mercoledì 22 aprile 2020

PER 15 MILA EURO DI CREDITO CI VOGLIONO 19 DOCUMENTI: IL LABIRINTO DI CARTE E AUTOCERTIFICAZIONI CHE STRITOLA UN PICCOLO IMPRENDITORE ALLA RICERCA DI UN PRESTITO DAL FONDO DI GARANZIA

MA COME FA UNA SRL CHE OGGI NON SA NEMMENO SE RIUSCIRÀ A RIAPRIRE I BATTENTI A FORNIRE ALLA BANCA PREVISIONI PER IL 2020 CHE, PER ALTRO, SE SI RIVELASSERO FALLACI POTREBBERO AVERE ANCHE CONSEGUENZE PENALI?
Dario Di Vico per il “Corriere della Sera”

imprenditore e burocraziaIMPRENDITORE E BUROCRAZIA
Mentre si mettono a punto (a fatica) calendari e modalità della già mitica Fase 2, come si dipanano i rapporti tra imprese e banche? La domanda è cruciale in un momento in cui le piccole aziende di servizi e manifattura hanno dovuto chiudere le serrande e hanno disperato bisogno di liquidità.

Con l' apposito decreto il governo ha fatto alcune scelte: avrebbe forse potuto rateizzare in automatico parte dei carichi fiscali/contributivi ma ha preferito coinvolgere il sistema bancario che dovrebbe erogare soldi ai Piccoli pressochè in automatico fino alla soglia dei 25 mila euro (con garanzia statale). Almeno così si diceva, purtroppo la realtà è diversa: gli automatismi e le semplificazioni vanno in soffitta e la burocrazia bancaria ha la meglio. Lo dimostra lo scambio di mail di cui siamo venuti in possesso relativo alla richiesta di un finanziamento di 15 mila euro da parte di una Srl.

imprese creditoIMPRESE CREDITO
Con una mail indirizzata alla propria banca, che ha base nel Centro Italia, una piccola azienda che per rispetto della privacy chiameremo Piemmeì invia la documentazione necessaria per richiedere un finanziamento coperto dal Fondo di garanzia. Aggiunge una preghiera di appuntamento, anche veloce, per presentare il tutto. La risposta è una doccia fredda per i titolari della Piemmeì. La banca risponde indicando i documenti necessari per accendere il mutuo. In tutto abbiamo calcolato 12 adempimenti che a loro volta implicano almeno altre 7 documentazioni aggiuntive. Un labirinto di carte.

Si comincia chiedendo la copia degli ultimi due bilanci completi di nota integrativa, verbale di approvazione, ricevuta di deposito e dettaglio delle voci «crediti» e «debiti» commerciali e diversi. Siamo solo alla prima curva. Subito dopo, giustamente, si chiede il bilancio provvisorio al 31.12.2019 sotto forma di stato patrimoniale e conto economico. Ma nella riga successiva della mail si obbliga la Piemmeì a produrre il Durf, il Durc e il DM10. Il Durc sta per Documento Unico di Regolarità Contributiva, il Durf serve a documentare i contratti di appalto, il DM10 è il modello compilato dal datore di lavoro per denunciare all' Inps le retribuzioni mensili dei dipendenti. Appena il tempo di pigiare il tasto per andare a capo e la banca insiste e sollecita «la situazione aggiornata degli affidamenti in essere con altri istituti creditizi, completa di piani di ammortamento e indicazione di eventuali moratorie già concesse» (ma non può consultare la Centrale dei rischi?, ndr). Potrebbe bastare e invece no, la richiesta del rigo successivo è: «Il dettaglio dei debiti tributari e documentazione attestante e eventuale concessione da parte dell' Erario di moratorie e rateizzazioni».
imprese creditoIMPRESE CREDITO

Appena due righe bianche nella mail e la folle corsa nel labirinto continua. Parte una nuova lunga lista di adempimenti pretesi. In questo caso non sono documenti prodotti dalle amministrazioni e dagli enti di controllo ma autocertificazioni da parte dell' impresa. Si comincia dalla «liquidità disponibile» ovvero cassa e importo fidi non totalmente utilizzati (anche presso altri istituti).

Subito dopo la Piemmeì dovrà comunicare i ricavi ripartiti su base mensile aprile-dicembre 2020, relativi a fatture emesse prima dell' interruzione attività. Il passaggio successivo riguarda i costi da sostenere su base mensile aprile-dicembre 2020. Una cifra tonda? No, la banca chiede alla Piemmeì di dettagliare i costi per: a) materie prime, sussidiarie e di consumo; b) servizi; godimento beni di terzi; stipendi e costi del personale; c) spese e oneri diversi di gestione inclusi oneri finanziari (impegni finanziari su cui non è stata richiesta la sospensione).

Ma come fa una Srl che oggi non sa nemmeno se riuscirà a riaprire i battenti a fornire alla banca previsioni per il 2020 che, per altro, se si rivelassero fallaci potrebbero avere anche conseguenze penali?

piccolo imprenditorePICCOLO IMPRENDITORE
Non ponete la domanda ai burocrati di banca, non è affar loro. Anzi chiedere un sovrappiù di documentazione, anche in epoca di coronavirus, serve a scoraggiare i Piccoli dal farsi avanti. E infatti la lista delle autocertificazioni richieste non è finita. La nostra Piemmeì dovrà anche indicare alla banca «i debiti di fornitura su base mensile relativi a fatture pregresse da sostenere nei mesi aprile-dicembre 2020» (stessa considerazione di sopra). E al rigo successivo si richiedono «i piani di ammortamento dei finanziamenti in essere per i quali è stata chiesta la sospensione».

Il tempo di prendere fiato e il lungo elenco prosegue: la malcapitata azienda che ha bussato per il mutuo deve autocertificare anche «le scadenze fiscali (imposte, tasse e contributi) su base mensile aprile-dicembre 2020», e dulcis in fundo, «le moratorie fiscali (imposte, tasse e contributi) su base mensile aprile-dicembre 2020». Ce l' abbiamo fatta, siamo a fine labirinto e il funzionario della banca con humour inglese chiude la mail con queste parole: «Restiamo a disposizione per eventuali chiarimenti e massima collaborazione».

Fonte: qui

VOLETE RIDERE? IL “REDDITO DI EMERGENZA” ARRIVERÀ A FINE EMERGENZA 
I DANNI A QUEL PUNTO SARANNO PRESSOCHÉ IRREPARABILI: COME SI PAGA L’AFFITTO DOPO DUE MESI SENZA ENTRATE? 
IL “DECRETO APRILE” SLITTA A MAGGIO E I SOLDI VERI, SE MAI ARRIVERANNO, SARANNO EROGATI DOPO TRE MESI DALL’INIZIO DEL LOCKDOWN. AUGURI!
Marco Palombi per “il Fatto quotidiano”

informativa di giuseppe conte sull'emergenza coronavirusINFORMATIVA DI GIUSEPPE CONTE SULL'EMERGENZA CORONAVIRUS
Il cosiddetto "decreto aprile" andrà probabilmente ribattezzato "decreto maggio": "Se va bene diamo il via libera giovedì 30 aprile: così, anche se solo formalmente, ci evitiamo una figuraccia", spiega una fonte di governo. Sarà davvero una sfida sul filo dei minuti visto che il voto parlamentare sulla modifica dei saldi di bilancio, preliminare all' approvazione di una legge che aumenta il deficit, "credo ci sarà tra il 29 e 30 aprile", ha detto ieri il ministro dei Rapporti col Parlamento, Federico D' Incà. Insomma, quel testo finirà comunque in Gazzetta Ufficiale a maggio.

FEDERICO D'INCA' GIUSEPPE CONTEFEDERICO D'INCA' GIUSEPPE CONTE
Di cosa si parla? Del secondo decreto, annunciato in pompa magna da settimane, per alleviare gli effetti di una crisi già gravissima. Il ministro dell' Economia Roberto Gualtieri ne parlò già il 16 marzo presentando il primo decreto da 25 miliardi, il 20 marzo promise che il testo sarebbe stato pronto "prima della scadenza fiscale di metà aprile". Da allora, pur spesso evocato dai membri dell' esecutivo, del testo corporeo s' è persa ogni traccia anche se il lavorio dei tecnici del Tesoro - ci assicurano - è matto e disperatissimo (matto al punto, vorremmo dire, che le cifre totali sui giornali variano da 35 a 70 miliardi).
Roberto Gualtieri e Giuseppe Conte al lavoro sul DefROBERTO GUALTIERI E GIUSEPPE CONTE AL LAVORO SUL DEF

disoccupazione crisiDISOCCUPAZIONE CRISI











Ovviamente il ritardo del governo è un problema per tutti i soggetti in difficoltà e per il Paese in generale, ma la cosa che vorremmo sottolineare su tutte comporta un danno che sa di beffa e racconta plasticamente quanto poco la realtà sia stata compresa da un pezzo del potere burocratico-politico. Nel prossimo decreto dovrebbero infatti trovare posto i tre miliardi destinati al cosiddetto "reddito di emergenza" per tutti quelli che non hanno ricevuto finora alcun aiuto: un esercito, secondo le stime dello stesso governo, di 3 milioni di persone tra (ex) lavoratori in nero, disoccupati a cui sono scaduti in questi mesi gli strumenti di sostegno al reddito e le decine di altri casi possibili in una società complessa; a questa platea va aggiunta quella di colf e badanti assunte a ore che in questo momento non stanno lavorando (decine di migliaia).

Il nome dato al provvedimento, d' altra parte, dovrebbe dire qualcosa anche a chi lo sta scrivendo, ma ci troviamo di fronte al paradosso per cui il "reddito di emergenza" sarà probabilmente erogato quando la fase più acuta dell' emergenza sarà passata e i danni pressoché irreparabili (come si paga l' affitto dopo due mesi senza entrate e, presumibilmente, senza risparmi in banca?). Non meno importanti sono le altre misure attese: dal rifinanziamento dei 600 euro per gli autonomi (che dovrebbero diventare 800) a quello del bonus baby sitter o dei congedi parentali; dai soldi "veri" per estendere le garanzie del "decreto liquidità" all' assegno per i figli proposto dalla ministra Elena Bonetti fino a ulteriori misure per le imprese (quelle del turismo, ad esempio). Cose che possono fare la differenza tra vivere e morire di dopo-virus e che pure continuano a essere rimandate lasciando nell' incertezza cittadini e aziende.
Giuseppe Conte pensosissimo durante il vertice virtuale con gli altri leader europeiGIUSEPPE CONTE PENSOSISSIMO DURANTE IL VERTICE VIRTUALE CON GLI ALTRI LEADER EUROPEI

Altrettanto paradossale il fatto che uno dei motivi del ritardo - insieme al solito delirio burocratico di un Paese in cui ci sono mille bonus ognuno per una categoria di cittadini - sia che al Tesoro stiano tentando di coordinare il nuovo decreto con le previsioni del Documento di economia e finanza che dovrebbe essere approvato domani: si tratta del quadro triennale dei conti pubblici che i governi sfornano ogni aprile per smentirlo una volta a settembre e una seconda a dicembre e che quest' anno è un esercizio totalmente inutile visto che nessuno può fare previsioni serie su quel che succederà quest' anno o, peggio, i prossimi due.
Roberto GualtieriROBERTO GUALTIERI

Non manca, ovviamente, l' attesa - spasmodica. come usa, al ministero dell' Economia - delle decisioni del Consiglio europeo e dell' esito delle interlocuzioni con Bruxelles. Una subalternità culturale e politica che rischia di costare cara agli italiani prima e al governo poi. Non ai grand commis di via XX settembre però.

Fonte: qui

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