“IL VACCINO PROTEGGE ALL'88% DALL'INFEZIONE, AL 94% DAL RICOVERO IN OSPEDALE, AL 97% DAL RICOVERO IN TERAPIA INTENSIVA E AL 96% DA UN ESITO FATALE DELLA MALATTIA”
E SULLE TERZE DOSI…
Elena Dusi per “la Repubblica”
1 - CHI È POSITIVO AL TEST SIEROLOGICO PUÒ VACCINARSI?
Chi ha anticorpi contro il Covid ha avuto un'infezione asintomatica, probabilmente. In Italia chi ha già avuto il coronavirus può fare una dose di vaccino, non due (il contagio è equiparato a una prima dose). Il sierologico non ha valore riconosciuto, ma alcune persone in questa condizione si sentono insicure a farsi vaccinare con entrambe le dosi.
«Non c'è alcun rischio per la salute» spiega Sergio Abrignani, immunologo della Statale di Milano e membro del Comitato tecnico scientifico. «La scelta di vaccinare i guariti con una dose è stata fatta solo per risparmiare vaccini. Chi ha un test sierologico positivo può fare le due dosi con tranquillità».
2 - SI PUÒ RISCHIARE DI AVERE TROPPI ANTICORPI?
«No» assicura Abrignani. «Il concetto dei troppi anticorpi non esiste. Io come molti colleghi ho avuto il Covid alla prima ondata. Poi con gli altri sanitari sono stato vaccinato con due dosi. Dopo la prima dose gli anticorpi sono aumentati molto, rispetto a quelli lasciati in eredità dal coronavirus. Poi in molti casi hanno raggiunto un plateau e non sono saliti neanche dopo il richiamo. I valori fra gli individui sono molto variabili e non esiste un motivo teorico per cui avere un titolo alto possa avere ripercussioni sulla salute. Solo a chi ha problemi di autoimmunità consiglierei di sentire un medico, ma a prescindere dal test sierologico».
3 CHI HA PIÙ ANTICORPI È PROTETTO PIÙ A LUNGO?
«Non è una regola, ma in genere chi parte da livelli più alti ha una presenza rilevabile degli anticorpi che dura più a lungo» è la premessa di Abrignani. «Non è necessariamente vero, però, che la protezione contro il Covid sia più lunga. Non sappiamo quale sia il livello minimo di anticorpi che ci protegge dall'infezione. E non abbiamo piena conoscenza del ruolo che giocano i linfociti T nel difenderci dal coronavirus». Finora non abbiamo ragione di pensare che la protezione dei vaccini sia diminuita per effetto del tempo. Sappiamo che gli anticorpi restano alti per circa tre mesi, poi iniziano a calare, ma durano intorno ai 9 mesi».
4 - CON POCHI ANTICORPI SERVIREBBE UNA TERZA DOSE?
«Non esiste questa possibilità» e Abrignani spiega il perché. «Il concetto di pochi anticorpi non è oggettivo, perché non sappiamo qual è la soglia minima che ci protegge». I test sierologici poi «sono variegati e danno risultati diversi».
La questione tuttavia esiste. Riguarda le persone in cui, per problemi di salute, i vaccini sono poco efficaci e il coronavirus resta un rischio. Negli Usa ne ha parlato l'immunologo Anthony Fauci. «Chi ha subito un trapianto, è sottoposto a chemioterapia, soffre di malattie autoimmuni o assume immunosoppressori potrebbe essere fra i primi a ricevere una terza dose». Israele ha già iniziato le inoculazioni.
5 - CHI SONO I VACCINATI CHE RISCHIANO DI INFETTARSI?
Purtroppo non abbiamo un'informazione del genere. «E la diversità dei test sierologici non ci permette di fare confronti» dice Abrignani. Abbiamo solo dati da Israele, secondo cui i vaccinati che finiscono in ospedale hanno altre malattie gravi e spesso sono immunocompromessi. In Italia i vaccinati deceduti per Covid avevano un'età media alta: 86 anni. I dati dell'Istituto superiore di sanità ci dicono che il ciclo completo di immunizzazione «protegge all'88% dall'infezione, al 94% dal ricovero in ospedale, al 97% dal ricovero in terapia intensiva e al 96% da un esito fatale della malattia».
6 COS' È IL PARADOSSO DEGLI IMMUNIZZATI RICOVERATI DI PIÙ?
Lo spiega l'Istituto superiore di sanità sul suo sito. Negli ultimi 30 giorni gli over 80 ricoverati senza vaccino sono stati 125, quelli con ciclo completo 128. Sembrerebbe che vaccinarsi non abbia effetto, ma gli over 80 vaccinati sono il 90%, quindi 9 volte più numerosi dei non vaccinati. «Con alti livelli di copertura - spiega l'Istituto - c'è l'effetto paradosso per cui il numero assoluto di infezioni, ospedalizzazioni e decessi può essere simile tra vaccinati e non vaccinati». Eppure «il tasso di ospedalizzazione negli ultimi 30 giorni nei non vaccinati è circa 10 volte più alto rispetto a quello dei vaccinati con ciclo completo (28 contro 3 ogni 100mila abitanti)».
Fonte: qui
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