La svolta nella notte con la nave ong che ha resistito a tre manovre di alt della Finanza. La Rackete rischia fino a 10 anni. Il ministro Milanesi: "La Libia non è un porto sicuro"
L'arresto di Carola Rackete, comandante delal Sea Watch, a Lampedusa (foto da Twitter)
TiscaliNews
Carcere e processo per direttissima. E' quel che rischia Carola Rackete, comandante della nave Sea Watch entrata nel porto di Lampedusa violando per l'ennesima volta l'alt intimatogli dalla Guardia di Finanza. E mentre avviene lo sbarco dei migranti dopo due estenuanti settimane di tensioni internazionali e braccio di ferro fra la Rackete e il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, a far salire la tensione nel governo è il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi. Il quale ha preso posizione, ricordando che "la Libia non può considerarsi porto sicuro".
La svolta nella notte
Con un blitz in piena notte, la Sea Watch dopo due settimane in mezzo al mare, come già si scriveva è entrata a Lampedusa. "Non ce la faccio più, devo portarli in salvo", ha detto la comandante Carola Rackete all'equipaggio comunicando la decisione che aveva preso. Una scelta che le è costata cara: i finanzieri, con la nave ormai ormeggiata in banchina, sono saliti a bordo e l'hanno arrestata per violazione dell'articolo 1100 del codice della navigazione: resistenza o violenza contro nave da guerra. E ora Rackete rischia una condanna da 3 a dieci anni. La decisione di non attendere più la comandante la prende poco dopo l'una di notte: accende i motori e fa rotta verso l'isola. Immediatamente la motovedetta della Guardia di Finanza che in questi ultimi due giorni è sempre rimasta accanto alla nave della ong le intima l'alt. Un ordine, dicono i finanzieri, ripetuto tre volte e sempre rimasto inascoltato. Quando è ormai evidente che la Sea Watch è entrata in porto, la motovedetta tenta un'ultima mossa, ponendosi tra la banchina e la nave per impedire l'attracco. Ma Carola non si ferma e porta la Sea Watch sempre più vicino. L'incidente viene evitato per un niente: la motovedetta e la nave si toccano per un'istante, l'imbarcazione della Gdf finisce contro la banchina e riesce però a sfilarsi senza conseguenze per l'equipaggio.
Applausi e indignazione
L'ingresso della nave è accolto sul molo dagli applausi dei sostenitori della Ong e dalle grida di un gruppo di lampedusani, guidati dall'ex vicesindaco dell'isola Angela Maraventano, che urlano vergogna. "Non si può venire a fare quello che si vuole, non venite nelle nostra isola se no succede il finimondo. Fate scendere i profughi e poi arrestateli tutti", ha gridato Maraventano più volte rivolgendosi alle forze dell'ordine. All'esponente leghista ha risposto l'ex sindaco Giusi Nicolini, anche lei sul molo: "Che vuoi tu, chi sei tu per decidere chi deve venire e chi no". Alle 2.50 i finanzieri sono saliti a bordo della nave per uscirne, tre minuti dopo, con la comandante, che è stata prelevata e fatta salire su un'auto tra gli applausi e qualche insulto. L'arresto è stato formalizzato poco dopo nella caserma della Guardia di Finanza: con la manovra compiuta, è la tesi degli investigatori, Carola ha fatto resistenza alle autorità e ha rischiato di provocare un incidente. Per questo è probabile che le venga contestato anche il tentato naufragio. "Non avevamo scelta - dice la portavoce della Ong Giorgia Linardi -. Alla comandante non è stata data nessuna soluzione nonostante avesse dichiarato da 36 ore lo stato di necessità. Era dunque sua responsabilità portare queste persone in salvo. La violazione non è stata del comandante, ma delle autorità che non hanno assistito la nave per sedici giorni".
Nave sotto sequestro e migranti sbarcati
Subito dopo aver portato via Carola, i militari e gli uomini della Polizia sono saliti a bordo per notificare il provvedimento di sequestro della nave. E a bordo sono saliti anche i medici e i volontari dell'Unhcr e dell'Oim, per un primo screening sanitario e per fornire ai migranti le prime informazioni. I 4' migranti al sorgere dell'alba hanno messo finalmente piede a terra. Non prima di aver abbracciato uno ad uno i volontari di Sea Watch.
Milanesi contro la linea di Salvini
Nel mentre a rendere massima la tensione nel governo sul caso Sea Watch è stato il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi. Queste le sue parole in risposta ad una domanda durante l'incontro alla Farnesina con l'inviato Onu Ghassan Salamé: "La definizione di porto sicuro viene dalle convenzioni internazionali, queste condizioni per la Libia non ci sono. Non siamo noi a dirlo. So che da questo nascono varie precisazioni di carattere mediatico su convergenze di posizioni o meno, ma è un dato di fatto del diritto internazionale. Gli interventi della Guardia costiera libica vanno collegati all’esercizio del diritto-dovere di sovranità di quello Stato. Bisogna, inoltre, ricordare che le missioni di addestramento della Guardia costiera libica vengono effettuate anche nell’ambito di missioni dell’Unione Europea". Immediata la reazione del Pd, per bocca, tra gli altri, di Alessandro Alfieri, capogruppo in Commissione Esteri: "Milanesi ha spiegato bene che la Libia non e un porto sicuro. Dovrebbe spiegarlo bene al suo collega Salvini, che vorrebbe rispedire in Libia tutte le persone migranti che dalla Libia affrontano viaggi della speranza verso l’Europa".
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