Università, indagati 40 docenti per concorsi truccati: sospeso rettore di Catania –
Concorsi universitari truccati, i pm: «C’era un metodo paramafioso»
Per il rettore Francesco Basile e altri 9 professori era stato richiesto l’arresto ma il gip ha concesso solo la sospensione dal servizio. Altri 40 docenti di vari atenei italiani indagati
“….„Sospensione dal servizio per il rettore dell’Università di Catania e per nove docenti (con posizioni importanti all’interno dei dipartimenti) ritenuti – a vario titolo responsabili – dei reati di associazione a delinquere, corruzione, turbativa d’asta- […] „Nel procedimento sono complessivamente iscritti 40 professori delle Università di Bologna, Cagliari, Catania, Catanzaro, Chieti-Pescara, Firenze, Messina, Milano, Napoli, Padova, Roma, Trieste, Venezia e Verona.“
[…]
„L’operazione della Digos, denominata “Università Bandita”, ha consentito di accertare l’esistenza di 27 concorsi truccati: 17 per professore ordinario, 4 per professore associato, 6 per ricercatore. Tra i nomi degli arrestati, spiccano quelli di Giuseppe Sessa(Medicina), Filippo Drago (Medicina), Carmelo Monaco (Agraria), Giancarlo Magnano di San Lio (Filosofia).“
Ed ecco come si parlavano tra loro: “
Vediamo chi sono questi stronzi che dobbiamo schiacciare…”, diceva un professore indagato riferendosi agli altri candidati, parlando con un candidato che “doveva” vincere. In un’altra intercettazione uno degli indagati pronuncia la frase: “Hanno pestato la merda ora se la piangono”, commentando l’operato di un candidato che aveva presentato ricorso, che sarebbe stato minacciato di ritorsioni nei confronti della moglie, che non avrebbe mai – queste le minacce – più fatto parte di una commissione”
Un senso di stanchezza profonda prende, nemmeno si è capaci di commentare più. Cosa vuoi dire quando non mafiosi venuti dal basso, non camorristi della feccia sottoproletaria, o pastori sardi usi all’ abigeato, ma rettori di università e docenti vengono beccati ad agire come una banda organizzata di delinquenti per spartirsi cattedre e i relativi grassi stipendi. Oltretutto in fondo l’abbiamo sempre saputo, che in Italia (specie nel Sud, anche se non solo) le cattedre universitarie se le dividono così da sempre, che truccare i concorsi è una consuetudine.
Il punto è che il giorno prima abbiamo appreso dell’orribile vicenda degli affidi presso Reggio Emilia, con false accuse di pedofilia e incesto a genitori innocenti per strappar loro i figli e darli a gente che ci lucrava – e anche ogni tanto stuprava i bambini. Leggo di un papà che hanno fatto condannare a 11 anni di galera , innocente. E mica erano pastori sardi o camorristi analfabeti: il direttore generale della AUSL Fausto Nicolini – che è medico, assistenti sociali e noti psicoterapeuti laureati, un avvocato..
E qualche settimana fa, giudici e procuratori dell’organo di autogoverno della Magistratura che si spartiscono sedi, tramano per difendersi dalle indagini, si pugnalano alle spalle, fanno combutta con politici (del PD), e a vantaggio l’uno dell’altro violano dozzine di leggi – quelle leggi che dovrebbero difendere.
Troppi casi in così pochi giorni. Per non avere la sensazione di un quadro totale. Nel giro di pochi giorni abbiamo visto che le nostre “classi dirigenti” vincitrici di concorsi pubblici e pagate con ottimi stipendi pubblici, hanno trasformato i rispettivi settori in omologhi di Cosa Nostra. Non si tratta qui solo di magistrati o docenti universitari, o assistenti sociali per l’infanzia, scarsamente preparati; si tratta di personalità ai vertici del sistema pubblico che manifestano la forma mentis di malviventi, che si sanno appartenenti ad una cosca della malavita organizzata. Stesso eloquio, stessa postura di disprezzo verso il mondo esterno, stessa violenza verbale, stessa abitualità a commettere reati, e mancanza di vergogna.
E’ un fenomeno che, credo, non ha eguali nel mondo. Cerco di ricordare cosa dovrebbero avere, per essere classe dirigente. Orgoglio professionale per le conoscenze guadagnate nel loro settore, a giudizio dei pari e senza trucchi. Dignità personale gelosa, che si riflette anche nel linguaggio controllato, tecnicamente preciso, colto e urbano. Ambizione e sforzo orgoglioso di mantenere degni dell’alta funzione Senso del dovere verso la comunità che li ha elevati a posti di prestigio, inseparabile dalla coscienza che la propria dignità consiste in questo servizio. Consapevolezza delle responsabilità che hanno assunto in quei posti di potere, rispetto per le funzioni che esercitano, senso dello Stato o di patria e quindi, almeno ogni tanto, riferimento ad una idea del bene comune.
Abbiamo visto il contrario: egoismi, particolarismi feroci, bassezza; omertà, trucchi sleali, viscida ineleganza, nessuna idea che ai grossi stipendi pubblici che percepiscono devono corrispondere con qualche tipo di attività degna e ben fatta. No, come criminali, i soldi che arraffano dallo Stato li considerano a fondo perduto –e non si fanno scrupolo di aumentarseli in modi illegali.
Il denominatore comune a queste diverse cosche dei vertici dirigenziali, sono appunto gli stipendi pubblici. I più alti d’Europa a parità di funzioni. .
Questa marcescenza ai vertici delle funzioni pubbliche, questa occupazione di cattedre e di procure, di alte cariche di Stato, da parte non di “normali” parassiti inadempienti ma di mafie e racket attivissime costituiti in oligarchie inamovibili, è un fenomeno che, credo, non ha eguali nel mondo civile – e l’evidente causa della decadenza verso l’inciviltà il non-diritto, la non-cultura, l’analfabetismo di ritorno e la sporcizia morale del popolino. La funzione de-moralizzante (nel senso proprio: di rendere immorali) gli strati inferiori della società, quelle che Gad Lerner chiama “le classi subalterne”, è un effetto diretto della mancata esemplarità dei superiori: se i docenti, i medici, i rettori, i procuratori sono questi, la volgarità di Salvini o di Grillo, le violazioni della normale buona educazione , le micro-criminalità corpuscolari, l’abbandono scolastico come dei rifiuti per strada, anche i graffiti sui muri che bruttano ogni angolo, muro esterno saracinesca delle nostre città e agli occhi dello straniero ne fanno dei Bronx pericolosi, ne sono la conseguenza ultima.
Dovrebbe suonare l’allarme generale, e invece silenzio. Sullo scandalo immane dei magistrati malavitosi, non più una ulteriore intercettazione né alcuna discussione. Come ad un segnale ricevuto; le ultime informazioni risalgono al 7 giugno, poi più niente. Se ciò viene da una moral suasion dall’alto, non so. Se lo è, è censura, repressione, chiara volontà da parte dell’oligarchia malavitosa di mantenersi qual è. Indegna.
Da qui una profonda stanchezza, cari lettori.
Maurizio Blondet
Fonte: qui
“VEDIAMO CHI SONO QUESTI STR**** CHE DOBBIAMO SCHIACCIARE!” - L’INCHIESTA SUI CONCORSI PILOTATI ALL’UNIVERSITÀ DI CATANIA, SVELA UN SISTEMA CHE LA PROCURA DEFINISCE “PARAMAFIOSO”
IL "METODO" DEL RETTORE FRANCESCO BASILE: “ALLA FINE QUI SIAMO TUTTI PARENTI…”
TRA GLI INDAGATI ANCHE IL RETTORE DE “LA SAPIENZA”, EUGENIO GAUDIO E L'EX PROCURATORE DI CATANIA VINCENZO D'AGATA...
Alfio Sciacca per il “Corriere della sera”
«Ne ho uno al giorno che viene per un problema di parentela o di... perché alla fine qua siamo tutti parenti l'Università nasce su una base cittadina abbastanza ristretta, una specie di élite culturale della città perché fino adesso sono sempre quelle le famiglie». Era questa l'idea che aveva del suo ateneo il rettore Francesco Basile. Sembrano le parole di un personaggio dei «Viceré» che, guarda caso, sono ambientali proprio in quel Monastero dei Benedettini che oggi è una delle sedi dell' università di Catania.
Spiega così le logiche «familistiche» che governano la scelta dei docenti in una delle intercettazione della Digos, nonostante la sua prima preoccupazione appena insediatosi, nel febbraio 2017, fosse stata un'accurata bonifica del suo ufficio da eventuali microspie. Come se il nuovo rettore, 62 anni, ordinario di Chirurgia e una quotidianità in sala operatoria, dovesse temere orecchie indiscrete. Forse aveva tanto da nascondere.
A cominciare dalla gestione dei consigli di amministrazione che si svolgevano con «sistemi bulgari» e le indicazioni di voto fatte circolare attraverso «pizzini» perché «io non posso chiamare al telefono, non è illegale ma...».
Cautele che non sono state sufficienti ad evitare che il marcio venisse a galla svelando un sistema che il pm Raffaella Vinciguerra definisce «paramafioso», mentre il procuratore Carmelo Zuccaro parla di «desolante e squallido quadro criminale». Un contesto di tale gravità che la Procura aveva chiesto l'arresto per il rettore e nove docenti con l'accusa di associazione a delinquere, corruzione e turbativa d' asta. Il Gip ha però accolto solo la richiesta di sospensione dai loro incarichi.
Un «sistema sommerso con a capo il rettore» nella gestione dell' ateneo e in particolare per la selezione dei docenti «al di là di meriti e competenze». Non c'era scambio di denaro o altro, ma un rapporto di mutua assistenza per garantire il perpetuarsi della solita élite e delle solite famiglie. Rimessi in discussione gli esiti di 27 concorsi (17 per ordinario, 4 per associato e 6 per ricercatore) «costruiti con metodi sartoriali, decidendo a priori chi doveva vincere».
Fondamentale in tal senso il ruolo delle commissioni esaminatrici, spesso integrate da docenti di altri atenei. Forse questo spiega (oltre ai 46 di Catania) i 20 indagati nel resto d'Italia. Tra questi spiccano nomi di primissimo piano come il rettore de La Sapienza Eugenio Gaudio, il noto chirurgo padovano Umberto Cillo, e il rettore dell'Humanitas di Rozzano, Marco Montorsi.
Buona parte dei venti docenti non sanno nemmeno di essere indagati e preferiscono non fare alcun commento in attesa di capire meglio. Molto più circostanziata e grave la posizione dei dieci docenti sospesi a Catania. Seguivano logiche ferree. «Io mi sono rotto il c... per te - dice un prof - ora vieni incontro a me e vai in quella commissione». Per pilotare i concorsi veniva utilizzato ogni escamotage: «Se serve limitiamo il numero delle pubblicazioni».
E se poi c' erano troppi idonei la soluzione la forniva l'ex direttore del dipartimento di Scienze Politiche Uccio Barone; «Io mi faccio dare tutto l' elenco e vediamo chi sono questi str... che dobbiamo schiacciare!». Storico, con un passato nel Pd, Barone ha uno sterminato elenco di pubblicazioni, compresa una sul «Tramonto dei Gattopardi». Ieri è stato l' unico a parlare: «Sono all' estero, immagino le palate di fango. Ma resto sereno». Forse non sa che tra i concorsi su cui si indaga c' è anche quello del figlio Antonio, giovanissimo ordinario di Diritto amministrativo a Economia e Commercio.
Nell' elenco degli indagati sono finiti persino l' ex procuratore di Catania Vincenzo D' Agata e la figlia, docente di prima fascia.
Fonte: qui
Un «sistema sommerso con a capo il rettore» nella gestione dell' ateneo e in particolare per la selezione dei docenti «al di là di meriti e competenze». Non c'era scambio di denaro o altro, ma un rapporto di mutua assistenza per garantire il perpetuarsi della solita élite e delle solite famiglie. Rimessi in discussione gli esiti di 27 concorsi (17 per ordinario, 4 per associato e 6 per ricercatore) «costruiti con metodi sartoriali, decidendo a priori chi doveva vincere».
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