mercoledì 8 aprile 2020

LA IENA ALESSANDRO POLITI È ANCORA POSITIVO AL VIRUS DOPO 30 GIORNI, ANCHE SE I SINTOMI SI SONO RISOLTI QUASI SUBITO.

QUANTE PERSONE CON LA SUA STESSA SINTOMATOLOGIA NON HANNO RICEVUTO IL TAMPONE, E DOPO DUE SETTIMANE DI ISOLAMENTO SONO USCITE PUR ESSENDO ANCORA CONTAGIOSE? 
IL PROFESSOR BASSETTI: “FARE TAMPONI A TUTTI NON È POSSIBILE: L’UNICO STRUMENTO È IL DISTANZIAMENTO SOCIALE”
I NUMERI AL LOTTO DELL'OMS, DEI MEDICI E DEI VIROLOGI ...




alessandro politiALESSANDRO POLITI
Non è un caso isolato”. La nostra Iena Alessandro Politi è ancora positivo dopo 30 giorni, anche se i sintomi si sono per fortuna risolti quasi subito. E questo ci fa porre una domanda: quante persone con la sua stessa sintomatologia non hanno ricevuto il tampone, e dopo due settimane di isolamento potrebbero essere uscite pur essendo ancora contagiose? Per capire qualcosa di più Iene.it ha parlato con il professor Matteo Bassetti, il direttore della clinica di malattie infettive di Genova.

“E’ importante intanto distinguere due cose: un conto è il tempo di incubazione, che può arrivare al massimo a 14 giorni. Su questo dato si era detto inizialmente che la quarantena dovesse durare 14 giorni”, ci spiega il professor Bassetti. “Per quanto riguarda l’evoluzione della malattia, abbiamo scoperto come sia ampiamente variabile: c’è chi ha pochissimi sintomi, tanto che nemmeno si accorge di esser stato malato, e chi invece sviluppa sintomi seri fino alla polmonite che richiede il ricovero. La sintomatologia è così variabile che è difficile tracciare tutti i malati”.

alessandro politiALESSANDRO POLITI
Per quanto tempo quindi una persona, magari poco sintomatica, resta positiva? “E’ molto variabile, ma oggi al San Martino noi controlliamo il tampone al 21° giorno: la maggioranza dei casi non si risolve entro i 14 giorni. C’è comunque una percentuale di soggetti che continua a essere positivo in assenza di sintomi anche dopo tre settimane”, ci dice Bassetti.

“Bisognerà capire perché il tempo di guarigione può variare molto, oggi non è ancora certo: è possibile che questo dipenda dalla capacità del sistema immunitario di debellare il virus più o meno in fretta”. E questa idea è condivisa anche dal professor Galli del Sacco di Milano: “Ci sono diversi casi e vanno approfonditi”, ha detto al Corriere della sera commentando proprio le condizioni della Iena. “Sarà importante soprattutto per le regole da stabilire in vista della ripartenza”.

alessandro politiALESSANDRO POLITI
E di questo ne parliamo anche con il professor Bassetti, ma prima c’è un punto centrale sollevato dal nostro Alessandro Politi: quante persone potrebbero essere nelle sue condizioni ma non aver ricevuto il tampone, e dunque libere di uscire dopo due settimane anche se magari ancora positive al coronavirus? “Ce ne potrebbero essere, però se noi rispettiamo il distanziamento sociale questo rischio si annulla. Se esco di casa quando sono ancora infettivo, ma non mi avvicino, non posso verosimilmente contagiarti. Su questo il protocollo Oms è chiaro: bisogna mantenere sempre il distanziamento sociale finché non ci sono zero casi di trasmissione”.

“Se l’indicazione di rimanere a casa in isolamento per 15 giorni dopo la fine della malattia fosse insufficiente”, ci spiega ancora Bassetti, “la riserva è rappresentata dal distanziamento sociale che è stato imposto. C’erano una serie di misure paracadute per contenere l’eventuale insufficienza del periodo di isolamento”. C’è però una cosa che il professore chiarisce: “E’ difficilissimo gestire una pandemia di una malattia sconosciuta. L’unico caso prima di noi era la Cina, da cui le informazioni sono arrivate in modo solo parziale. Uno dei limiti avuti nel gestire la situazione è stato proprio questo: le informazioni arrivavano dall’altra parte del globo con sistemi diversi. Oggi lo conosciamo in prima persona”.

alessandro politi 6ALESSANDRO POLITI 6
E il dubbio che le due settimane di quarantena possano essere troppo poche è stato espresso anche dal professor Francesco Broccolo dell'università Bicocca, che a Live non è la d’Urso ha detto: “Ci sono altri casi documentati in letteratura di persone positive anche dopo 30 giorni, e forse le due settimane potrebbero essere un po’ strette”.

L’unico strumento sicuro a disposizione per prevenire il contagio, dunque, è rispettare le limitazioni imposte dalle autorità. “E’ per questa ragione che esiste il distanziamento sociale: non è possibile riconoscere tutti i malati, quindi bisogna proteggersi”. E qui si inserisce un altro punto fondamentale, cioè la difficoltà nel ricevere un tampone: “Sarebbe bellissimo fare i tamponi a tutti, ma non è realistico. Non ci sono le risorse, i reagenti, i laboratori sufficienti per testare la popolazione. In più il tampone ha un problema: ha un 30% di falsi negativi. Quindi nemmeno farli a tutti risolverebbe il problema: l’unico strumento che abbiamo, in assenza di un farmaco specifico, è il distanziamento sociale”.

alessandro politi 7ALESSANDRO POLITI 
Tra gli strumenti per proteggersi c’è anche la mascherina: “E’ utile ma va usata con criterio”, ci dice il professor Bassetti. “Dove non è possibile mantenere il distanziamento sociale, per esempio in metropolitana, è utile. Ma non basta imporre l’obbligo di indossarla: intanto è difficilissimo reperire mascherine per tutti. Va cambiata spesso, ne servirebbero in quantità enormi. E poi c’è il rischio che passi un messaggio sbagliato, e cioè che ci si senta protetti e non si rispetti più l’isolamento. Questo non deve succedere”.

il professor matteo bassettiIL PROFESSOR MATTEO BASSETTI
E questo è vero ancora di più in questo momento, quando la ‘fase 2’, cioè la graduale riapertura, si avvicina. “Il fatto che ci siano persone ancora positive dopo 30 giorni ci deve insegnare che alcune misure dovranno essere prolungate”, ci spiega Bassetti. “Sicuramente sarà importante proteggere la parte più debole della popolazione: anziani e immunodepressi.

La riapertura dovrà essere molto graduale e con un occhio di riguardo per loro”. Una cosa però Bassetti la vuole chiarire: “Non voglio fare nessuna polemica. Tutti i medici e il personale sanitario sono uniti come non mai in questa lotta contro il coronavirus. Chi ha indovinato o sbagliato previsioni lo ha fatto in buona fede e con l’unico obiettivo di dare un contributo utile”.

P.S. ma se le informazioni che si possiedono sono insufficienti per fare una qualsiasi ragionevole previsione, perché si perde sempre l'occasione di far bella figura standosene zitti?

“QUESTA PARTITA L’ABBIAMO PERSA IN OSPEDALE” 
L’IMMUNOLOGO LE FOCHE AI “LUNATICI” DI “RADIO2”: “CREDO CHE IN CINA QUESTA COSA SIA INIZIATA A OTTOBRE, QUESTO VIRUS È LA PARTE DIABOLICA DELLA GLOBALIZZAZIONE” 
“I PAZIENTI VANNO TRATTATI A CASA. SI STA SVILUPPANDO UN’IMMUNITÀ CONDIVISA SOCIALE CHE AUMENTERÀ. VEDIAMO LA LUCE” 
“LUGLIO E AGOSTO? CI SARÀ UNA RIDUZIONE, CON GLI OCCHIALI DA SOLE SAREMO PIÙ PROTETTI E…”

FRANCESCO LE FOCHEFRANCESCO LE FOCHE

Il prof. Francesco Le Foche, medico immunologo, responsabile del day hospital di immuno-infettivologia al Policlinico Umberto I di Roma, è intervenuto ai microfoni di Rai Radio2 nel corso del format "I Lunatici", condotto da Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio, in diretta dal lunedì al venerdì dalla mezzanotte e trenta alle sei del mattino.
Sul momento legato all'emergenza Covid-19: "Se è iniziata la fine dell'incubo? Diciamo che vediamo la luce. I casi si riducono notevolmente, questa strategia del distanziamento umano ha avuto un senso, è stata importante. Siccome però abbiamo avuto delle carenze sul territorio dobbiamo assolutamente iniziare a trattare il paziente a livello domiciliare.

CORONAVIRUS - BARE A BERGAMOCORONAVIRUS - BARE A BERGAMO
Dobbiamo essere più vicini alle persone a livello domiciliare, iniziare un trattamento entro i primi tre giorni, perché il paziente con pochi sintomi se trattato a domicilio non arriva spesso in ospedale e le pandemie vanno trattate fuori dagli ospedali. Sarebbe opportuno iniziare una strategia terapeutica, condivisa, a domicilio. Non dobbiamo avere colpi di testa, possiamo ipotizzare e strategicamente mettere in campo una condizione sicura per poter piano piano rimettere in moto il volano dell'economia e della società.

TRIAGE CORONAVIRUSTRIAGE CORONAVIRUS
La fase 2? Deve essere programmata adesso, non possiamo parlarne per attuarla. Dobbiamo programmarla in modo scientificamente e socialmente corretta. Ora la dobbiamo programmare, facendo in modo che non ci sia nessun rischio per le persone. Questa partita noi l'abbiamo persa in ospedale. Abbiamo perso troppe vite umane. Il secondo tempo di questa partita, adesso, dobbiamo giocarla in casa del paziente. Perché in casa si vince. Se noi trattiamo subito la cosa pochissime persone arrivano ad avere necessità del respiratore. Se affrontiamo subito la malattia, pochissime persone avranno necessità del respiratore. Dopo dieci o quattordici giorni, invece, questo virus ha un bivio. Nell'ottanta percento dei casi va verso l'auto definizione, quindi si auto limita. L'altro venti percento invece spesso deve essere ricoverato in condizioni gravri. Se noi lo affrontiamo prima arriviamo anche al 95 percento di persone che non devono arrivare in ospedale. Ovviamente il paziente a domicilio va seguito in modo costante e attento. Non va mai lasciato solo e qualora arrivasse un peggioramento il paziente andrebbe ricoverato ma in un ambiente che non sarà mai sovraffollato".
Ancora Le Foche: "Questo virus ci ha colto un po' di sorpresa, anche una regione d'eccellenza come la Lombardia aveva un territorio scoperto, quindi è stata presa di sorpresa e tante persone sono andate in regime di urgenza al DEA. Anche noi qui a Roma, pur in condizioni di emergenza non paragonabile, avevamo delle ambulanze fuori dal Policlinico Umberto I con il paziente che non poteva essere messo dentro, perché eravamo pieni. Immagino quanto abbiano sofferto i colleghi della Lombardia, che sono stati fin troppo bravi. Hanno dovuto affrontare una condizione difficilissima, sia in termini professionali che umani.
statue con la mascherina in cinaSTATUE CON LA MASCHERINA IN CINA
Ora che la situazione si è un po' decompressa dovremmo approntare una reazione diversa. Proprio perché la sanità italiana è una sanità regionale dobbiamo fare in modo che ci sia una strategia univoca. E la strategia vincente è quella sul territorio. Nella storia della medicina abbiamo tutti studiato che la pandemia e l'epidemia si sconfigge fuori dagli ospedali. Il virus dentro all'ospedale non ci deve arrivare.  Il virus dentro all'ospedale è una bomba di contagio. Aumenta la diffusione nell'ambiente ospedaliero, si contagiano medici, infermieri, tutto il personale sanitario che sta svolgendo un ruolo veramente importante, in una condizione difficile.

PASTI CALDI E MASCHERINE PER I SENZA TETTO A MILANOPASTI CALDI E MASCHERINE PER I SENZA TETTO A MILANO
Pensate che gli infermieri quando indossano le tute lo fanno per sei ore continuativamente e non possono neanche sedersi, perché devono rimanere in piedi. E gli specializzandi anche vanno menzionati: stanno svolgendo un ruolo fondamentale. Sono dei ragazzi da ammirare per quello che fanno. Hanno scelto questa professione per darsi alle persone".

mascherina 1MASCHERINA 
Sulle polmoniti atipiche presenti in Italia già da dicembre: "Se c'è un nesso con il coronavirus? Assolutamente sì. E' possibilissimo. Io credo che in Cina questa cosa sia iniziata attorno a ottobre. Questo virus è la parte diabolica della globalizzazione. Questo virus ha avuto modo di circolare e muoversi ampiamente. E quando ce ne siamo accorti forse già c'erano i primi segni. Io stesso ho visto broncopolmoniti che clinicamente erano tali, spesso con la radiologia convenzionale non venivano dimostrate, con la tac del torace ad alta risoluzione usciva fuori una polmonite interstiziale bilaterale con immagini tipiche di questo virus".
ospedale bergamo coronavirusOSPEDALE BERGAMO CORONAVIRUS
Sulle mascherine: "Sono molto utili soprattutto nell'ambiente chiuso. All'aperto sono meno importanti. Se stiamo a due metri di distanza è improbabile che ci sia un contagio. Sono molto importanti anche gli occhiali. La prima porta di entrata del virus è l'occhio soprattutto in chi porta le lenti a contatto".
coronavirus ItaliaCORONAVIRUS ITALIA
Su luglio e agosto: "Con gli occhiali da sole saremo più protetti. In quei mesi comunque ci potrebbe essere una riduzione netta. Questo è un virus nuovo e va controllato passo passo. E' molto importante che noi adesso lo controlliamo anche in termini scientifici. Gli anticorpi che stiamo valutando nella sierologia, gli anticorpi di protezione, sono molto importanti. Sembra quasi che chi ha una malattia più grave sviluppi più anticorpi. Si sta sviluppando probabilmente una immunità condivisa sociale che piano piano aumenterà. Certo, chi ci libererà completamente sarà il vaccino. C'è un test che ancora però non è uscito che è un test di neutralizzazione virale. Un test che ci dirà che tipo di immunità si potrà avere con questo virus. Se permanente o parziale".
Fonte: qui

Il nuovo studio CDC mostra che il coronavirus può sopravvivere per ore su pavimenti, pareti, scarpe

Un'anteprima di un nuovo studio condotto dai Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie - il CDC, in breve - pubblicato ieri sera offre alcune notizie angoscianti per gli operatori sanitari, nonché le loro famiglie, partner e amici: una nuova ricerca suggerisce che gli infermieri , i medici e altri possono rintracciare il virus fuori dal reparto e in un altro ambiente - forse più pubblico o meno ben protetto -, contribuendo a diffondere la malattia in un modo nuovo che i funzionari della sanità pubblica non hanno davvero preso in considerazione.
Lo studio, intitolato "Aerosol e distribuzione superficiale della sindrome respiratoria acuta grave Coronavirus 2 nei reparti ospedalieri, Wuhan, Cina, 2020", è stato condotto in due reparti dell'ospedale Huoshenshan di Wuhan da un grande team di ricercatori cinesi a febbraio e marzo. Sebbene il team abbia insistito sul fatto che "goccioline respiratorie e stretto contatto" rimangono i vettori primari della malattia, la possibilità per gli operatori ospedalieri di trasmettere il virus sulle loro scarpe e sui loro vestiti non è stata ancora ben compresa fino ad ora.
E sfortunatamente, se i dati fossero confermati, suggerirebbe che i reparti in cui vengono trattati i pazienti con coronavirus stanno letteralmente strisciando con il virus, mettendo questi operatori sanitari a rischio estremamente elevato di infezione.
Secondo la ricerca, "il 94% dei tamponi prelevati dal reparto di terapia intensiva e il 100% dei tamponi prelevati da uno dei reparti generali utilizzati per il trattamento di pazienti con sintomi gravi sono risultati positivi al coronavirus".
Ecco un riassunto della ricerca che descrive come il GW e l'ICU sono stati trovati per avere i livelli più alti di virus presenti sui pavimenti e sulle pareti, oltre che nell'aria. Il tasso di positività era più alto per l'ICU rispetto al GW, il che ha senso.
Anche i campioni prelevati dal pavimento nella vicina farmacia dell'ospedale hanno mostrato "debole positivo" per il virus. I pazienti non sono ammessi in farmacia, il che significa che c'è solo un modo in cui i campioni potrebbero essere arrivati ​​lì.

Dal 19 febbraio al 2 marzo 2020, abbiamo raccolto campioni di tampone da oggetti potenzialmente contaminati in ICU e GW come descritto in precedenza. L'ICU ha ospitato 15 pazienti con malattia grave e il GW ha ospitato 24 pazienti con malattia più lieve. Abbiamo anche campionato l'aria interna e le prese d'aria per rilevare l'esposizione all'aerosol. I campioni d'aria sono stati raccolti utilizzando un campionatore ciclico a parete bagnata SASS 2300 a 300 L / min per 30 minuti. Abbiamo usato tamponi sterili premistaminati per campionare i pavimenti, i mouse dei computer, i bidoni della spazzatura, i corrimani per i letti malati, le maschere dei pazienti, i dispositivi di protezione individuale e le prese d'aria. Abbiamo testato campioni di aria e superficie per i geni open frame frame (ORF) 1ab e nucleoproteina (N) di SARS-CoV-2 mediante PCR quantitativa in tempo reale.
Quasi tutti i risultati positivi sono stati concentrati nelle aree contaminate (ICU 54/57, 94,7%; GW 9/9, 100%); il tasso di positività era molto più alto per la terapia intensiva (54/124, 43,5%) che per la GW (9/114, 7,9%) (Tabelle 1, 2). Il tasso di positività è stato relativamente alto per i campioni di tampone da pavimento (ICU 7/10, 70%; GW 2/13, 15,4%), forse a causa della gravità e del flusso d'aria che hanno causato il galleggiamento a terra della maggior parte delle goccioline di virus. Inoltre, mentre il personale medico cammina per il reparto, il virus può essere rintracciato su tutto il pavimento, come indicato dal tasso di positività del 100% dal pavimento in farmacia, dove non c'erano pazienti. Inoltre, metà dei campioni provenienti dalle suole delle scarpe del personale medico dell'ICU sono risultati positivi. Pertanto, le suole delle scarpe del personale medico potrebbero fungere da portatori. I 3 risultati positivi deboli dal pavimento dello spogliatoio 4 potrebbero anche derivare da questi vettori. Raccomandiamo vivamente alle persone di disinfettare le suole delle scarpe prima di uscire dai reparti contenenti pazienti COVID-19.
Gli autori hanno suggerito che il "flusso d'aria" e le forze di gravità potrebbero essere responsabili dello spostamento dei campioni verso i pavimenti e le pareti, ma questo non è certo di buon auspicio per chiunque sostenga che la metropolitana e i ristoranti saranno in grado di tornare rapidamente indietro alla normalità, dal momento che un commensale asintomatico può lasciare il virus al tavolo per consentire al prossimo cliente di riprendersi anche se il tavolo rimane vuoto per ore - o anche durante la notte. Fonte: qui


Nessun commento:

Posta un commento