POI LI HA PORTATI DOVE HA BUTTATO BASTONE E PISTOLA.
MA OGGI I DUE NON RISPONDONO AL GIP: I LORO AVVOCATI VOGLIONO EVITARE L'ACCUSA DI OMICIDIO VOLONTARIO?
UCCISO IN RAPINA: FERMATI NON RISPONDONO AL GIP
(ANSA) - Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere Valerio Del Grosso e Paolo Pirino, accusati dell'omicidio di Luca Sacchi nell'ambito dell'interrogatorio di convalida del fermo. Nei loro confronti il pm contesta i reati di concorso in omicidio, rapina, detenzione e porto abusivo di armi.
LA CONFESSIONE DEL KILLER: «ECCO DOVE HO NASCOSTO IL BASTONE E LA PISTOLA»
Marco De Risi per ''Il Messaggero''
«Lo so perché siete qui. Ho fatto una cavolata. Vi seguo». Si è rivolto così a polizia e carabinieri, quando è stato preso, nella notte, in un hotel di San Basilio, Valerio Del Grosso, 21 anni, padre di un bimbo di sei mesi, che si è autoaccusato di essere il killer di Luca Sacchi: il ragazzo ucciso alla Caffarella con un colpo di grosso calibro alla testa. Vestito con tuta grigia, scarpe da ginnastica e capelli rasati ai lati, si è lasciato ammanettare. Soprattutto, il giovane, come si legge nell'ordinanza, ha «guidato gli investigatori in tre posti diversi ove aveva nascosto rispettivamente la borsa, l'ogiva e il portafogli», poi recuperati, «nonché un quarto posto impervio ove aveva gettato il tamburo dell'arma e la mazza utilizzata nel delitto».
Quando è stato fermato. Del Grosso è apparso frastornato, come se non si rendesse conto di quanto accaduto. «Sì, sono stato io a sparare - ha raccontato agli investigatori - ma non ho mirato, non volevo uccidere. Dopo ore da quel maledetto sparo, da casa, mi sono collegato a internet e così ho appreso che avevo ucciso quel ragazzo. Avrei potuto mirare a una gamba, a un braccio, ma poi quando mi sono trovato con la pistola in mano ho tirato il grilletto senza sapere che l'avrei preso alla testa. Ho sparato ma non credevo che l'avrei ucciso». Difficile capire, al momento, se le sue parole siano sincere oppure dettate dal tentativo di evitare un'accusa di omicidio premeditato. I fatti parlano chiaro ed è lui stesso ad ammetterlo: con il suo amico si sono presentati armati con una pistola di grosso calibro.
Del Grosso viene da una buona famiglia, il padre fa il noleggiatore, la madre ha avuto l'intuizione di cosa era successo e ha mostrato carattere nel denunciarlo alla polizia. «Parlo un italiano corretto - spiega Valerio - mentre i miei amici di borgata parlano in romanesco. So cucinare bene, mi occupo di piatti molecolari. Ho sbagliato. Ho fatto una cavolata». Ma in quell'uso della parola cavolata, agli occhi degli inquirenti, fa trasparire la totale incoscienza, gli effetti della droga e delle cattive amicizie. «Lo ammetto avevo tredici anni quando ho provato per la prima volta la cocaina. Mi piacciono le serie criminali, ho visto Gomorra, Romanzo Criminale».
COME UN AUTOMA
Gli investigatori gli fanno domande di prammatica e Del Grosso risponde come un automa: «Siamo andati lì perché volevamo rapinare lo zainetto. Poi quel ragazzo ha reagito e io ho estratto la pistola e ho sparato e l'ho visto cadere a terra». Sembra quasi che Valerio abbia raccontato la scena di un gioco alla Play Station. Però quando lo interrogano per sapere dove ha buttato l'arma e chi gliel'ha data, prende tempo, sembra fare calcoli: «Non lo so dove ho preso la pistola. Non mi ricordo che fine ha fatto». Ma poi saranno lui e il complice a indicare dove trovare il bastone e lo zainetto color rosa rapinato alla ragazza di Luca Sacchi.
«Ho lavorato in alcuni ristoranti, so fare bei piatti. Sono forte a cucinare», aggiunge Del Grosso che rischia di non vedere per tanto tempo il figlio appena nato. Quando viene portato via da alcune pattuglie per essere poi trasferito in Questura, continua a ripetere: «Ho fatto una cavolata». Nelle foto pubblicate dai siti appare spavaldo come se non capisse in che tragica storia si è infilato. «Ora mi portate in carcere?», domanda agli investigatori. E quasi l'ora di pranzo, quando lui viene portato in carcere, dove è logico ritenere che vi rimarrà per tanto tempo.
Fonte: qui
È ANASTASIYA IL PERSONAGGIO CHIAVE DELL'OMICIDIO DI LUCA SACCHI: LEI IN LACRIME NEGA CHE CI SIA LA DROGA DI MEZZO, MA I TESTIMONI RACCONTANO DEI 2MILA € NELLO ZAINO E DI...
PAOLO PIRINO E VALERIO DEL GROSSO L'HANNO PRESA A BASTONATE, POI L'INTERVENTO DEL FIDANZATO E IL COLPO DI PISTOLA. POI LA FUGA, I NASCONDIGLI E LA DENUNCIA DELLA MADRE
''MEGLIO IN GALERA CHE TRA GLI SPACCIATORI'', HA DETTO SENZA ESITAZIONE LA SIGNORA. IL FIGLIO, GIÀ ALLONTANATO DALLA COMPAGNA PER PERCOSSE, HA UNA BIMBA DI SEI MESI
Anastasia la fidanzata di Luca Sacchi: ''La droga non c'entra, c'entra l'amore''
I PUSHER E IL RUOLO DI ANASTASIYA NEL SUO ZAINO 2.000 EURO IN CONTANTI
Rinaldo Frignani per il ''Corriere della Sera''
Fino a ieri mattina ha continuato a sostenere che «la droga non c' entra con la morte di Luca». Ma le testimonianze e gli elementi raccolti da polizia e carabinieri smentiscono le dichiarazioni pubbliche e il verbale di Anastasiya Kylemnyk, la baby sitter di 25 anni che mercoledì notte è stata presa a bastonate da Paolo Pirino e Valerio Del Grosso al quartiere romano Appio Latino, poco prima che il fidanzato venisse colpito a morte con una revolverata esplosa dal secondo ragazzo.
È lei a questo punto - come sospettato fin dai primi momenti dai carabinieri del Nucleo investigativo - il personaggio chiave del delitto di Roma. Perché sarebbe proprio la giovane ucraina, nella Capitale dal 2003, ad aver mostrato agli spacciatori giunti da Casal Monastero i soldi nel suo zainetto di pelle rosa: rotoli di banconote da 20 e 50 euro per un totale 2.000 euro, denaro che sarebbe dovuto servire per acquistare una partita di marijuana sufficiente per lei e tre amici che si trovavano nel John Cabot Pub.
A mettere nei guai la fidanzata di Luca Sacchi c' è la testimonianza di Valerio Rispoli, amico e contatto di Del Grosso che aveva chiesto di portare la droga all' Appio Latino. E ora la posizione della baby sitter potrebbe aggravarsi. A Regina Coeli sono invece già rinchiusi sia Del Grosso sia Pirino.
Sono cresciuti e abitano con le famiglie a Casal Monastero, quartiere della periferia romana vicino a San Basilio, il rione dove nella Capitale i clan dello spaccio sono più attivi. E adesso bisognerà capire se anche loro fossero in qualche modo collegati ai gruppi criminali. Non a caso le indagini puntano a capire se la trasferta di mercoledì sera dei due presunti assassini sia stata una loro iniziativa oppure facesse parte di una serie di ordini impartiti dai boss.
Di certo i due ragazzi sono partiti per effettuare «la consegna» all' Appio, a bordo della Smart bianca di Pirino, armati di revolver e mazza da baseball. E senza marijuana.
Non sapevano che quel tentativo di rapinare soldi a una potenziale cliente sarebbe stato il tragico epilogo della loro carriera di spacciatori.
Pirino, detto «Paoletto», viene descritto come il più duro dei due. Tatuaggi a tema, donne e pistole. Un «1998» stampato sulle dita di una mano. Ha un passato da pusher. Mercoledì sera ha fatto da scorta a Del Grosso, anche in virtù della stazza fisica.
È un fan della serie tv «Gomorra» e di «Scarface». Armi da fuoco puntate in faccia da giovani a volto coperto accompagnano il suo profilo su Facebook. Come le frasi a effetto, e una foto emblematica: una limousine protetta da ragazzi in scooter per le strade di San Basilio.
Valerio Del Grosso, di otto mesi più giovane, ha invece una vita complicata in una famiglia di lavoratori: la madre Gianna - che poi lo ha denunciato al commissariato San Basilio, con il marito e il figlio Andrea -, il padre autista, due fratelli e una sorellina. «Uno scapestrato», spiega chi lo conosce più nel profondo. Una figlioletta di sei mesi, una denuncia per percosse nei confronti della compagna, seguita da un ordine di allontanamento disposto dal giudice. La donna, che non lo ha più voluto vedere (tanto che il giovane è tornato ad abitare dai genitori), è finita in ospedale con 40 giorni di prognosi per una lesione al timpano.
«Ho fatto un macello, non volevo uccidere nessuno, volevo solo spaventarlo», ha ripetuto alla sua nuova compagna, Giorgia, che alla fine ha indicato alla polizia il «Cervara Park Hotel», a Tor Cervara, dove si era rifugiato 24 ore dopo il ferimento di Luca. Quella sorta di assurda giustificazione l' ha detta anche agli amici che ha incontrato poco dopo aver premuto il grilletto e poi nella stessa serata di giovedì. «Tutti gli amici, me compresa, a questo punto gli abbiamo consigliato di andarsi a costituire. Mi ha pregato di accompagnarlo in albergo e fargli compagnia, mi sono rifiutata. L' ho solo portato lì, alla stanza 103, poi ho detto ai poliziotti dove l' avrebbero trovato» ha detto la ragazza.
Pasticciere nel laboratorio davanti a casa, giovedì mattina Del Grosso era andato al lavoro come se fosse un giorno qualsiasi. Sapeva cosa aveva fatto all' Appio Latino, ma ha cercato di comportarsi come se nulla fosse accaduto. Nella tarda mattinata, forse dopo aver appreso della morte di Luca Sacchi, ha chiesto alla titolare di tornare a casa. «Mi sento male», ha detto prima di andare via vestito così com' era, da pasticciere. Poi ha richiamato Giorgia, cercando un aiuto che non ha trovato.
Valeria Costantini per il ''Corriere della Sera''
«Ho saputo da un amico che mio figlio ha fatto un casino e sono venuta qui. Meglio in galera che con gli spacciatori». Con queste parole Giovanna, la madre di Valerio Del Grosso - accusato di aver sparato a Luca Sacchi davanti al pub nel quartiere Appio - si è presentata al commissariato di polizia di San Basilio giovedì sera per raccontare tutto quello che sapeva. E così ha denunciato il terzogenito, il figlio che da poco le aveva regalato la prima nipotina.
Non ha avuto dubbi, non ci ha pensato due volte la coraggiosa mamma. Dopo aver saputo dall' altro figlio Andrea che cosa fosse successo, è andata con lui e con il marito Gianni, che di lavoro fa l' autista, a informare gli investigatori che, forse, il suo ragazzo era coinvolto in un terribile delitto.
Nessuna esitazione su quale fosse la cosa più giusta da fare: anche perché Giovanna aveva paura. Sapeva che Valerio era in fuga, glielo aveva confessato proprio lui, senza però dirle dove si fosse nascosto e senza svelarle i dettagli di quella «caz...» compiuta e poi confessata al telefono tra le lacrime. «Temo possa accadergli qualcosa, trovatelo» ha ripetuto, sgomenta e provata, ai poliziotti la donna, madre di quattro figli, una vita spesa per i suoi affetti e per la cura dell' abitazione a Casal Monastero. Una villetta a schiera piena di verde quella della famiglia Del Grosso, in un quartiere di periferia sì ma decoroso e pulito a nord-est della Capitale. A due passi però dal «Bronx» romano, il rione di San Basilio in mano ai clan e agli spacciatori.
«Valerio è un ragazzo perbene, normale e gentile» ripetono i vicini di casa e i datori di lavoro del ventunenne, i titolari della pasticceria «Sabina» dove stava imparando a diventare cuoco. «Giovanna è una madre attenta, ha sempre seguito molto i figli, e adesso fa lo stesso con la nipotina appena arrivata - racconta la vicina di casa, Aurelia -. Non posso credere a quello che è accaduto, ci eravamo viste solo sabato scorso, come sempre abbiamo parlato dei figli e del loro futuro».
Nel giardino della casa dei Del Grosso ci sono ancora i panni stesi ad asciugare, i giocattoli sparsi davanti all' ingresso. Da quando è nata la bambina, tutta la famiglia si dedicava ad accudirla. E mamma Giovanna, come raccontano adesso i vicini, cercava di aiutare il figlio, tentava di insegnargli il lavoro di genitore.
Fonte: qui
CHI È DAVVERO ANASTASIYA, FIDANZATA DI LUCA SACCHI? DAI VIDEO NON SI VEDE NESSUNO COLPIRE LA BABY SITTER, E NEL SUO ZAINO CI SAREBBERO STATI ADDIRITTURA 20MILA EURO
LEI HA DETTO: ''LA DROGA NON C'ENTRA NIENTE'' E HA RACCONTATO DI ESSERE STATA PRESA A MAZZATE. MA NON AVEVA SEGNI NÉ CI SONO REFERTI MEDICI A SOSTEGNO DEL RACCONTO
''TRE RAGAZZI E UNA RAGAZZA VOLEVANO COMPRARE MOLTA DROGA''. E I MAGISTRATI VOGLIONO SENTIRLA...
LEI HA DETTO: ''LA DROGA NON C'ENTRA NIENTE'' E HA RACCONTATO DI ESSERE STATA PRESA A MAZZATE. MA NON AVEVA SEGNI NÉ CI SONO REFERTI MEDICI A SOSTEGNO DEL RACCONTO
''TRE RAGAZZI E UNA RAGAZZA VOLEVANO COMPRARE MOLTA DROGA''. E I MAGISTRATI VOGLIONO SENTIRLA...
LA MADRE LO DENUNCIA: MEGLIO IN CELLA CHE FRA GLI SPACCIATORI
LUCA, ANASTASIYA E IL MISTERO DEI 20MILA EURO
Fabio Tonacci per ''la Repubblica''
Non è stata una rapina casuale. Non è stata neanche un' aggressione per duemila euro, perché i soldi nello zainetto potrebbero essere stati dieci volte di più. Dunque, a maggior ragione, Anastasiya Kylemnyk, la fidanzata ucraina di Luca Sacchi, non la sta raccontando tutta. La vera storia di ciò che è successo mercoledì 23 ottobre davanti al pub John Cabot, nel quartiere Appio Latino di Roma, deve ancora essere scritta. Valerio Del Grosso, accusato di aver sparato a Sacchi, e il suo compare Paolo Pirino detto Paoletto, entrambi 21 enni, sono in carcere e, davanti al gip, non hanno aperto bocca. Ma le prime risultanze dell' inchiesta condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo e dai poliziotti della Squadra mobile permettono di tracciare i contorni di una notte di sangue che ha avuto origine, e tragico esito, nella suburra della filiera dello spaccio. Popolata di insospettabili figli della Roma bene e di squinternati mediatori.
Armati, affamati di denaro e dal grilletto facile. Il gruppo di amici Andiamo con ordine. Intorno alle 21 di mercoledì Luca Sacchi è con Anastasiya al John Cabot. Luca ha 24 anni, ha il fisico scolpito dal suo lavoro come personal trainer, e, come spesso capita, è sceso al pub sotto casa insieme alla sua ragazza. Si conoscono da un lustro. Lei ha 25 anni, dal 2003 vive a Roma e fa la baby sitter. Non sono soli. Con loro ci sono due amici: un tale di nome Domenico, e Giovanni Princi, un poco più che ventenne già noto alle forze dell' ordine per un precedente per spaccio. Princi è un ragazzo sveglio e di buona famiglia: suo padre è un cardiologo, sua madre una docente universitaria con cattedra a Roma. Quella, però, non è una sera come le altre.
Non sono là per una rimpatriata. C' è uno scambio da fare, della droga da comprare. I soldi li hanno portati. Stando a quanto risulta dai tabulati telefonici, è Princi che ha il gancio giusto per rimediare della roba. E non sarà un po' di erba per passare la serata o per rivendere agli amici, stavolta è qualcosa di più importante. L' intermediario Il contatto di Princi si chiama Valerio Rispoli, uno che sta con "quelli di San Basilio", il quartiere dormitorio che ospita la più grande piazza di spaccio di Roma: sentinelle sui tetti, inferriate alle finestre, volanti della polizia gradite quanto un calcio sui denti. Rispoli conosce Princi e non è la prima volta che si sentono per cose del genere.
Ma chi deve fornire la droga, Valerio Del Grosso, non si fida del gruppetto del John Cabot, vuole prima capire se hanno veramente il denaro "per la merce", quindi manda il suo intermediario in avanscoperta. Alle 21.30 Rispoli si presenta in via Latina, una traversa della strada dove si trova il pub. Con lui in macchina c' è Simone Piromalli. Entrambi sono incensurati. Si incontrano rapidamente con Princi e Anastasiya. La ragazza apre davanti a loro lo zainetto di pelle rosa che porta a tracolla: contiene il suo portafogli rosso con dentro un documento di identità e una carta postepay, un portamonete, alcuni effetti personali e le mazzette coi soldi.
Quanto? Inizialmente si era parlato di 2.000 euro, ma gli investigatori sospettano fossero molto di più, una cifra tra i 10.000 e i 20.000 euro, sufficiente - in ipotesi - ad acquistare anche un bel po' di cocaina. Le banconote non sono state ancora trovate. Piromalli, a verbale, dichiara che «tre ragazzi e una ragazza erano interessati alla droga» e che «la consegna non avveniva per la mancanza dello stupefacente».
Aggiunge che Del Grosso e il suo accompagnatore, Paolo Pirino, «si impegnavano ad andarlo a prendere». Tra le 21.30 e le 22.30, quindi, al John Cabot fanno la loro comparsa anche i due ragazzi ora rinchiusi a Regina Coeli.
La pistola nascosta
Ma chi è Valerio Del Grosso? Il ventunenne vive con i genitori a Casal Monastero, quartiere confinante con San Basilio. Da sette mesi lavora come aiuto pasticciere a due passi da casa. Ha una figlia di sei mesi avuta da una compagna dalla quale, per ordine del tribunale, deve stare lontano. In passato l' ha picchiata, provocandole lesioni con 40 giorni di prognosi. Si è procurato un revolver calibro 38, che tiene nascosto.
Neanche Pirino sa che quella sera Del Grosso ha portato con sé il ferro, o così almeno riferirà dopo l' arresto. I due frequentano lo stesso giro a San Basilio. Paoletto, a differenza di Del Grosso, ha precedenti per stupefacenti. Alle 22.55 il pasticciere di Casal Monastero chiama Rispoli e lo avverte che stanno tornando, a bordo di una Smart bianca quattro porte, per fare lo scambio. Da questo punto in avanti la scena si fa confusa, e neanche i filmati delle telecamere di sorveglianza riescono a fare definitiva chiarezza.
La ragazza da risentire
Rispoli, Piromalli e Princi - così riferiranno ai carabinieri - rientrano nel pub. Fuori rimangono Anastasiya e Luca. La ragazza ucraina ha sostenuto di essere stata colpita da Pirino alla testa con una mazza da baseball, nel tentativo di rubarle lo zaino, e che Del Grande ha sparato alle spalle a Luca nel momento in cui lui la stava difendendo da Pirino. Ma Anastasiya ha anche detto «la droga non c' entra con questa storia», circostanza smentita e che ne mette in dubbio l' attendibilità, tant' è che verrà presto interrogata di nuovo.
Quei pochi frame dei video raccontano di un' aggressione fulminea, diretta più a "neutralizzare" subito Luca, della coppia quello che poteva opporre una resistenza maggiore. Perché, però, la rapina? Anche questo è un aspetto che gli inquirenti stanno approfondendo. L' ipotesi più verosimile vuole il gruppetto degli amici del Cabot presi ed eccitati dal tentativo di fare "un salto di qualità", impegnati ad acquistare un quantitativo più sostanzioso.
E Del Grosso e Pirino i rapaci che hanno fiutato l' occasione: spaventarli e rubar loro i soldi. È ciò che, dopo l' assassinio, racconterà il pasticciere: «Non volevo ucciderlo, volevo solo mettergli paura ». Qual è stato, poi, il ruolo di Luca Sacchi nella mancata compravendita? Non risulta essere un consumatore di hashish o altro, chi lo conosceva lo descrive come un tipo serio e premuroso. Che si teneva alla larga da certi giri. Con l' unica "colpa", quindi, di aver protetto la sua Anastasiya.
I KILLER NON ERANO SOLI E UN VIDEO SMENTISCE LA VERITÀ DI ANASTASIYA
Rory Cappelli e Maria Elena Vincenzi per ''la Repubblica - Cronaca di Roma''
Valerio Del Grosso e Paolo Pirino non erano soli la sera dell' omicidio, quando scapparono a bordo della Smart, dopo averla parcheggiata in seconda fila in via Mommsen, per allontanarsi il più velocemente possibile dal luogo dell' omicidio di Luca Sacchi. I ragazzi, che polizia e carabinieri stanno tentando di rintracciare, avrebbero fatto da intermediari per la vendita di droga e, così spiegano fonti investigative, avrebbero anche consegnato la pistola al killer.
E mentre il questore sta pensando a una stretta su droga e movida, forse con un provvedimento, si prepara un' altra stretta: su Anastasiya Kylemnyk, la fidanzata di Luca Sacchi, che aveva frequentato il liceo classico Augusto, che forse studiava all' università e che faceva lavoretti per sbarcare il lunario. Nel suo racconto, spiegano gli investigatori, ci sono troppe incongruenze, tanto che i pm vogliono risentirla. Non è stata colpita da una mazza da baseball, anzi non è stata colpita affatto: nessun segno sul corpo, nessun referto medico ad attestarlo. E poi, a quanto risulta, il gruppo con cui si accompagnava non era la prima volta che faceva azioni di questo tipo.
Le immagini di videosorveglianza del negozio di tatuaggi che si trova in via Franco Bartoloni quella notte riprendono la strada di fronte, fino al marciapiede: alle 22.50 si vede passare la Smart di Del Grosso e Pirino: supera il pub John Cabot, svolta a sinistra in via Mommsen, fa il giro dell' isolato, prende due sensi unici e poco dopo rispunta dalla parte opposta di via Bartoloni. Si ferma. Poi riparte e gira a destra in via Mommsen. Si blocca in seconda fila. Sono le 22.59. Alle 23 lo sparo.
Dalle immagini appare chiaro che non c' è il tempo di un' aggressione, di una colluttazione, di una mazzata in testa. In più il ragazzo viene ucciso con un colpo di pistola alla nuca: il proiettile gli esce dalla faccia e va a schiantarsi nella vetrina del pub per poi finire, ormai senza più forza, all' interno del locale, davanti ai piedi di una ragazza.
La telecamera riprende due giovani che bevono birra di fronte alla vetrina. Sentono il colpo di pistola.
Terrorizzati, a uno cade di mano il bicchiere, poi si precipita dall' altra parte della strada dove è arrivata Anastasiya che sta tamponando il volto di Luca: il ragazzo torna indietro con le mani nei capelli, chiaramente in panico. L' altro gira in tondo senza sapere cosa fare. Più tardi Anastasiya entrerà nel negozio di tatuaggi per lavarsi le mani e fino alle 1.30 starà seduta su un gradino lì davanti: « Non aveva nessuna escoriazione, nessuna lesione, nessuna ferita» dicono.
Gli amici di Luca avevano parlato di esecuzione e tale sembra: i soldi custoditi nella borsa pare fossero molti più dei duemila euro di cui si era parlato all' inizio, una cifra compresa tra 10 e 20 mila euro. Ma su questo gli inquirenti stanno facendo verifiche. Il che giustificherebbe la rapina, anche se niente giustifica quel colpo di pistola sparato alle spalle a bruciapelo. Il denaro inoltre è sparito.
Nel quartiere tutti descrivono Luca come un ragazzo tranquillo, salutista, attento. Suo padre e lo zio Fabrizio sostengono che si sia trattato « senza dubbio » di uno scambio di persona. Ma fonti investigative spiegano che « non c' è stato nessun equivoco». Forse non era coinvolto in nulla, ma sembrerebbe aver ricoperto il ruolo di guardaspalle. Tra i testimoni oculari dell' omicidio due amici delle vittime, che insieme a Luca e alla ragazza sarebbero coinvolti nello scambio di droga.
PALESTRA, FOTO E SFILATE I MISTERI DI ANASTASIYA AL VAGLIO I CONTATTI CON DEL GROSSO E PIRINO
Valeria Costantini per il ''Corriere della Sera''
Faccia d' angelo e affidabile baby-sitter: una vita in apparenza normale quella di Anastasiya Kylemnyk, la fidanzata di Luca Sacchi, il 24enne ucciso con un colpo di pistola alla testa mercoledì sera. Tanto sport e lavoro. Ma ora sulla sua vita, persino sulla sua routine, dovrà passare la lente. «È gentile e dolce, una gran lavoratrice, mi fido ciecamente, tanto da lasciarle mia figlia», racconta Roberto Bruschi, titolare del ristorante «Dal Bersagliere», molto famoso all' Appio, il quartiere dove la ragazza ucraina - in Italia da quando aveva nove anni - abita con la famiglia.
Raccontano che gran parte della giornata la passi ad allenarsi in palestra, le foto di quelle ore sono condivise sui social. E poi c' è il lavoro come bambinaia a tempo pieno.
Nastia, così ribattezzata dagli amici su Instagram, è arrivata a Roma nel 2003 con la mamma e la sorella più piccola.
«Ha lavorato da noi anche come cameriera, la conosco benissimo, segue pure i figli di mio fratello, non credo a una parola di quello che si scrive su di lei, le siamo tutti vicini in questo momento di dolore» ribadisce il ristoratore. Lui conosceva anche Luca, che a volte andava a prendere Anastasiya a fine turno per riaccompagnarla a casa.
Una storia d' amore seria quella con il personal trainer freddato fuori dal John Cabot Pub: stavano insieme da quasi 4 anni, la stessa passione per il fitness e i viaggi. Pochi mesi fa l' ultima gita, a Parigi e Disneyland, poi per festeggiare i 24 anni di Luca (l' ultimo compleanno, ad aprile), Nastia gli aveva regalato un pensiero speciale: la voce registrata di Marilyn Monroe nella storica «Happy Birthday» per il presidente americano John Fitzgerald Kennedy, con la dedica «Auguri amore mio».
Bella, fisico tonico, poliglotta, la ragazza ha subito stretto amicizie importanti nella Capitale: ha anche sfilato come modella per l' amica del cuore, Stefania, stilista conosciuta sui social come «Acid Love». Con Luca progettavano di aprire una palestra insieme: un sogno interrotto da una tragedia dai contorni ancora da chiarire. E Nastia sembrerebbe una figura-chiave del puzzle.
Dopo l' arresto di Valerio Del Grosso e Paolo Pirino, accusati di essere gli autori dell' omicidio, rimangono da accertare alcuni importanti dettagli.
Tanto che la ragazza sarà presto ascoltata in Procura: agli atti, al momento, c' è solo il racconto che ha fatto ai poliziotti poche ore dopo l' aggressione. Ma è sul contenuto dello zaino della giovane che si concentrano i dubbi: Nastia ha detto di avere con sé pochi euro quella sera fatale, mentre un testimone ha riferito di aver visto all' interno della borsa diverse mazzette di banconote per un totale di duemila euro.
Proprio quel contante è diventato l' obiettivo della rapina progettata dai due assalitori: un colpo fallito che per Luca Sacchi si è trasformato in tragedia. Ma come mai tanti soldi? A cosa servivano? Gli investigatori non sembrano avere dubbi: per l' acquisto di una partita di marijuana. Ipotesi che la stessa giovane ha tuttavia rigettato con forza fin dall' inizio.
«Luca è l' amore, non meritava questo, non c' entra nulla la droga. Mi ha solo protetta», le poche parole pronunciate nell' unica intervista rilasciata.
Poi l' ha avvolta un muro di silenzio, parenti e amici la tengono lontana dai riflettori: in queste ore sta valutando l' assistenza di un avvocato. Ieri ne ha incontrato uno. Che il fidanzato non avesse invece nulla a che fare con gli stupefacenti, l' ha ribadito Domenico Pavone, legale della famiglia Sacchi: «Lo dimostra la donazione degli organi autorizzata dai genitori di Luca».
A questo punto al vaglio di chi indaga ci sono i contatti telefonici di Del Grosso e Pirino per verificare se ne avessero con la modella o con qualche conoscente della ragazza.
«Lei e Luca erano bellissimi. Anastasiya ora è a pezzi e non avrebbe mai fatto nulla di male», ribadiscono gli amici sui social. Nessun dubbio su quell' amore, su una ragazza perbene che in Italia aveva trovato il suo futuro. Fonte: qui
LA PISTA DELLA COCA NEL DELITTO LUCA SACCHI
NELLO ZAINO RUBATO C’ERANO 35MILA EURO PER LA COCAINA
GLI INQUIRENTI IPOTIZZANO UNA COMPRAVENDITA DI DROGA DEGENERATA IN RAPINA CON OMICIDIO
I SOLDI SAREBBERO SPARITI LA SERA STESSA DELL’OMICIDIO
DEL GROSSO, AUTORE MATERIALE DEL DELITTO: "NON LO VOLEVO UCCIDERE, IL RINCULO DELLA PISTOLA ME LO HA FATTO COLPIRE IN TESTA"
Grazia Longo per “la Stampa”
Una compravendita di droga degenerata in rapina con omicidio. Ma si sarebbe trattato di cocaina, non di marijuana. Un chilo di cocaina in cambio di 35 mila euro. Denaro probabilmente contenuto nello zaino rosa di Anastasiya Kylemnyk, rubato da Valerio Del Grosso e Paolo Pirino, in carcere con l’accusa di aver ucciso il fidanzato di Anastasiya, Luca Sacchi, 24 anni. È questa la pista all’attenzione di inquirenti e investigatori.
Dalle indagini di carabinieri e polizia, coordinate dalla pm Nadia Plastina, emerge infatti che la galassia di pusher intorno agli assassini è dedita alla vendita di cocaina e non di marijuana. La presenza di 35 mila euro, e non di 2 mila come ipotizzato in un primo momento, avrebbe dunque spinto Del Grosso a sparare.
Ma la circostanza della cessione, in realtà solo ventilata ma non avvenuta, della droga è ancora piena di misteri. L’unica certezza è che Luca, mercoledì scorso alle 23, è stato ucciso davanti al pub “John Cabot”, nel quartiere Colli Albani, con un colpo di P38 alla nuca, mentre difendeva la sua ragazza, a cui Pirino aveva dato un colpo in testa con una mazza di baseball prima di strapparle lo zaino.
Del Grosso, com’è ribadito anche nell’ordinanza con cui il gip Corrado Cappiello ha confermato l’arresto, «alla reazione di Sacchi, che affrontava l’aggressore, esplodeva contro Sacchi un colpo di arma da fuoco, da distanza ravvicinata, in direzione del capo e ne provocava il decesso». La fase dell’omicidio è cristallizzata grazie al racconto di alcuni testimoni e alle ammissioni dello stesso Del Grosso: «Non lo volevo uccidere, il rinculo della pistola me lo ha fatto colpire in testa».
Resta invece da chiarire la questione dell’acquisto di droga e della probabile attività di spaccio da parte di Luca, Anastasiya e due loro amici. Il leader di questo gruppo dovrebbe essere Giovanni, che nell’ordinanza viene definito «amico intimo di Luca Sacchi» e che la sera del delitto era il contatto con un altro Valerio, emissario di Del Grosso per la compravendita della droga. Valerio ha riferito che essendo stato «incaricato da Del Grosso di verificare se persone in zona Tuscolana avessero il denaro per acquistare, come convenuto, della merce» incontrò in via Latina alle 21,30 proprio «l’amico intimo» di Sacchi «al quale si presentava come inviato di Valerio (Del Grosso, ndr)».
Il gip quindi ricorda che «in quel contesto, una donna aveva lasciato uno zaino» con soldi divisi «in mazzette da 20 e da 50 euro». Accertata la presenza del denaro, la ragazza (Anastasiya, ndr) «aveva ripreso lo zaino mentre arrivava subito Del Grosso, che parlava con Giovanni di erba che sarebbe andato a prendere per portarla sul posto». Ma è probabile che invece di marijuana si trattasse di cocaina e che nessuno ne abbia parlato nel tentativo di ridimensionare una possibile accusa di spaccio. Del resto, non sarebbe l’unica bugia.
Rintracciato dagli inquirenti, il pregiudicato Giovanni ha «confermato la sua presenza» nel locale «in compagnia di Luca e Anastasiya» ha, però, «negato di conoscere Del Grosso e i due testimoni». Anche il racconto di Anastasiya (che nega la storia della droga) è ancora pieno di lacune e punti oscuri, tanto che a breve sarà nuovamente interrogata in procura.
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