Nato per il Sud Europa, vede conseguenze "non previste e paradossali".
La Nato ha sospeso le missioni di addestramento e rafforzato la sicurezza delle basi. I soldati italiani sono in pericolo?
Al momento non vedo una minaccia diretta, perché le operazioni in cui sono impegnati non sono finalizzate ad azioni di guerra. Però agiscono nel quadro Nato e se quest' ultima è nel mirino lo sono anche loro.
I Verdi chiedono al governo di chiarire il ruolo della base di Sigonella.
A Sigonella c' è un centro in cui vengono gestiti droni, ma è italiano. Difficile ipotizzare che gli italiani si possano essere messi a fare operazioni contro l' Iran.
Ieri un razzo è caduto a un km dall' ambasciata Usa a Baghdad. Ci sarà un effetto domino in Paesi in cui Teheran esercita una forte influenza, come Siria e Libano?
È la cosa a cui si pensa immediatamente se si sta alle dichiarazioni fatte a caldo dagli iraniani e alla mentalità che in genere si attribuisce loro. Ma in questo caso vedo una serie di incongruenze.
Quali?
In primis la natura dell' uccisione di Soleimani. Se avesse voluto davvero eliminare il pericolo che le forze Al Quds facessero azioni contro le sue forze, Washington avrebbe potuto agire prima. Soleimani comandava le brigate da vent' anni.
Le Presidenziali negli Usa si avvicinano a grandi passi.
Appunto. E ammazzarlo adesso è stata una decisione che potrebbe avere conseguenze inaspettate. Da una parte molti ai vertici delle istituzioni non ne potevano quasi più di Soleimani, uno che agiva nell' ombra e non riferiva al governo ma direttamente all' ayatollah Khamenei. E questo lo poneva in una posizione scomoda nei confronti dell' esecutivo.
D' altra parte sono anni che Teheran non mette a segno attentati o azioni eclatanti contro gli Usa. Quindi Trump è riuscito a dar loro un pretesto: ora hanno un martire ammazzato dai cattivi americani.
Da un regime alle prese con due anni di proteste di piazza causate da una forte crisi economica e indebolito dalle sanzioni Usa ci si attenderebbe una risposta forte.
È il primo paradosso. Nonostante siano probabili azioni di ritorsione in Israele, Palestina, Libano e nei paesi in cui arriva la mano sciita, è possibile che Teheran decida di non rispondere con atti eclatanti. E se non lo farà guadagnerà molti punti in ambito internazionale.
Un sostegno che potrebbe rinvigorire le trattative per rinnovare l' accordo sul nucleare del 2015?
Sì. In questo momento i governi stanno prendendo posizione contro la dissacrazione del diritto internazionale, della politica e della diplomazia che la decisione di Trump porta con sé. Ora gli Stati europei devono agire di conseguenza. È arrivato il momento che l' Europa dica a Washington 'se non volete un altro trattato, lo facciamo noi o rinvigoriamo quello che c' è'.
L' Ue ha questa forza?
Dipende. L' Unione a 28 Stati no, evidentemente troppo divisa. Ma Francia e Germania ce l' hanno. Innanzitutto potrebbero chiedere una condanna dell' atto alle Nazioni Unite, anche se è un' azione meramente simbolica.
Parigi e Berlino si sono limitate a chiedere il rispetto dell' accordo, ma lo hanno chiesto all' Iran.
Vede? Questa è la risposta alla sua domanda.
E l' Italia?
L' Italia è in coma, narcotizzata dalle vicende di politica interna. Sul piano internazionale non esiste.
Russia e Turchia, invece, un ruolo di mediazione possono averlo, in ragione del credito che hanno acquisito nell' area negli ultimi anni.
Sì, sono altri due attori del paradosso, hanno tutto da guadagnare da questa mossa. Ankara diventa un interlocutore e rafforza le posizioni prese sulla Libia, Mosca vede l' alleato Iran passare da vittima invece che da carnefice e rinsalda il proprio ruolo di mediatore nella regione. Non credo che Trump abbia previsto nulla di tutto ciò. Fonte: qui
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