“MAMMA, PAPÀ DEVO SEGUIRE L’UOMO COL CAPPUCCIO”
UNA FRASE DIETRO LA QUALE POTREBBE NASCONDERSI UNA “CHALLENGE DELL'ORRORE”, COME IL NOTO “BLUE WHALE”: IN QUESTO CASO GLI INVESTIGATORI SI STANNO CONCENTRANDO SU UN GIOCO CHIAMATO “JONATHAN GALINDO” CHE MOSTRA UN UOMO CON...
"MAMMA ADDIO, SEGUO L'UOMO COL CAPPUCCIO" SI UCCIDE A 11 ANNI ISPIRATO DAL GIOCO SUI SOCIAL
Antonio E. Piedimonte per “la Stampa”
È da poco passata la mezzanotte quando esce dalla sua cameretta per andare in bagno. Un lungo silenzio e poi più nulla. Se ne è andato così, in una fresca notte di settembre, Lucas (nome di fantasia), 11 anni. È volato giù dal balcone della sua casa, al decimo piano di un palazzo di Mergellina, la zona elegante della città, nella notte tra lunedì e martedì, lasciando uno sgabello e il telefonino sul balcone, insieme a un dolore immenso tra chi lo amava e un inquietante mistero per tutti.
L' allarme, la disperazione, i soccorsi: i paramedici l' hanno trovato ormai esanime, il pigiamino bagnato dal sangue; una scena terribile che ha turbato persino gli esperti poliziotti. E con loro i vicini, che appaiono ancora increduli: «È una storia incredibile, sembra uno di quei film horror dove succedono cose assurde», dice un giovane scuotendo la testa. A spiegare tanto sconcerto sono le parole giunte sul telefonino della madre via Whatsapp, un messaggio sinistro, terribile: «Mamma, papà vi amo ma devo seguire l' uomo col cappuccio che ho davanti...non ho più tempo...».
Apparentemente senza molto senso, la frase ha lasciato basiti parenti, amici e conoscenti. Anche perché viene descritto come un ragazzino senza grilli per la testa, studente modello, equilibrato, sportivo (così come il fratello e la sorella), cresciuto in una famiglia normalissima della borghesia e un quadro generale che non sembra lasciare spazio a eventuali situazioni di disagio.
La Procura segue la pista (ma non è l' unica) del reato di istigazione al suicidio. L' ipotesi è che il piccolo possa essere stato vittima del condizionamento psicologico legato a uno dei cosiddetti «challenge dell' orrore», come il noto «blue whale», ovvero quei giochi on-line che spingono all' estremo, sino agli atti di autolesionismo, uno scenario già noto in Italia ma soprattutto all' estero e che tuttavia non trova d' accordo gli esperti, per alcuni sarebbero poco più di una fake news, per altri invece un pericolo reale, e molto serio, sulla falsariga del cyberbullismo. In particolare gli investigatori napoletani stanno concentrando la loro attenzione su un gioco chiamato «Jonathan Galindo», che mostra un uomo con un cappuccio nero che richiede l' amicizia sui vari canali social (Facebook, Instagram, Tik Tok, Twitter) perlopiù a giovanissimi.
Gli inquirenti non tralasciano nulla e il quadro si farà più chiaro dopo che saranno scandagliati gli strumenti informatici che usava il ragazzino e saranno sentiti gli amichetti. Molto, infine, potrà dire l' autopsia. Ma si può davvero essere plagiati dalle «presenze» del web sino al punto da fare qualcosa di tremendo? Oscar Nicolaus, psicologo e professore universitario, spiega: «Premesso che non posso parlare del caso perché non disponiamo ancora degli elementi sufficienti per farlo, quello che posso dirle in generale è che sicuramente alcuni aspetti della Rete possono avere un potere di influenza anche nefasto, del resto avviene per gli adulti figuriamoci a quell' età.
Ma - aggiunge il docente di Psicologia della famiglia all' ateneo "Suor Orsola Benincasa" - non so se si possa arrivare all' induzione al suicidio, almeno in assenza di gravi fragilità pregresse. La mia esperienza terapeutica mi dice che da solo il web non può arrivare a tanto, di certo può aggravare dei preesistenti disagi, magari legati a problemi sentimentali o di autostima. Comunque ci vuole prudenza, anche perché, per dirla con Gregory Bateson, l' esperto ha bisogno di conoscere e capire bene prima di entrare in certe dimensioni dove "anche gli angeli esitano a metterci piede"».
DIETRO QUEI PERSONAGGI GRUPPI PERICOLOSI CHE SPINGONO I PIÙ PICCOLI VERSO IL BARATRO
Francesco Malfetano per “il Messaggero”
E se «l' uomo nero» fosse uno dei protagonisti delle temute sfide online che terrorizzano i ragazzini? Un dubbio, questo, che si è insinuato tra gli investigatori da subito. Fin dalla notte di ieri, quando il corpo dell' undicenne napoletano è stato ritrovato dalla sua famiglia. Prima di lanciarsi nel vuoto dal decimo piano del palazzo in cui abitava infatti, il bambino ha lasciato un messaggio. Un sms breve inviato sul telefono della madre con cui il piccolo ha prima detto ai genitori di volergli bene e poi ha parlato di un «uomo nero con il cappuccio» da seguire.
Un riferimento chiaro, magari ad una persona reale, nella cerchia di conoscenze del bambino, oppure proprio ad un' entità virtuale. Ipotesi su cui la Procura di Napoli ora sta indagando, dopo aver aperto un' inchiesta per istigazione al suicidio.
PERSONAGGI I vari Jonathan Galindo, Momo Challenge, Creepypasta o Slender Man sono tutti delle sfide personificate in personaggi fittizi, versione moderna delle leggende metropolitane, diventati negli ultimi anni protagonisti sui social network e già oggetto di numerose segnalazioni alla Polizia Postale. Challenge, di cui l' antesignana è stata la Blue Whale, in cui si spingerebbero i ragazzini a superare delle prove che infine sfociano nell' autolesionismo.
L' ultimo di questi personaggi ad essere sbarcato in Italia, il fenomeno infatti è internazionale, è Galindo. Una sorta di Pippo, il protagonista di mille storie della Disney, con dei tratti disturbanti.
Una maschera dietro cui, il più delle volte, si nascondono diverse persone. Soggetti che, appunto, agiscono in gruppo ma non necessariamente coordinati, che approfittando dell' identità finta e della facilità di suggestionare bambini e giovanissimi, li agganciano con dei messaggi sui social network per spaventarli, o peggio, spingerli in un vortice di prove di coraggio sempre più pericolose.
ACCOUNT FALSI Ovviamente il personaggio non esiste e l' immagine diventata virale su internet altro non è che il frutto di un furto. Le foto sono state pubblicate ormai diversi anni fa dal make up artist specializzato in effetti cinematografici Samuel Canini - estraneo alla vicenda - che per pubblicizzare i suoi lavori aveva realizzato questa maschera. Prima negli Usa, poi in Spagna e in Germania ed infine in Italia, la sua creazione è però diventato il volto di numerosi account fake sui social.
Account che prima inviano ai più piccoli le richieste di amicizia e poi un link che propone di entrare in un gioco. Una serie di sfide che, secondo alcune testimonianze, prevederebbero ad esempio di incidere delle parole con una lama sulla pelle per poi inviare una foto a testimonianza del gesto. Parte del gioco è anche non parlare con nessuno delle prove. Una peculiarità che spinge i bambini a farsi suggestionare maggiormente e ad isolarsi, perdendo il contatto con la realtà dei fatti. Così può finire che si facciano divorare dall' ansia o dalla paura.
CONSIGLI Un fenomeno imponente al punto, che pochi mesi fa, a luglio, la Polizia Postale italiana era stata costretta a mettere in guardia i genitori e fornirgli dei consigli per affrontare la situazione. Tra questi, il parlare della vicenda Galindo ai più piccoli, in modo che siano preparati. Allo stesso modo, insegnargli che i messaggi inviati da sconosciuti devono essere ignorati, senza aprire i link al loro interno, e che le eventuali minacce ricevute in rete non debbono spaventarli ma indurli a chiedere aiuto. Poi invitarli non a condividere con gli amici questo tipo di messaggi e, nel caso ci si accorga di un profilo social denominato Jonathan Galindo, bloccarlo e segnalare tutto alle autorità. Fonte: qui
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