IL 10 GENNAIO DEL 2019 NEL PROCESSO IN APPELLO IL TRIBUNALE DI TORINO AVEVA STABILITO PER I LAVORATORI CHE AVEVANO FATTO CAUSA IL RISARCIMENTO DEI PAGAMENTI E DEI CONTRIBUITI PREVIDENZIALI NON GODUTI, FACENDO ESPLICITO RIFERIMENTO AL…
Roberta Rotunno per il Fatto Quotidiano
La Cassazione chiude la disputa giuridica: i rider che consegnano cibo a domicilio sono lavoratori dipendenti e gli vanno gli riconosciute le tutele del lavoro subordinato. Le retribuzioni devono essere quelle previste dai contratti collettivi e non quelle "a cottimo" applicate oggi dalle piattaforme digitali. La Suprema Corte ha rigettato anche l' ultimo ricorso di Foodora contro la sentenza pronunciata un anno fa dalla Corte di appello di Torino.
La decisione è del 14 novembre, ma le motivazioni sono uscite ieri. Conferma il secondo grado, e assesta un altro colpo alla liberalizzazione selvaggia nel food delivery. Rider considerati "partite Iva", senza contratti, contributi, ferie o maternità. La negazione di questa base minima non è permessa dalla legge. Non solo per il "pacchetto rider" del decreto imprese, approvato in autunno e ancora non tutto in vigore, ma anche per lo stesso Jobs Act.
Questa causa è partita nel 2017 su iniziativa di alcuni ex fattorini co.co.co. di Foodora (che in Italia non è più operativa). La questione è stata affrontata in base alle norme della riforma renziana.
Uno dei decreti del Jobs Act stabilisce infatti che "si applica la disciplina del lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente". Come i rider, che non sono assunti dalle app, ma sono collaboratori "etero-diretti".
Quando l' applicazione chiede loro di consegnare un ordine, possono rifiutare di prenderlo in carico; una volta accettato, però, sono soggetti alle direttive del datore.
La Corte d' appello, ribaltando il Tribunale - che aveva dato ragione a Foodora - aveva detto che alla categoria si applicano diverse tutele del lavoro subordinato: le norme su sicurezza, retribuzione, orario, ferie e previdenza, ma non quelle sul licenziamento. Insomma, è escluso il risarcimento quando si viene cacciati ingiustamente.
Fu una piccola svolta, ma le piattaforme non l' hanno applicata sperando in un dietro-front della Cassazione. Che non è avvenuto.
"Non ha senso interrogarsi se tali forme siano collocabili nel campo della subordinazione o dell' autonomia - ha scritto la Corte - perché ciò che conta è che, in una terra di mezzo dai confini labili, l' ordinamento ha statuito espressamente l' applicazione delle norme sul lavoro subordinato".
A maggior ragione sarà così con le novità introdotte dal governo Conte 2 che specificano ancora più chiaramente il divieto di cottimo e l' obbligo di copertura Inail che partirà a febbraio. A breve è attesa anche una sentenza del Tribunale di Bologna su un ricorso Cgil contro l' algoritmo che associa le valutazioni ai rider, discriminatorio poiché viola il diritto di sciopero. "Le multinazionali non possono più nascondersi dietro il falso mito del 'nuovo' lavoro", ha commentato la segretaria nazionale Cgil, Tania Scacchetti.
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