SECONDO IL GIUDICE,
IL RAGAZZO FECE RESISTENZA ALLE GUARDIE: LA SUA FU GIUDICATA NEL GENNAIO
DI QUEST'ANNO UNA «MORTE VIOLENTA ACCIDENTALE».
MA LA SUA FAMIGLIA SI È APPELLATA ALLA SENTENZA, DOPO CHE SONO EMERSE NUOVE PROVE CHE HANNO RIVELATO PARTICOLARI TERRIBILI.
Domenico Zurlo per leggo.it
Anche la Spagna ha il suo George Floyd. In questi giorni di proteste in tutto il mondo dopo la morte dell'uomo di colore a Minneapolis, soffocato dal ginocchio di un agente di polizia - la scena ha fatto il giro del pianeta - sui media spagnoli si parla negli ultimi giorni di un caso con forti analogie con Floyd. Quello di Iliass Tahiri, un 18enne marocchino morto il 1° luglio dell'anno scorso in un centro di detenzione minorile spagnolo.
Iliass, nativo di Tetouan e che viveva ad Algeciras, morì nel Centro Giovanile Tierras de Oria ad Almeria, in Andalusia. Secondo il giudice, il ragazzo fece resistenza alle guardie: la sua fu giudicata nel gennaio di quest'anno una «morte violenta accidentale». Ma la sua famiglia si è appellata alla sentenza, dopo che sono emerse nuove prove che hanno rivelato particolari terribili.
Tahiri entrò in quel centro il 2 maggio 2019, e ne uscì morto due mesi dopo. Il centro lo descriveva come «ragazzo problematico» a cui era stato diagnosticato un «grave disturbo antisociale della personalità», scrive El Pais, che spiega come il 18enne era già stato in altri due centri giovanili ed era in attesa di processo per aver minacciato uno psicologo con un coltello. Inoltre faceva uso di droghe da quando aveva 10 anni e aveva subìto atti di bullismo, scriveva El Pais che citava i rapporti degi psicologi e degli psichiatri che lo avevano avuto in cura.
LA MORTE DI ILIASS Lo scorso 9 giugno El Pais ha pubblicato video inediti dalle telecamere di sicurezza, in cui si vede com'è morto il giovane marocchino. Nessuna resistenza da parte sua, ma sei uomini, 4 guardie e due uomini in borghese, che lo tengono ammanettato a faccia in giù su un letto: un incubo lungo 13 minuti che finisce con la morte del ragazzo, con un medico che arriva a verificare che non respira più. In quei 13 minuti, una guardia gli controllava il polso e verificava il suo respiro, più di una volta.
morte Iliass Tahiri
A PANCIA IN GIU'
A gestire i centri di detenzione minorile è la GINSO (Associazione spagnola per la gestione dell'integrazione sociale): secondo i suoi protocolli, l'immobilizzazione non deve mai avvenure a faccia in giù, a meno che non siano dei medici a raccomandarlo. Nel caso di Tahiri, nessun medico lo aveva fatto. Secondo il rapporto ufficiale del centro alla Guardia Civil, le guardie avrebbero tentato di immobilizzarlo a faccia in su, ma la sua resistenza li aveva costretti a metterlo invece a faccia in giù.
Inoltre le guardie avrebbero parlato di «calci e violenza estrema» descrivendo la reazione del giovane, particolari di cui non c'è traccia nei video. E in quest'ultimo si vedrebbe anche una guardia mettergli un ginocchio vicino alla testa (particolare molto simile alla morte di George Floyd e che potrebbe aver avuto un ruolo nella sua morte).
Il rapporto dell'autopsia escluse il soffocamento come causa della morte, parlando invece di aritmia cardiaca. Ma lo stesso rapporto descriveva chiari segni di soffocamento sul corpo del giovane marocchino: il giudice giudicò perciò accidentale la sua morte, ritenendo necessaria la procedura seguita dalle guardie per «prevenire atti di violenza o di autolesionismo da parte del detenuto», scrive sempre El Pais, il cui video ha riaperto il dibattito sul caso provocando furiose polemiche.
IL FRATELLO
Mounaim, fratello del 18enne morto, ha subito paragonato la sua morte a
quella di George Floyd, parlando con il giornale spagnolo Publico. «Lo
hanno ucciso», ha detto dopo aver visto il video. «Controllano il suo
polso, sembrano nervosi tra loro. La sua faccia è sul cuscino, un
ragazzo è sopra di lui, continuano a legarlo». Anche le Ong spagnole per
i diritti umani hanno condannato l'accaduto chiedendo chiarezza:
«Cinque adulti per immobilizzare un ragazzino», ha detto a Publico Jose
Miguel Morales, segretario generale della Ong Andalucia Acoge. «Questa
situazione rivela che le cose non vanno fatte come dovrebbero in ciò che
riguarda i diritti umani». Fonte: qui
Nessun commento:
Posta un commento