È TORNATA E SI CANDIDA AL CONGRESSO CON UNO SPOT...
“LA PERSONA CHE MI ESPOSE SI CHIAMA SCOOTER LIBBY, FINÌ IN PRIGIONE, MA TRUMP LO HA PERDONATO”
IN REALTÀ NON FU LIBBY A RIVELARE IL SUO NOME. E POI... – VIDEO
Anna Lombardi per “la Repubblica”
Valerie Plame ingrana la marcia: «La Cia ci insegna davvero a guidare come nei film» dice, lanciandosi in una folle corsa nel deserto a bordo di una Chevrolet Camaro, una scena tutta volante e polvere che apre il video con cui annuncia la sua candidatura al Congresso nelle fila democratiche in New Mexico. Sì, l' ex spia "bruciata" dal suo stesso governo nel 2003 perché il marito, l' ex ambasciatore Joseph Wilson, aveva smentito la storia dell' uranio arricchito in Niger usato come alibi per scatenare la guerra in Iraq, scende in campo.
E lo fa con una clip girata come uno spy-movie , intitolata Undercover , sotto copertura, presentata proprio nel giorno in cui i giornali americani raccontano la storia di un' altra spia. Quella infiltrata al Cremlino, fatta fuggire precipitosamente nel 2017 dopo essere stata inguaiata dal protagonismo di Donald Trump.
«Ero un agente della Cia sotto copertura », dice appunto Plame, 56 anni, nata in Alaska da una famiglia ebrea di origini ucraine, il papà ufficiale dell' aeronautica, il fratello veterano del Vietnam. «Il mio compito era impedire che stati canaglia e terroristi s' impadronissero di armi nucleari. Ho vissuto in ogni luogo caldo: Iran, Iraq, Pakistan, Corea del Nord».
Poi, però, prosegue levandosi un sassolino dalla scarpa: «Il capo dello staff del vicepresidente Dick Cheney si vendicò di mio marito esponendo la mia identità. Il suo nome era Scooter Libby. Per quello finì in prigione. E indovinate chi lo ha perdonato un anno fa? President Trump», dice ancora rievocando la vicenda a cui nel 2010 è stato dedicato anche un film, Fair game , con Naomi Watts e Sean Penn protagonisti: «Ho servito il mio Paese. Fino a quando non mi ha tradito». Ma non è quella brutta esperienza a spingerla oggi in politica, spiega: «È ora di dare una svolta», afferma decisa.
«Su sicurezza nazionale, assistenza sanitaria, diritti delle donne stiamo regredendo. È ora di dare una svolta», afferma decisa. Girando lo sterzo in una rocambolesca inversione a U, sempre in quel video che su YouTube è stato già visualizzato da quasi un milione di persone in poche ore conclude: «Trump, ho dei conti da sistemare ». Un inizio di campagna scoppiettante, certo, ma che le ha già attirato addosso una pioggia di critiche.
Plame non è mai stata in Iraq o Corea del Nord, nota infatti il Washington Post , il giornale che nel 2003 contribuì a bruciarne l' identità addirittura insinuando che stesse complottando contro la Casa Bianca insieme al consorte. Dirigeva le operazioni della Task force specializzata in armi nucleari, certo: ma dalla molto più pacifica Grecia. Non solo. Il quotidiano le ricorda che non fu Libby a svelare il suo nome.
L' alto ufficiale della Casa Bianca venne condannato, sì: ma per aver coperto la fonte di quelle informazioni. La gola profonda fu un' altra: l' ex vicesegretario di Stato Richard Armitage, secondo quanto da lui stesso ammesso nel 2006. Forzature e semplificazioni da spot che ora, potrebbero costarle care. «Cara Valerie Plame», già scrive su Twitter Matt Schlapp, presidente dell' American Conservative Union e opinionista della rete conservatrice Fox News : «Iniziare la tua campagna con delle inesattezze, rivela molte cose su di te». C' è il rischio di una brutta frenata. Fonte: qui
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