COS’E’ CHE NON HA FUNZIONATO?
COME MAI, DOPO I DURI SACRIFICI PRIMAVERILI, CI SIAMO FATTI TROVARE IMPREPARATI DI FRONTE ALLA SECONDA ONDATA DEL COVID.
DI CHI E’ LA RESPONSABILITA’?
SIAMO ANCHE IL SETTIMO STATO AL MONDO PER NUMERO COMPLESSIVO DI CONTAGI (1.825.775) E IL QUARTO NEL RAPPORTO TRA MORTI E POPOLAZIONE (1.060 OGNI MILIONE DI ABITANTI).
DAVANTI A NOI SOLO…
Da open.online
Siamo anche il settimo Stato al mondo per numero complessivo di contagi (1.825.775) e il quarto nel rapporto tra morti e popolazione (1.060 ogni milione di abitanti). Davanti a noi soltanto Belgio, San Marino e Perù.
Si è parlato già molte volte dell’altissimo bilancio di perdite italiane sul fronte del Coronavirus. Ci si è domandati perché così tanti morti, sia all’inizio – quando per primi nel continente europeo fummo colpiti dal furore del virus – sia con questa seconda ondata, che invece ci ha raggiunti più tardi rispetto agli altri Stati europei. Nessuna risposta sembra adeguata alla dura eloquenza delle cifre. Con i 649 decessi delle ultime 24 ore l’Italia è di nuovo, sei mesi dopo, il Paese europeo con il maggior tributo di vittime per la pandemia.
Sono arrivati a 64.036 i morti dalla fine di febbraio a oggi uccisi dal Covid. Fino a ieri solo il Regno Unito aveva avuto più decessi dell’Italia, e continua a sua volta a subire i colpi del virus con i 529 nuovi morti delle ultime 24 ore. Nel mondo solo quattro Paesi hanno avuto più vittime del nostro: gli Stati Uniti, il Brasile, l’India e il Messico. Il nostro Paese è anche il settimo al mondo per numero complessivo di contagi (1.825.775) e il quarto nel rapporto tra vittime e popolazione (1.060 ogni milione di abitanti). Davanti a noi soltanto il Belgio, San Marino e il Perù.
COSA NON HA FUNZIONATO?
Si moltiplicano ormai ogni giorno sulle colonne dei giornali, in tv e in rete le voci che si lamentano del fatto che i cittadini sono sempre più frastornati dalla marea di dati e di opinioni, spesso contrastanti, di epidemiologi, virologi e scienziati sull’epidemia del coronavirus.
Mentre le statistiche ci travolgono e gli esperti di Covid-19 affollano e movimentano i talk show, proviamo allora a concentrarci su pochi indicatori, chiari e precisi, che ci portano a sollevare una questione fondamentale. Come mai l’Italia, che di fatto era inizialmente entrata nella seconda ondata della pandemia meno colpita di altri Paesi, sta ora per diventare la prima nazione europea per numero di decessi, sorpassando perfino il Regno Unito (dove la prima ondata era stata gestita in modo a dir poco rocambolesco dal premier Boris Johnson)?
Facciamo innanzitutto un passo indietro. L’Italia a inizio 2020 era stata colpita per prima tra i Paesi occidentali da un virus che allora sembrava molto lontano, confinato in Asia, dopo essere scoppiato misteriosamente in Cina. Invece, nel giro di pochi giorni divamparono all’improvviso i focolai prima di Codogno e Vo’ e poi soprattutto quelli di Bergamo e Brescia che avrebbero determinato migliaia di morti.
Nell’immaginario mondiale la Lombardia e con essa l’Italia divennero così temporaneamente l’epicentro del coronavirus in Occidente. In quelle settimane di emergenza le altre principali nazioni europee, sottovalutando il pericolo, avevano dapprima guardato il nostro Paese con sufficienza accusandoci di incapacità e addirittura di essere gli “untori d’Europa”. Poi però erano state colpite pesantemente anch’esse, in particolare Francia e Spagna, per non parlare del Regno Unito che alla fine della prima ondata del Covid-19 divenne la nazione europea con il maggior numero assoluto di morti, mentre il Belgio fu quella con il più alto numero di decessi per abitante.
La disorganizzazione nella gestione dei contagi si rivelò ben presto maggiore altrove rispetto al nostro Paese. E, nei mesi successivi, in breve tempo anche gli Stati Uniti guidati da un confuso e ondivago Donald Trump furono travolti dalla pandemia, così come tutte le Americhe.
L’Italia reagì al coronavirus con uno dei lockdown più severi, forse in modo addirittura eccessivo, nel senso che le fabbriche, che pure erano luoghi relativamente sicuri, avrebbero potuto essere lasciate tutte completamente aperte (non solo i codici ATECO ritenuti essenziali), così da limitare il calo del nostro Pil nei primi due trimestri del 2020. Ciò, pur senza compromettere il contenimento dei contagi. Ma, in ogni caso, è un fatto che, grazie a quel lockdown, il coronavirus non si estese molto oltre la Lombardia, il resto del Nord Ovest e parte dell’Emilia-Romagna: infatti, il Triveneto, il Centro e il Mezzogiorno furono sostanzialmente risparmiati. Alla fine, il modello italiano di rapidità e severità dell’azione di governo e di compostezza dei cittadini fu perfino lodato dalla stampa internazionale, in particolare anglosassone, mentre la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, i cui leader sembravano quasi allo sbando di fronte agli avvenimenti della pandemia, venivano colpiti in modo tremendo per numero di morti.
L’Italia, però, ha sostanzialmente sprecato il vantaggio dei suoi duri sacrifici primaverili e si è fatta trovare impreparata di fronte alla seconda ondata del Covid. Certamente, noi non siamo in grado qui di stabilire se la recrudescenza del virus nel nostro Paese è stata determinata maggiormente dalle affollate discoteche estive e dalle movide serali cittadine piuttosto che dalla mancata organizzazione dei trasporti e della sanità prima delle riaperture delle scuole e delle attività economiche dopo le vacanze. È pur vero che anche altre nazioni, come noi, hanno avuto discoteche affollate ad agosto e hanno riaperto le scuole a settembre. Ma, forse, si erano preparate meglio di noi in vista della seconda ondata sul piano organizzativo e logistico.
Sta di fatto che se il nostro Governo era stato pronto a chiudere quasi tutto il Paese a marzo, aprile e maggio, compito che richiedeva in verità più decisione che competenza, probabilmente è stato più deciso che competente nel richiuderlo selettivamente in autunno quando era chiaro che stava per ripresentarsi una nuova emergenza della pandemia. Con una azione basata su un groviglio di indicatori sanitari e colori di regioni (dal giallo, all’arancione e al rosso) che hanno fatto di tutta l’erba un fascio. Perciò, si sono chiusi in modo contraddittorio i piccoli ristoranti delle province lasciando però aperti gli affollatissimi trasporti urbani e suburbani nelle città metropolitane e nei loro hinterland, il che ha fatto rapidamente estendere il contagio da Milano alla Brianza, fino a Varese e Como, nonché da Torino, Roma e Napoli alle loro popolose periferie. E, a differenza della prima ondata del coronavirus, la seconda ha colpito pesantemente anche il Centro e il Mezzogiorno.
Poi, anche sotto la pressione dei conflitti di interesse che le controverse chiusure selettive hanno scatenato tra Stato, regioni e categorie economiche, negli ultimi giorni si sono riaperte attività commerciali di grande affollamento in grandi città e regioni che, pur avendo i famosi indici Rt in lieve calo, presentano ancora molti decessi e altissime percentuali di ricoveri ospedalieri (in terapia intensiva e area non critica). Con possibili drammatiche conseguenze in termini di rimbalzo dei contagi tra qualche settimana.
Abbiamo più persone anziane e vulnerabili di altri Paesi? Il virus da noi è più cattivo che altrove? O è stata più cattiva la gestione della pandemia? Soltanto future analisi ci spiegheranno che cosa è successo esattamente. Una cosa indubbiamente positiva, rispetto al primo lockdown, è che sono state lasciate aperte le fabbriche, anche perché gestite ordinatamente come caserme da imprenditori e lavoratori altamente responsabili e attenti ai protocolli interni. È altrettanto certo, però, che nella gestione delle chiusure e delle riaperture delle altre attività economiche e negli spostamenti dei cittadini, così come nell’organizzazione di trasporti, scuola e sanità, sono stati fatti parecchi errori.
Altrimenti non si spiega perché, dopo aver iniziato l’autunno con pochissimi decessi per Covid-19 rispetto a Francia, Spagna e Gran Bretagna, l’Italia nelle settimane successive da metà ottobre in poi abbia avuto un notevole incremento del numero di morti e stia in questi giorni ormai superando la Francia per decessi nella seconda ondata
Al punto che il nostro Paese tra non molto sopravanzerà di certo anche il Regno Unito per numero complessivo di persone decedute dall’inizio della pandemia. Un triste primato. Saremo il Paese europeo con il più alto numero di morti per Covid nel 2020. E con molti indicatori anche regionali dei decessi (in special modo al Nord) tra i più alti del continente da settembre in poi, sia in termini assoluti sia in termini per abitante (si veda la tabella).
C’è solo da augurarsi che la diffusione dei vaccini nei prossimi mesi sia gestita in Italia meglio e con più competenza ed efficienza della seconda ondata.
Fonte: qui
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