SETTE ITALIANI SU DIECI TEMONO CHE LE RIPERCUSSIONI DEL COVID-19
SULL’ECONOMIA POSSANO ACCENDERE LA RABBIA COLLETTIVA SOPRATTUTTO AL NORD
ALESSANDRA GHISLERI: “IL TEMA VERO È CHE LA FIDUCIA NEI POLITICI ITALIANI OGGI È AL 4,6%
SOLO UN PUNTO PIÙ ALTA DI QUEL PERIODO CHE HA PORTATO BEPPE GRILLO AL
FAMOSO VDAY
IL CHE CI SPINGE AD AFFERMARE CON FORZA CHE LA POLITICA
OGGI NON DEVE INSEGUIRE IL CONSENSO, MA IL BUON SENSO”
Alessandra Ghisleri per “la Stampa”
Dopo
100 giorni di lockdown gli italiani iniziano ad avere paura. Secondo l'
ultimo rapporto di Euromedia Research, sette su dieci temono che la
crisi economia possa far esplodere le rivolte sociali, soprattutto al
Nord. Solo 5 su cento dichiarano di avere ancora fiducia nei politici. È
possibile che il suono del silenzio dei quasi 60 giorni di clausura -
prima del 4 maggio - ci abbia distolti da quegli importanti stimoli che
da sempre hanno regolato la nostra vita sociale, quando ancora era
possibile averne una in totale libertà.
E
come in tutte le cose c' è una cattiva notizia e una buona. Quella
cattiva è che abbiamo vissuto la nostra vita pre-Covid 19 senza pensare
troppo e male alle nostre esperienze di vita. Quella buona è che potremo
fare tesoro di questa nuova incredibile consapevolezza per avere la
capacità di godere appieno le opportunità che la vita ci offre con una
maggiore responsabilità.
I
primi squarci di libertà ci hanno offerto uno spettacolo non sempre
edificante, come se qualcuno avesse accantonato per un attimo la
sofferenza, le difficoltà e i nostri caduti. Il desiderio di una vita
normale ci affascina e ci rende preda di nuovi obiettivi, ma non si può
pensare di uscire da una situazione così complessa affidandosi solo alla
sfida del fato.
COMPORTAMENTI
Da
qui si evince che il problema non è di natura informativa, ma
comportamentale. Il virus non rispetta i diversi decreti che si
succedono nel tempo, viaggia libero di contagiare senza vincoli. Le
informazioni per quanto spesso contraddittorie e a volte confuse sui
fondamentali, hanno instillato il seme della paura e gli italiani hanno
rispettato i limiti imposti.
Interrogati
nel merito dopo 4 giorni di Fase 2, solo l' 1,3% ci ha dichiarato che
di essere uscito anche durante il lockdown, il che coincide con quanto
dichiarato il 15 aprile sullo stesso tema. Dai numeri ci si rende conto
che la responsabilità degli italiani ha risposto positivamente quando ha
dovuto rispettare le regole, lo stesso rispetto che ora la gente chiede
in cambio alle istituzioni.
Perché,
mentre montano le polemiche cercando di far emergere ognuno le proprie
opinioni inseguendo chi può aver sbagliato, ci sono famiglie che si
scoprono in grandi difficoltà economiche. Oggi gli italiani insieme alla
paura scoprono la preoccupazione della mancata ripresa: il 56,8% teme
l' aggravamento della situazione economica mentre il 40,1% rimane ancora
concentrato sul contagio. Coloro che sono attivi nel mondo del lavoro
sono in maggioranza concentrati sul fattore economico insieme alle loro
famiglie, chi studia o è impegnato in percorsi di formazione teme il
contagio come stop alla conclusione del loro percorso.
MIGRANTI
Anche
la politica dei migranti in rapporto agli stimoli economici portati dal
governo si trasforma in una lotta per la sopravvivenza: non stupisce
quindi che il giudizio positivo sulla politica migratoria di questo
esecutivo riguarda poco più di un italiano su tre.
TENSIONI SOCIALI
Di
fronte a questo spaesamento il 64,6% degli italiani si dichiara
consapevole del rischio di importanti tensioni sociali soprattutto nelle
aree più produttive del paese. Durante il corso di questi incredibili
mesi, molto si è scritto e detto sui numeri riguardanti il Pil,
l'occupazione, le crisi aziendali...
tuttavia
i numeri pur rivelando lo stato dell' arte sono freddi e hanno
difficoltà a raccontare il calore generato dalle voci umane che si
trasformano in grida di dolore e richieste di aiuto. Forse pur
pensandoci o evocandolo, non ci rendiamo davvero conto della
devastazione che potrebbe generarsi da questa epidemia che prima ha
colpito intere famiglie facendole ammalare e adesso potrebbe colpire
intere attività costringendole alla chiusura laddove non l' ha già
fatto. Il tema vero è che la fiducia nei politici italiani oggi è al
4,6% - solo un punto percentuale più alta di quel periodo che ha portato
Beppe Grillo al famoso Vday- il che ci spinge ad affermare con forza
che la politica oggi non deve inseguire il consenso, ma il buon senso. Fonte: qui
CI TROVEREMO PRESTO
UN’ITALIA IMPOVERITA E INCATTIVITA
Coronavirus, l'Italia dei nuovi poveri
coronavirus poverta'
coronavirus poverta'
coronavirus poverta'
CI TROVEREMO PRESTO
UN’ITALIA IMPOVERITA E INCATTIVITA
IL PRESIDENTE DEL BANCO ALIMENTARE
GIOVANNI BRUNO: “LE PERSONE IN DIFFICOLTÀ RADDOPPIERANNO RISPETTO AL
PRE-COVID. IN 10 MESI CI SARANNO 10MILIONI DI ITALIANI POVERI”
IL
SOCIOLOGO MARZIO BARBAGLI: "TROPPI SVANTAGGIATI, ORA LA COLLERA SOCIALE RISCHIA DI ESPLODERE. TEMO RIVOLTE DI DISPERATI E NON VEDO NESSUN PARTITO CHE POSSA METTERSI ALLA LORO TESTA”
Maria Rosa Tomasello per “la Stampa”
Con
lo sguardo rivolto avanti, divergente rispetto a quelle che chiama «le
polemicucce tra forze politiche» (a partire dal baccano sugli assistenti
civici chiamati a vigilare sulla movida), Marzio Barbagli pesa le
parole: «I problemi veri sono il dramma dell' economia e le conseguenze
sociali che ci aspettano. Temo che possano esserci gradi crescenti di
frustrazioni e conflitti: finora non ne abbiamo viste, ma temo rivolte
di disperati e non vedo nessun partito che possa mettersi alla loro
testa». Sociologo, professore emerito dell' Università di Bologna, per
cinquant' anni ha studiato e raccontato le trasformazioni del Paese,
dalla famiglia all' immigrazione, alla criminalità. Oggi avverte: il
fuoco cova sotto la cenere di una crisi senza precedenti.
Professore, l' emergenza coronavirus ha ridotto allo stremo famiglie e imprese.
La ripartenza è lenta, spesso gli aiuti promessi dal governo tardano ad arrivare. E lei si dice preoccupato...
«Il
problema è il confronto che la gente fa nel momento in cui vengono dati
soldi e vantaggi. Ci sono continui confronti fra gruppi che non si
sentono sufficientemente rappresentati: perché a lui sì e a me no? L'
insoddisfazione nasce da questo, e da condizioni oggettive. Far fronte
ai bisogni della popolazione è complicato, una gran quantità di denaro è
stata investita per sostenere gli strati svantaggiati della popolazione
nei prossimi mesi, ma c' è sempre il rischio di commettere errori nella
distribuzione».
Vede segnali che potrebbero indicare questa deriva?
«Finora
pochi per fortuna, ma fino a pochi giorni fa era impossibile anche
protestare. Tutti siamo stati chiusi in casa, basta pensare alla
drastica diminuzione dei reati. Ma le prime manifestazioni fanno pensare
a un' insoddisfazione crescente. Questa idea che i sociologi hanno
ripreso più volte era chiara anche ad Aristotele, che parlava di
invidia: si invidiano le persone vicine nel tempo e nello spazio, per
età e reputazione. I confronti che creano insoddisfazione non sono fra
strati medio-bassi e strati alti: nessuno si confronta coi super-ricchi,
ma tra gradi diversi di svantaggio. E sono inevitabili».
Perché inevitabili?
Coronavirus, l'Italia dei nuovi poveri
«Perché
l' emergenza ha introdotto forme nuove di disuguaglianze: non rispetto
al grado e alla distribuzione di reddito e ricchezza, ma anche all'
interno della stessa popolazione occupata. Servizi e terziario sono
stati particolarmente svantaggiati. Pensiamo a chi lavora nel turismo:
cosa succederà alle centinaia di migliaia di persone che lavorano in
questo settore?
Oggi
non lo sanno. I ristoratori per esempio: alcuni sono ancora chiusi,
altri hanno riaperto e stanno cercando una soluzione. Ma quando si
accorgeranno che queste soluzioni sono insoddisfacenti e faranno il
confronto con altri settori che sono stati meno svantaggiati senza avere
meriti - penso per esempio al pubblico impiego, a persone che hanno il
lavoro fisso e non rischiano di essere licenziati - cosa succederà?
Questo dramma può provocare nuove forme di frammentazione e di proteste
difficili da controllare».
Il
governo ha detto che nessuno sarebbe rimasto indietro, ma alcuni sono
stati dimenticati, altri stanno ancora aspettando gli aiuti, come la
cassa integrazione in deroga. È stato sbagliato fare quella promessa?
Coronavirus, l'Italia dei nuovi poveri
«Non
ho particolare simpatia per il premier, ma credo che il governo abbia
un compito difficile tenendo conto dei problemi ben noti che ha l'
apparato del Paese: burocrazia, banche che non si fidano delle
assicurazioni dello Stato, non credo che altri avrebbero fatto meglio.
Il debito pubblico italiano va verso il 160%, un problema enorme per il
futuro. Eppure il governo ha fatto tutto quello che poteva: immettere
denaro per dare sostegno agli strati in maggiore difficoltà. E poi non
basta fare decreti perché poi quelle regole siano attuate».
Avrebbero dovuto usare strumenti diversi?
«Le
banche avrebbero potuto essere bypassate, ma è più facile a dirsi che a
farsi. Diverso è il caso delle risorse per la disoccupazione: è noto
che servono mesi prima che la cassa integrazione sia erogata, quindi
abbiamo scoperto cose che si sapevano già. Poteva il governo rendere le
procedure più rapide? Forse sì, ma sono scelte fatte in una situazione
di concitazione, tipico di una emergenza. Il dilemma fin dall' inizio è
stato tra salute e lavoro, ma nessuno sapeva bene cosa fare, non solo in
Italia».
In questo quadro i partiti continuano a litigare
«Credono
di parlare al loro elettorato, ma io penso che i cittadini lo vivano
con fastidio. Dovrebbero considerare che nel dramma che abbiamo vissuto
il dibattito politico è diventato sempre più irrilevante: i cittadini
erano attenti alle decisioni, ma il dibattito a cui siamo abituati -
inteso come contrasto tra le forze politiche - è considerato sempre più
fastidioso».
Come le polemiche sugli assistenti civici?
«Polemiche
sul nulla, nessun timore di autoritarismo. Se queste persone non
possono fare multe, ma si limitano a dire a un giovane quali rischi
corre o di mettersi la mascherina, mi pare che questo rientri in quel
controllo sociale che avviene normalmente dentro una comunità».
coronavirus poverta'
"IN POCHI MESI CI SARANNO 10 MILIONI DI ITALIANI POVERI"
Maurizio Tropeano per “la Stampa”
«I
poveri della porta accanto». Così Giovanni Bruno, presidente della
Fondazione Banco Alimentare, definisce la ferita nella società italiana
aperta dalla nuova crisi economica. Quanti sono? Il Banco Alimentare ha
visto aumentare del 40% in tutta Italia le richieste, e quindi gli
interventi, per la consegna di pacchi di cibo per chi ha perso tutto con
picchi del 70% nelle regioni del Sud.
«Prima
ne distribuivano 1,5 milioni, adesso almeno 800 mila in più». Ma il
peggio deve ancora venire: «Dal 2008 al 2016 il numero dei poveri è
raddoppiato per poi assestarsi intorno ai cinque milioni adesso con la
pandemia potrebbero raddoppiare nel giro di sette mesi».
E
l' allarme non lo lanciano solo le ong. Ma anche i banchieri, tra
questi Carlo Messina, ad di Intesa Sanpaolo, che ha annunciato un piano
di interventi da 50 miliardi.
Ma chi sono i
nuovi? «Persone che fino a febbraio pensavano di non avere bisogno di
aiuto - spiega Bruno - e che poi si sono ritrovati in coda al banco dei
pegni. E lì abbiamo capito le dimensioni di questa crisi».
Secondo
Oxfam Italia, già prima dell' emergenza Covid-19, il 25% dei cittadini
riteneva di non poter affrontare una spesa imprevista di 800 euro senza
indebitarsi, e un terzo delle famiglie non possedeva la liquidità
necessaria per vivere più di tre mesi senza cadere in povertà. Adesso la
situazione è precipitata e ha travolto «collaboratori domestici,
migliaia di stagionali, che non avevano ancora lavorato e che dovranno
fare i conti con una stagione turistica mai avviata. E poi ci sono gli
impiegati che hanno perso il posto e gli autonomi senza partita Iva. E
che dire dei 3 milioni di lavoratori con contratti in nero?», si chiede
l' Oxfam. A questo esercito di «nuovi poveri» si potrebbero aggiungere
almeno 75 mila piccoli commercianti, la metà dei 150 mila che secondo i
dati della Confesercenti non ha riaperto.
La
Caritas ad aprile ha realizzato la prima indagine nazionale sulle nuove
povertà a cui hanno risposto 101 associazioni diocesana, il 46% del
totale.
Il
risultato? Il numero delle persone che si è rivolto a quelle strutture è
più che raddoppiato e il 98% di chi ha chiesto informazioni lo ha fatto
perché «sta vivendo problemi di lavoro e occupazione», il 69,3% ha
problemi familiari mentre il 65,3% segnala criticità legate all'
istruzione.
Sei su 10 ha problemi di affitto e il 58% di salute. Il 100% ha poi chiesto aiuti alimentari.
«Chi
riceve cibo gratis - spiega Bruno - può usare i risparmi per pagare le
bollette e altre spese, ma non tutti hanno messo da parte dei soldi e la
crisi si aggraverà dopo l' estate visto che la maggior parte delle
vittime sono persone anziane che spesso contribuivano al sostegno di
figli e nipoti». Anche per Ernesto Ramojno, presidente della fondazione
antiusura la Scialuppa di Torino «i problemi maggiori arriveranno a
settembre quando finiranno risparmi e l' effetto del sostegno pubblico
sarà esaurito».
Che
fare, allora? Mario Calderini, professore di Innovazione sociale al
Politecnico di Milano, immagina «misure mirate di stimolo all' economia,
in particolare sull' edilizia civile, dove si possono facilmente
ricollocare le persone cadute in povertà che hanno perso il lavoro». Un
grande piano di investimenti di ingegneria delle costruzioni e
Impiantistica che dovrebbe «partire dall' edilizia scolastica e della
valorizzazione delle strutture ricettive per il turismo».
E
nella terza fase «servirebbe investire nell' economia sociale che
potrebbe essere la risposta alla rottura di alcuni modelli economici
come il turismo di prossimità, la filiera del cibo e quella della cura
che potrebbe permettere di evitare la crisi del Terzo settore che dà
occupazione e nello stesso tempo ha sulle spalle anche una parte
importante del welfare italiano che toccherrbbe allo Stato».
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