MESSO A PUNTO DA UNA RICERCA ITALIANA UN TEST DEL SANGUE IN GRADO DI PREDIRE CHI HA BASSA, MEDIA O ALTA PROBABILITÀ DI SVILUPPARE IL CARCINOMA, IN MODO DA POTER DEFINIRE UN CALENDARIO DI CONTROLLI E DI MISURE PREVENTIVE...
TUMORE DEL POLMONE
Perché tra i forti fumatori alcuni si ammalano di cancro del polmone, mentre altri arrivano all' età senile senza nemmeno conoscerlo? È una domanda che si sono posti tutti gli oncologi del mondo, e oggi ne conosciamo il motivo. La risposta è che il rischio del tumore del polmone non è uguale per tutti, per la prima volta è stato dimostrato, ed è stato individuato uno screening in grado di predire chi ha bassa, media o alta probabilità di sviluppare il carcinoma, in modo da poter definire un calendario di controlli e di misure preventive.
Questa ricerca, tutta italiana, presentata due settimane fa a Barcellona in occasione della 20ma Conferenza mondiale dell' International Association for the Study of Lung Cancer (IASLC), è stata condotta dall' Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, supportato da Fondazione Airc, e rappresenta una svolta nella medicina oncologica, perché scardina l' idea finora sostenuta, ovvero che sia impossibile effettuare una diagnosi davvero precoce della neoplasia polmonare, o stabilire in anticipo chi ha maggiori probabilità di sviluppare la malattia, e questa scoperta potrà cambiare il destino di forti fumatori e soggetti ad alto rischio neoplastico.
Lo studio, iniziato nel gennaio 2013, è stato condotto su 4mila persone di età superiore ai 55anni, il 70% delle quali considerate forti fumatori (20sigarette al giorno per 30 anni), mentre il restante 30% comprendeva volontari nella fascia d' età tra i 50 e i 55 anni considerati accaniti fumatori (30 od oltre sigarette al giorno sempre per 30 anni).
Pazienti sani
Nessuno di loro aveva un cancro del polmone diagnosticato, e a tutti è stata eseguita una Tac spirale toracica a basso dosaggio di radiazioni (LDCT) con un esame del sangue particolare, un semplice prelievo per una analisi speciale, il Test del micro-Rna, un innovativo sistema che evidenzia piccolissime molecole, molto specifiche, che vengono rilasciate precocemente dal polmone aggredito dalla malattia, anche in fase iniziale, e dal sistema immunitario.
Il Test miRna è stato scoperto e sviluppato presso l' Istituto dei Tumori di Milano, ed è la prima volta che un esame molecolare sul sangue si rivela efficace predicendo con sicurezza scientifica il rischio di malattia neoplastica.
La combinazione di LDCT e Test miRna ha dato infatti risultati sorprendenti e significativi, perché inaspettatamente il 58% dei partecipanti, ovvero la maggioranza, è risultato negativo ad entrambi i controlli, ed è stato così classificato a Basso-rischio di tumore del polmone, il 37% è risultato positivo solo ad uno dei due esami, e classificato a Medio-rischio, mentre solo il restante 5% ha avuto entrambi i valori positivi, e definito quindi ad Alto-rischio di ammalarsi.
TUMORE POLMONE
Lo studio italiano, chiamato bioMILD (Multicenter Italian Lung Detection), pubblicato sul Journal of Thoracic Oncology , è partito proprio dalla ipotesi di partenza, da quell' interrogativo succitato, cioè che il rischio di ammalarsi per i forti fumatori non fosse affatto omogeneo, e nemmeno lo stesso per tutti, per cui ci si è cominciato a chiedere come fosse possibile e soprattutto come individuare i futuri e probabili pazienti che si sarebbero ammalati di tumore al polmone. Ebbene, i risultati sono stati chiari, anzi chiarissimi, e per la prima volta si è riusciti a profilare il rischio di neoplasia e soprattutto di definire che, a parità di esposizione, il rischio biologico è diverso, e a capire perché alcuni soggetti vengono aggrediti dal cancro ed altri invece no.
Quali sono i vantaggi per i forti fumatori di seguire questo screening preventivo?
Innanzitutto, una volta individuata la fascia di rischio, viene messo a punto un programma di prevenzione personalizzato, con riduzione delle Tac di controllo, poiché chi risulta a basso rischio viene richiamato a distanza di tre anni, ed inoltre è possibile stabilire chi non necessita di cure, a parte naturalmente la disassuefazione dal fumo, la quale permette di colpo la riduzione del 50% del rischio entro i primi cinque anni.
Programma smile
Ma questo esame sarà fondamentale per individuare i tumori del polmone nella loro fase davvero iniziale, al loro esordio, quando sono così piccoli da poter essere operati ed eliminati, senza nemmeno doversi sottoporre successivamente alle pesanti cure oncologiche attualmente in atto. Non solo.
TUMORE POLMONE SINTOMI
All' Istituto dei Tumori di Milano è appena iniziato un nuovo studio scientifico del programma SMILE, l' unico in Italia che prevede la combinazione di Cardioaspirina e Citisina, due molecole che assunte insieme quotidianamente permettono di abbattere i valori della Proteina C-reattiva nel sangue, un importante indice di flogosi, cioè di infiammazione cronica, nei fumatori sempre associata ad un alto rischio di sviluppo di tumore al polmone, e valuteremo a breve i risultati.
Intanto lo studio italiano bioMILD permetterà di costruire le basi, a livello internazionale, per l' avvio di programmi di controllo mirati per la diagnosi precoce del carcinoma polmonare, svolta di prevenzione avanzata per i forti fumatori che vogliano eseguirla, per evitare il big killer del secolo, od almeno per sapere se corrono il rischio di andare incontro ad una patologia, che se non diagnosticata e curata in tempo , è ancora troppo spesso mortale.
Ps: Struttura Complessa di Chirurgia Toracica. Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. Direttore Prof. Ugo Pastorino, tra gli autori dello studio.
QUATTRO MESI DI DIETA VEGANA PER MIGLIORARE IL CONTROLLO DELLA GLICEMIA, GRAZIE ALL’AZIONE SUL MICROBIOTA INTESTINALE: SECONDO UN NUOVO STUDIO I PAZIENTI CHE PER SEDICI SETTIMANE HANNO RINUNCIATO ALLA CARNE E AI SUOI DERIVATI HANNO RIDOTTO IL PESO E HANNO RAGGIUNTO UNA MAGGIORE SENSIBILITÀ INSULINICA
MA CARI VEGANI, ASPETTARE A ESULTARE VISTO CHE…
VERDURA
Quattro mesi senza carne, e senza cibi derivati dal regno animale. Sedici settimane da vegani, insomma: un sacrificio (per i carnivori incalliti) utile non solo per agire sul peso e sulla composizione corporea, ma anche per migliorare il controllo della glicemia, grazie all'azione sul microbiota intestinale, l'insieme dei miliardi di batteri che albergano nelle nostre viscere e che hanno un ruolo fondamentale nel processo della digestione e nell'assimilazione dei nutrienti.
MICROBIOMA
Lo sostiene una ricerca presentata oggi al congresso annuale dell'Associazione Europea per lo Studio del Diabete (EASD), in questi giorni a Barcellona, condotta da un gruppo di studiosi guidati da Hana Kahleova del Physicians Commitee for Responsible Medicine di Washington, Usa, gruppo di cui fa parte anche l'italiano Andrea Tura dell'Istituto di Neuroscienze del Cnr di Padova.
Lo studio: microbiota sotto osservazione
La ricerca illustrata al meeting europeo è stato condotta su 147 partecipanti non diabetici ma in sovrappeso, in gran parte donne, di età compresa tra i 45 e i 65 anni, divisi in due gruppi.
VERDURA
A un primo gruppo è stato chiesto di seguire una alimentazione vegana a basso contenuto di grassi, al secondo gruppo di continuare con le proprie abitudini alimentari. Di entrambi i gruppi, all'inizio dell'esperimento, era stata analizzata la composizione del microbiota, la composizione corporea e la sensibilità insulinica, per verificarne le variazioni alla conclusione delle sedici settimane.
I risultati dopo 16 settimane
E i risultati sono decisamente interessanti. Partiamo da quelli immediatamente visibili: i partecipanti del gruppo vegano mostravano una riduzione sensibile del peso corporeo (in media 5,8 chili di meno), dovuta soprattutto a una pronunciata diminuzione della massa grassa (-3,9 chili) e del grasso viscerale.
OBESO
Ma da segnalare sono soprattutto gli effetti non visibili: in primo luogo una maggiore sensibilità insulinica. In secondo luogo, la variazione nella composizione del microbiota intestinale, con un aumento del 4,8% di Faecalibacterium prausnitzii, una delle specie batteriche più abbondanti nell'intestino e legata alla salute di quest'organo, così come di Bacteroides fragilis, altra specie batterica che nel gruppo dei vegani era aumentata di quasi il 20%.
VERDURA
Questa maggiore presenza di questi microrganismi, dicono gli autori, risulta associata al calo di peso, alle variazioni della composizione corporea e alla maggiore sensibilità all'insulina.
Gli esperti: "L'importante è mangiare più fibre"
Buone notizie, dunque, soprattutto per chi non fa fatica a rinunciare, almeno temporaneamente, alla bistecca. Ma i ricercatori restano comunque con i piedi per terra. E' vero, "sedici settimane di alimentazione vegana inducono modifiche nel microbiota correlate a cambiamenti di peso, nella composizione corporea e nella sensibilità insulinica", dicono. Resta però ancora da capire quanto questi effetti benefici siano a carico della dieta veg e quanto, in generale, al ridotto apporto di calorie.
OBESI
Le specie di batteri che risultano aumentate, continuano i ricercatori, sono infatti quelle che si nutrono di fibre e che dunque si giovano di una alimentazione tutta vegetale. Ma se anziché vegana, l'alimentazione fosse semplicemente equilibrata, con le famigerate cinque porzioni di frutta e verdura al giorno, quali benefici si otterrebbero?
Per scoprirlo, il gruppo di ricerca ha in programma un'altra sperimentazione, questa volta su pazienti con diabete di tipo 2, per confrontare gli effetti di una dieta vegana con quelli di una alimentazione varia e ricca di fibra ma non necessariamente 'animal-free'. L'appuntamento è al 2020 con i nuovi risultati. Nel frattempo, ricordano i ricercatori, "mangiare più fibre è la raccomandazione dietetica numero uno per un microbioma intestinale sano".
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