MA, AL DI LÀ DEL MES (IL POLTRONIFICIO DEI 5STELLE ALLA FINE DELL'AMMUINA DIRANNO DI SÌ) I NODI RISCHIANO DI VENIRE PRESTO AL PETTINE PER IL CONTE DELLA VASELINA: COME AFFRONTARE AD ESEMPIO IL DRAMMA DELLA CASSA INTEGRAZIONE, CHE SCADE A SETTEMBRE (CONTE HA GIA' CHIESTO ALL'UE 20 MILIARDI)?
UNA MONTAGNA DI DISOCCUPATI CHE RISCHIA DI TRAVOLGERE TUTTO E TUTTI
Tommaso Ciriaco per ''la Repubblica''
"E quando hai deciso questi Stati generali, Presidente? Lanci un'iniziativa del genere e non coinvolgi il tuo ministro dell'Economia?". Giovedì mattina, Roberto Gualtieri brandisce il cellulare. Chiama Giuseppe Conte. È infuriato. "Fatta così sembra un'operazione improvvisata. Rischiamo di non essere capiti". Ha scoperto degli Stati generali dai tg.
Ha visto il premier intestarsi il piano di Colao senza neanche citare il manager. Proporre il progetto di rinascita come fosse suo, mortificando il lavoro della task force. Nessuno sapeva nulla, nell'esecutivo. La voce circola presto: quei due hanno litigato di brutto. Di più: il Pd è sul piede di guerra. Vuole processare Conte.
Se la telefonata è la scintilla, il vertice a Palazzo Chigi diventa il detonatore. Nella sede del governo si ritrovano ieri pomeriggio tutti quelli che contano: il presidente del Consiglio, i capidelegazione, Gualtieri e Patuanelli. L'affondo, stavolta, parte dal ministro più "pesante".
"Scusa Presidente - interviene Dario Franceschini - ci spieghi cosa hai in mente? Davvero vuoi costruire questi Stati generali in cinque giorni? Ti sembra normale disegnare in una settimana il modello di Paese dei prossimi dieci anni? Per noi è meglio rallentare, evitare fughe in avanti. Prendiamoci qualche giorno per costruire meglio l'operazione". E poi, perché non coinvolgere l'opposizione, che non ha ancora ricevuto neanche un invito informale?
Dà voce a un malcontento diffuso, Franceschini. Spalleggiato da Gualtieri. Il responsabile dell'Economia sostiene che sarebbe stato meglio prendere il piano Colao, "valorizzarlo, svilupparlo". E invece Palazzo Chigi continua a derubricarlo, a sostenere che non sarà neanche il punto di partenza degli Stati generali. Anche perché, sibilano dal Nazareno, al centro di quell'appuntamento vuole esserci solo Conte.
Anche Roberto Speranza, di solito tra i più "contiani", si mostra perplesso e avverte che la Cgil non è per nulla soddisfatta dall'iniziativa. La considera alla stregua di un regalo a Confindustria. Italia Viva, che non perde mai occasione di attaccare il premier, non si tira indietro neanche stavolta. "Servirebbe un maggior coinvolgimento, non corse solitarie". Denunciano un'operazione mediatica costruita su misura per il capo dell'esecutivo.
Solo Patuanelli e Laura Castelli - delegata da Alfonso Bonafede - difendono l'avvocato. Ma non per questo Conte arretra. "Diremo che è solo l'inizio di un percorso. Se volete, possiamo anche evitare di chiamarli Stati generali. Ma si faranno".
E partiranno mercoledì prossimo, assicura, perché la settimana successiva c'è il Consiglio europeo e il premier vuole arrivare a quell'appuntamento avendo già avviato il confronto con il mondo economico del Paese. Va avanti, Conte. E non cede neanche sull'agenda, anzi la tiene nascosta ai suoi alleati: "Chiamerò a raccolta grandi intellettuali". "Chi?". "Vi saprò dire, ci stiamo lavorando".
Il trattamento riservato a Colao, poi, colpisce se possibile ancora di più i presenti. Il Pd, che condivide la sostanza di quel lavoro, scorge in Conte l'ostinata volontà di oscurare quel piano, il lavoro che fin dall'inizio era seguito con attenzione anche dal Colle.
Il sospetto è che Conte voglia sfruttare l'appuntamento di villa Pamphili come una vetrina personale, rafforzando la sua immagine. E invece Gualtieri è preoccupato, il Pd è allarmato dai nodi che rischiano di venire presto al pettine: come affrontare ad esempio il dramma della cassa integrazione, che scade a settembre? Una montagna di disoccupati che rischia di travolgere tutto e tutti.
Vista dal punto di vista di Conte, però, questo processo non ha senso. Il capo dell'esecutivo ritiene semmai di essere stato rallentato dal Tesoro. Non da Gualtieri, ma dalla macchina burocratica. "Serve una scossa - dice al suo ministro, a margine del vertice - Dobbiamo offrire una prospettiva politica, non possiamo procedere con gli schemi rigidi e lenti dell'apparato ministeriale". Pensa insomma che la liquidità che scorre col contagocce sia frutto del sistema appesantito di via XX settembre.
A sera, Andrea Orlando punta dritto al bersaglio. "Fare gli Stati generali in tre giorni non mi sembra un'idea particolarmente felice". Il processo è partito. E non promette nulla di buono. Fonte: qui
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