Abbiamo spesso ragionato su uno dei problemi che affliggono il nostro Bel Paese, ovvero il debito.
Il grafico in apertura è ovviamente una fotografia non propriamente aggiornata della situazione ma rende l’idea sul fatto che noi, con Giappone e Grecia, condividiamo il podio di cui non dobbiamo proprio esserne orgogliosi, quello dei paesi con il più alto rapporto debito/PIL.
E fino a qui non vi ho sicuramente detto nulla di nuovo.
Abbiamo ragionato su come ne possiamo uscire, sul Recovery fund, sulla possibile patrimoniale, e su quante siano le criticità sistemiche e burocratiche che ci inchiodano.
Ma purtroppo, in uno scenario che già di per se è drammatico, c’è ancora un tassello che vi prego di non dimenticare.
Ne ho parlato in QUESTI POST , e come potrete vedere in tempi non sospetti già ne parlavamo. Ma è il caso di riprendere in considerazione l’argomento.
E lo voglio fare con una provocazione.
Il debito è lievitato, la crescita economica è collassata.
Ma CHI pagherà questo debito?
Si, perché c’è un problema che va oltre all’economia, ai cicli di mercato, al Recovery Fund e alla burocrazia. E’ la demografia.
Questa è la piramide demografica dell’Eurozona. Come vedete a livello prospettico sta cambiando in modo radicale la sua conformazione.
E se per l’Europa il problema è forte, per l’Italia, un paese al collasso anche a livello di welfare, la questione è ancora più grave. Senza dimenticare appunto che il tasso di natalità del Bel Paese è ai minimi globali.
Ve la devo mettere in termini molto pratici? Stiamo vivendo in un contesto storico unico dove c’è una palese bolla voluta per calmierare gli effetti di una crisi che NON è la classica crisi generata da cicli economici ma è più paragonabile a quello che è uno stop generato da un evento imponderabile. Il termine “Cigno Nero” mi sembra il più appropriato. Fino ad oggi l’ho chiamato “cigno grigio” ma può sempre scurirsi col tempo.
E questa bolla ha generato molto debito, compresi molti prestiti garantiti dallo Stato che non verranno mai ripagati.
Tralasciamo anche le problematiche sul lavoro (quando finiranno i sussidi pubblici, come la mettiamo con la disoccupazione?) ma andiamo a vedere quello che voleva essere l’oggetto del post.
Mi risulta che i prestiti con garanzie pubbliche, erogati dal sistema bancario, sono pari a circa 150 miliardi. Noi da subito abbiamo parlato dei rischi che questa esposizione “singolare” comportava e adesso la Banca d’Italia inizia a preoccuparsi seriamente.
Facciamo un ragionamento di tipo statistico, basandoci sul passato.
(…) In genere il 10% dei prestiti in situazioni normali scivola tra le voci delle sofferenze bancarie e finisce bene presto dritto nel grande cesto dei non performing loans (NPL). Nel caso dei guasti della pandemia quel 10% è destinato a crescere molto (per ora nessuno azzarda percentuali, ma molti concordano nell’immaginare almeno il doppio).
Dunque un ammanco potenziale di una trentina di miliardi. Che toccherà allo Stato garante assicurare alle banche.(…)
..le quali banche, ovviamente hanno in mano la garanzia statale ma non sarà semplice non mettere preventivamente in qualche posta di bilancio dei crediti che al momento non sono esigibili.
E poi, quando si troverà una quadra apparente, resterà pur sempre un fardello di debito “monstre” che dovrà essere rimborsato. Ma da chi? Dall’Italia, ovvio, e chi è l’Italia? Siamo noi, gli italiani. Un popolo che, come detto in apertura, ha problemi demografici notevoli.
(…) Il fatto che l’Italia sia il Paese dove gli abitanti diminuiscono e i nuovi nati sono ormai sotto la soglia di sopravvivenza a 400mila unità aggrava il quadro. I bambini che mancano oggi saranno i lavoratori che mancheranno tra 20 anni. E saranno anche i contributi previdenziali che mancheranno al sistema già sotto forte stress. Nel frattempo sono almeno 3 milioni i lavoratori in nero fuori dai radar della statistica e quasi altrettanti sono i giovani sfiduciati che non cercano un impiego e non studiano. (…) [Source]
Fate un ragionamento in prospettiva, anche solo a livello di contributi NON versati che quindi NON potranno garantire la sussistenza del welfare pubblico. Fate un pensiero su chi dovrà essere l’imprenditore di domani, che dovrà alimentare il PIL e l’economia. Che non ci sarà perché c’è il collasso delle nascite. Meno imprese, meno PIL, meno entrate fiscali, il tutto con una popolazione sempre più vecchia e tantissimo debito da rimborsare.
Non male a livello prospettico, ma qui andiamo oltre a quello che è la “banale” riforma di cui spesso si parla. Mi sembra di vedere Don Chisciotte contro i mulini a vento. Fonte: qui
PER L'ITALIA NON BASTA IL RECOVERY: SERVE IL DEFIBRILLATORE
SOTTO IL DEBITO DEL NOSTRO PAESE CI SONO TRE BOMBE CHE SCOPPIERANNO: QUELLA FINANZIARIA LEGATA AI PRESTITI GARANTITI DALLO STATO CHE NON VERRANNO RIPAGATI, QUELLA DEL LAVORO QUANDO NON CI SARÀ PIÙ IL BLOCCO DEI LICENZIAMENTI E UNA TERZA LEGATA AL CROLLO DEMOGRAFICO.
MA ALLORA PERCHÉ CONTE E I SUOI MINISTRI NON SE NE OCCUPANO?
SPERANO DI TAPPARE I BUCHI CON IL RECOVERY FUND. PECCATO CHE NON POSSONO…
Alberto Orioli per https://24plus.ilsole24ore.com/
La corsa al vaccino e l’affanno del ritardo italiano offuscano obiettivi e problemi di medio periodo, come quelli legati all’allarme demografico. Su cui pesa un altro ritardo. Per lo meno analitico. C’è una bolla finanziaria legata ai prestiti garantiti dallo Stato che non verranno mai ripagati.
Ce n’è un’altra del lavoro e scoppierà quando non ci sarà più il blocco dei licenziamenti; ce n’è una terza legata agli andamenti demografici di un Paese che ha ormai 5 anziani per ogni bambino e ben presto vedrà squilibrarsi l’assetto del proprio sistema di welfare.
Il peso del debito
Il comun denominatore di queste tre emergenze – e sarebbe il primo punto nell’agenda post Covid di un Governo previdente – è l’aumento del debito. Questi punti non sono all’attenzione di Giuseppe Conte e dei suoi ministri.
Sarebbe miope e sbagliato se il retropensiero fosse che, alla fine, toccherà ai fondi del Recovery plan porre rimedio alla devastazione nei conti procurata da questo inedito tridente. I fondi europei serviranno a finanziare riforme e crescita, non le misure di pronto soccorso.
E l’unica strada per risolvere il problema sarebbe quella di riuscire a innescare tassi di crescita mai raggiunti (e non raggiungibili se le stime dell’effetto Recovery sul Pil si ferma al 3,5% calcolato finora).
Quanto ai prestiti sono 150 i miliardi erogati ai soggetti dell’economia e coperti da garanzie pubbliche: la Banca d’Italia da tempo ha sollevato il tema dei rischi (pur se fisiologici in questa situazione) nella fase di rientro di quelle somme.
In genere il 10% dei prestiti in situazioni normali scivola tra le voci delle sofferenze bancarie e finisce bene presto dritto nel grande cesto dei non performing loans. Nel caso dei guasti della pandemia quel 10% è destinato a crescere molto (per ora nessuno azzarda percentuali, ma molti concordano nell’immaginare almeno il doppio).
Cinquanta miliardi senza copertura?
Dunque un ammanco potenziale di una trentina di miliardi. Che toccherà allo Stato garante assicurare alle banche. Via debito naturalmente. Del lavoro si è detto più volte che si aspettano un milione di disoccupati nel giro di pochi mesi.
Probabilmente è un numero totem sovrastimato, ma sarà comunque uno shock inaudito che farà mancare consumi (e quindi ridurrà il Pil ulteriormente) e imporrà nuove misure assistenziali oltre a forme sempre più generose di incentivazione alle assunzioni.
Un mix di Naspi (la nuova indennità di disoccupazione), reddito di cittadinanza e reddito di emergenza unito alle nuove forme di decontribuzione per rendere convenienti le nuove assunzioni. Ce ne sono per il Sud, per i disoccupati, per le partite Iva, per le donne. E significano minori entrate per gli enti previdenziali nelle fasi iniziali della carriera lavorativa, recuperati con i ristorni del Tesoro.
Quindi ancora debito. Magari finirà anche meglio del previsto, con un ammanco a fine anno per l’Inps di una decina di miliardi, perché il rimbalzo della manifattura e la magia dell’e-commerce sono stati più gagliardi del previsto. E anche il tiraggio della Cassa integrazione sarà alla fine del 42%, con 6,7 milioni di lavoratori coinvolti. Tanti, ma con una spesa finale minore delle attese. In ogni caso il rischio è che il Paese entri nel 2021 con un fardello di una cinquantina di miliardi per lo più senza copertura.
L’emergenza di una riforma fiscale
Il fatto che l’Italia sia il Paese dove gli abitanti diminuiscono e i nuovi nati sono ormai sotto la soglia di sopravvivenza a 400mila unità aggrava il quadro. I bambini che mancano oggi saranno i lavoratori che mancheranno tra 20 anni. E saranno anche i contributi previdenziali che mancheranno al sistema già sotto forte stress.
Nel frattempo sono almeno 3 milioni i lavoratori in nero fuori dai radar della statistica e quasi altrettanti sono i giovani sfiduciati che non cercano un impiego e non studiano. Il sistema fuori squadra del welfare impone continue trasfusioni fiscali. E sarà la madre di tutte le riforme, proprio quella fiscale, a ridisegnare il Paese . E la lotta al sommerso, che il Covid sembra aver ridotto all’oblio, dovrebbe essere la priorità per trasformare un Paese diseguale e polarizzato in uno Stato inclusivo e socialmente armonico.
Fonte: qui
Nessun commento:
Posta un commento