Paghiamo, tanto, ma non ce ne accorgiamo nemmeno. Una furbata per evitare la rivolta contro il fisco esoso
Il lato oscuro delle tasse è come la faccia nascosta della luna: non lo vedi mai. Con il fisco succede la stessa cosa. La maggior parte dei prelievi è invisibile. Il contribuente non si accorge di versare denaro nelle casse dell'erario. Succede per esempio con gli stipendi dei lavoratori dipendenti, incassati al netto del prelievo.
Ma capita anche con l'Iva incorporata nel prezzo dei beni acquistati. In numerosi Paesi sugli scontrini sono riportati separatamente il costo del prodotto comprato e l'aggravio fiscale caricato. Da noi non funziona così. Tutto congiura a tacere il meccanismo dei prelievi, la trasparenza è la grande assente nel rapporto tra fisco e cittadini. I quali finiscono per non rendersi conto di quale sia l'effettivo peso dell'imposizione tributaria sulle loro tasche. È un peso esorbitante ma spesso tollerato perché non se ne conosce la dimensione. Chi direbbe che le tasse invisibili sono il 96 per cento del totale? Sembra impossibile, ma è così: soltanto il 4-5 per cento delle imposte viene versato con un'azione consapevole, in virtù di un pagamento effettuato a uno sportello bancario, alle poste, a una tabaccheria convenzionata con l'Agenzia delle entrate.
Il resto viene sfilato dal conto in banca con grande destrezza, senza disturbare il contribuente, evitandogli il fastidio di compiere il versamento e quindi l'inesorabile arrabbiatura di quando si mette mano al portafogli. Ma com'è gentile il fisco, pur di lasciare i cittadini in un inconsapevole torpore.
I PRELIEVI ALLA FONTE
Il grosso delle tasse invisibili sono i prelievi alla fonte compiuti da un sostituto d'imposta. Quei soldi il contribuente neppure li vede perché riceve il netto dal datore di lavoro magari senza gettare un'occhiata alla busta paga. Sono somme consistenti, che comprendono l'Irpef, i contributi previdenziali e le addizionali regionali e comunali, spesso rincarate dagli enti locali senza che ne venga data un'adeguata comunicazione. Questa fetta di imposte occulte rappresenta il grosso delle tasse pagate inconsapevolmente: oltre il 60 per cento. Diverso è il discorso per i lavoratori autonomi e i professionisti che emettono fatture e parcelle sulle quali devono pagare l'Iva. Il loro esborso è cosciente. E si fa sentire. Gli autonomi conoscono molto meglio l'invadenza del fisco, l'insofferenza verso l'erario li esaspera maggiormente rispetto ai lavoratori dipendenti. La protesta delle partite Iva contro la grande sanguisuga fiscale è più sonora. L'effetto però non cambia per nessuno.
LE TASSE SULLE TASSE
L'altro grande capitolo delle tasse inconsapevoli è quello delle imposte indirette che sono contenute nel prezzo dei beni. La parte del leone spetta all'Iva e ai dazi doganali incorporati nei prodotti importati da Paesi extra Ue, ma la casistica è molto estesa. Le accise, per esempio: colpiscono i carburanti, i tabacchi, i fiammiferi, gli alcolici, l'energia elettrica, il gas metano, il lotto. Rappresentano una delle principali entrate dello Stato e delle Regioni, eppure quale contribuente saprebbe dire quanti soldi gli costano le accise? Ma il peggio è che molto spesso queste imposte concorrono a formare il valore sul quale si calcola l'Iva. Tasse sulle tasse, quindi. Tasse doppie. Tutto nascosto. Tributi occulti sono compresi nel costo dell'assicurazione dell'auto, su cui gravano imposte specifiche più un contributo destinato al Servizio sanitario nazionale. Se ne rendono conto soltanto i pochi che si preoccupano di dedurlo al momento di presentare la denuncia dei redditi. Sono di fatto invisibili anche i bolli trattenuti dalle banche sui conti correnti e i dossier titoli, e così pure gli interessi sugli investimenti finanziari e i capital gain. Gli estratti conto riportano il prelievo, che però è automatico: l'effetto per il contribuente è quello dell'ennesima tassa inconsapevole.
AUTOMATISMI NASCOSTI
Non è finita. Sul «Gratta e vinci» e gli altri incassi da scommesse e pronostici si versa un'imposta sostitutiva. Da quest'anno è invisibile anche il canone Rai, che il governo Renzi ha inserito nelle bollette della luce con modalità ancora poco chiare. Una tassa piccola quanto fastidiosa colpisce i sacchetti di plastica non biodegradabili. Queste sono le voci delle imposte invisibili che ricorrono più frequentemente nella vita quotidiana. Naturalmente non sono le uniche. I redditi più elevati, comprese certe pensioni d'oro, sono alleggeriti da un contributo di solidarietà. Quando si lascia il lavoro, anche la liquidazione è colpita da un'imposta sostitutiva sulla rivalutazione del capitale accantonato. Nel prezzo di un'auto nuova è ricompresa l'imposta provinciale. Sulle vetture di grossa cilindrata grava una sovrattassa. Oltre all'automobile, di recente il fisco ha scoperto quanto sia redditizio colpire il trasporto aereo.
Fra tasse aeroportuali e addizionali comunali sui diritti d'imbarco, si pagano tasse occulte quando si acquista un biglietto. I passeggeri di aerotaxi hanno un prelievo erariale aggiuntivo, mentre certe Regioni fanno pagare per le emissioni sonore dei velivoli.
I VERSAMENTI? POCHISSIMI
I casi in cui i contribuenti devono effettuare versamenti per tasse «visibili» sono limitati. I più comuni sono il bollo auto e le svariate imposte sulla casa, dalla tassa rifiuti a Imu, Tari, Tasi, eccetera. Non vanno dimenticati i bolli, le imposte immobiliari quando si compra o si ristruttura una casa, le tasse scolastiche e universitarie, i ticket sanitari che però variano notevolmente da regione a regione. Nel bilancio fiscale di un contribuente medio queste voci non superano il 5 per cento complessivo, secondo una simulazione della Cgia.
«Nel momento in cui si va in banca o alle poste per questi adempimenti dice Paolo Zabeo, coordinatore dell'Ufficio studi Cgia psicologicamente percepiamo di più il peso economico di questi versamenti rispetto a quando subiamo il prelievo dell'Irpef o dei contributi previdenziali direttamente dalla busta paga. Quando si mette mano al portafogli si prende atto dell'entità del pagamento e di riflesso scatta una forma di avversione nei confronti del fisco. All'opposto, quando i tributi sono nascosti perché riscossi alla fonte, l'operazione è meno dolorosa». Ecco perché lo Stato ha tutto l'interesse a incassare il grosso del gettito in maniera invisibile. Occhio non vede, cuore non duole.
INCONSAPEVOLI AL 96%
La Cgia ha simulato l'effetto dei prelievi occulti in una famiglia tipo. Marito operaio specializzato, moglie impiegata, un figlio, reddito da lavoro dipendente di 22.627 euro lui e 17.913 lei, casa di proprietà di 94 metri quadrati con rendita catastale di 522 euro, due automobili, risparmi per 50mila euro tra liquidità bancaria e un po' di investimenti finanziari (titoli di stato, azioni, obbligazioni).
Con queste ipotesi, il prelievo alla fonte operato dai datori di lavoro è pari complessivamente a 11.098 euro, mentre le tasse nascoste tra Iva, accise, bolli, imposte su assicurazioni e proventi finanziari ammontano a 5.230 euro. Rimangono da versare «consapevolmente» i bolli sulle due vetture e la tassa rifiuti. Appena (si fa per dire) 696 euro. Il 4 per cento, appunto, di tutte le imposte pagate da questa famiglia media italiana che in totale superano i 17mila euro annui: circa il 43 per cento dei redditi.
La pressione fiscale complessiva rimane molto punitiva per i contribuenti italiani. Supera di 4 punti quella tedesca, di 6 quella olandese, di 9 quella spagnola e addirittura di 13 quella vigente in Irlanda. Tutte economie che hanno reagito meglio di noi alla crisi e stanno crescendo a un ritmo più sostenuto.
TRASPARENZA SCONOSCIUTA
In Italia continua a funzionare la vecchia regola: tasse e tasse ma prelevate in maniera indolore, non sulla carne viva del contribuente ma dopo avergli fatto una piccola anestesia locale dove si tiene il portafogli. Un modo di fare che è l'opposto della trasparenza e non contribuisce a normalizzare i rapporti tra cittadini ed erario. La tendenza a occultare le tasse è in aumento. Lo dimostra la progressiva quanto sconosciuta crescita delle addizionali locali introdotte da regioni e comuni quando gli amministratori non sanno fare quadrare i conti.
Anche il nuovo sistema per pagare il canone della Rai va nella medesima direzione: non più versamenti alle poste o in tabaccheria ma dieci rate spalmate nelle bollette dell'energia a tutti coloro che hanno un contatore, in modo da farci abituare rapidamente all'asportazione silenziosa del contante. Entro un paio d'anni ci dimenticheremo anche che c'è un canone Rai da pagare e non ci indigneremo più per questo balzello anacronistico e ingiustificato. Presto potrebbe sparire anche una tassa odiosa come il bollo auto. È una sparizione soltanto apparente, perché verrebbe sostituita dall'ennesima accisa che colpisce i carburanti.
Il gravame rimane ma si dice al povero tartassato che non deve più disturbarsi: lo Stato pensa a tutto, a mettergli le tasse e pure a prelevargliele, mentre lui può restare tranquillamente seduto in poltrona a guardare la tv (su cui paga un canone occulto) e bere birra (gravata da accise nascoste) nella sua comoda casa. Dove l'insopportabile Imu è stata di fatto soppiantata dalle addizionali comunali.
Con tanti saluti a chi promette di abbassare le tasse.
Fonte: qui
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