giovedì 8 agosto 2019

CALIFORNIA – LA PLUTOCRAZIA REALIZZATA

California. Il  70 per cento dei 56 miliardari   – possessori di almeno mille miliardi di dollari  –  sotto i  quarant’anni (di cui  il primo è Zuckerberg) abitano qui; 12  di loro a San Francisco.  Circa 76 mila milionari  o miliardari  abitano nelle contee di Santa Clara e San Matteo. La  regione della baia di San Francisco conta più miliardari sulla lista di Forbes 400 di ogni altra area metropolitana, a parte New York.  I dirigenti che abitano nella Silicon Valley (o nella sua gemella  Puget Sound, nel lontano Nord del Washington State)  numerano otto  delle venti persone più ricche del mondo.
Sono, ovviamente, i giovani inventori della creatività digitale, di piattaforme e app del web; ingegneri, matematici, super-intelligenti  e immaturi, immensamente e  fulmineamente  arricchiti  dal sistema Wall Street che valuta le loro  aziende e dunque quotazioni  azionarie  alle stelle,  essendo alimentata la crescita astronomica dalla creazione di denaro dal nulla della Fed. Sono descritti da media, e  si sentono, i nuovi dei.  Hanno il futuro in mano.

Quale futuro “vedono” (e  preparano) costoro per l’umanità?   Quale visione a lungo termine coltivano questi.   Un ricercatore del mondo web, Gregory Ferenstein ,  ha intervistato 147 di loro, fondatori  di start-up, presentando loro anche un questionario.
Per esempio, cosa pensano della feroce ineguaglianza fra  ricchissimi e poverissimi che si è creata in USA? “Tutti gli intervistati hanno affermato che una meritocrazia porta intrinsecamente a un mondo ineguale.  Che la disuguaglianza genera creatività e favorisce la motivazione a cambiare la propria situazione”. 
Per tutti, “la disparità di reddito è una conseguenza naturale del capitalismo e altre forme di governo sono decisamente peggiori del capitalismo perché creano e allocano in modo inefficiente le risorse“. Insomma ripetono senza variazioni la dogmatica del mercato totale.
“Ho quindi chiesto quale percentuale di ricchezza, secondo loro,  dovrebbe essere  dalle persone più ricche in una meritocrazia perfetta.  Otto intervistati su 12 hanno affermato che il 50 percento o più di tutte le entrate sarebbe giusto che andassero al 10 percento superiore. Un’idea molto comune a Silicon Valley”, abitata da “creativi iperproduttivi” che “rendono” 10 volte più di un ingegnere tipo, lavorando 10  volte di più: secchioni, nerd   con l’Asperger in carriera capaci di stare sui computer a creare codice eseguibile per 18 ore al giorno .

La società futura che preparano

Oligarchi di  nuovo tipo, li chiama Ferenstein,  con una precisa visione del futuro del mondo: “una quota sempre più grande di ricchezza economica sarà generata da una sempre  più piccola di persone di grande talento o originali. Tutti gli altri dovranno vivere di mini-job a  tempo parziale nel settore privato, sostenuti da aiuti pubblici”, come i buoni-pasto o la Obamacare.
Così vediamo che questi geni descrivono il futuro come il  loro presente, quello che stanno creando.  In Usa,  ha rilevato McKinsey,  il numero di mini-job a tempo parziale è  aumentato esponenzialmente e ormai riguarda il 20% della forza-lavoro americana.
Che i giganti del web stiano attivamente creando questo mondo del lavoro miserabile e servile, reso vivibile da ciò che Marx chiamava “elemosina proletaria”, è  un fatto oggettivo. “In soli dieci anni, Facebook ha costruito un impero globale che ha superato General Electric in termini di valore di mercato:  e lo ha fatto con solo il 4% della forza lavoro del gigante della Old Economy: 12.000, rispetto a 300.000. Whatsapp  ha  un rapporto ricchezza-lavoro ancora più impressionante: vale  $ 19 miliardi e ha solo 55 dipendenti.  E insieme,  le  due  società raggiungono  una “clientela” di  circa un sesto dell’umanità.  Netflix ha distrutto la gigantesca rete nazionale Blockbuster di 9.000 negozi e 60.000 dipendenti con una forza lavoro più agile di soli 3.700 dipendenti. È facile capire perché: per soli $ 10 al mese, i consumatori di Netflix possono godere di una videoteca illimitata più grande di qualsiasi negozio  di Blockbuster “.  (Blockbuster è  fallita nel 2010).
Mark Zuckerberg , Elon Musk e  Sam Altman (grande finanziatore di star-up)   si sono pronunciati apertamente a favore di un piccolo reddito “di cittadinanza”  per compensare i bassi salari vigenti ed evitare “le perturbazioni”  che può portare all’ordine costituito  una manodopera esposta all’insicurezza permanente.
Come  Marx aveva previsto, il capitalismo nella forma più pura non porta la  concorrenza, ma al suo contrario: alla formazione di grandi monopoli privati.  Oggi Googlecontrolla quasi il 90 percento della pubblicità sui motori di ricerca, Facebookquasi l’80 percento del traffico sociale mobile e Amazon circa il 75 percento delle vendite di e-book negli Stati Uniti e –  ancor più importante –  circa il 40 percento del ” cloud” del mondo. Insieme, Google e Applecontrollano oltre il 95 percento del software operativo per dispositivi mobili, mentre Microsoft rappresenta ancora oltre l’80 percento del software operativo dei  PC del pianeta”.
Senza stupore, qualcuno comincia a notare che questa società non è più il libero capitalismo come lo conosciamo:  è la fine della concorrenza, e anche della mobilità sociale ascendente del ceto medio. Un nuovo ordine sociale avveniristico che porta strane somiglianze col passato. Oscurantista.
Un sistema di caste scientifiche” le quali non hanno bisogno di classe operaia e borghesia, ma solo dei loro dati.

Un “bolscevismo di lusso”

Una società feudale con sistemi di vendita migliorati”,  la dichiara Antonio Garcia Martinez di  Wired,  dove la nuova classe aristocratica tiene a propria mercé intere categorie di servi.
Più propriamente, altri parlano di “bolscevismo di lusso completamente automatizzato”  – nel senso che la ristretta oligarchia dei miliardari del web occupa lo stesso posto della Nomenklatura nello stato bolscevico, che viveva nell’abbondanza e si serviva in negozi riservati ad essa, legittimando  i suoi privilegi   e la sua oppressione sulla società con la “scientificità” della sua teoria  marx-leninista.
Uno di loro, il miliardario e investitore Naval Ravikant (di origini indiane),  ha anzi esposto il fine ultimo del  nuovo ordine instaurato proprio nei termini in cui l’avrebbe fatto un paleo-marxista:  la distruzione di famiglia e di religione.  “La tecnologia del social media dà il massimo potere all’individuo. E ciò  significa il crollo della struttura familiare e della religione … in generale, la tecnologia guida il mondo a sinistra.
Infatti, esulta Ravikant, “La sinistra ha vinto la guerra culturale. Ora stiamo solo andando in giro a sparare ai sopravvissuti. ” 
Sinistra? “Quella” sinistra  che anche noi conosciamo, quella della Cirinnà e di Scalfarotto,  del gay pride e di Montenapo o di Attali (“socialista”).   “L’egemonia di un individualismo basato sull’identità di sinistra” . Non è un caso se i miliardari e  la  loro California sono feroci oppositori di Trump ed odiano, soprattutto, i cittadini che lo votano.
Come nel potere bolscevico, la nuova classe miliardaria dei fondatori di  imprese digitali e investitori  costituisce “il  partito interno”,  l’equivalente del  Comitato Centrale. Molto al disotto ,  vive  il “partito esterno”, composto di professionisti qualificati:  ben pagati, però “condannati a una vita di classe media inferiore” a  causa degli altissimi costi  della vita prodotti dalla stessa concentrazione dei miliardari superiori:  colossale rincaro delle case, e degli stessi affitti, nonché delle imposte.
Sotto questa classe  media qualificata ma impoverita (equivalente ai  quadri e  ai semplici iscritti al PCUS, che si mettevano in liste d’attesa decennali per sperare nell’assegnazione di un appartamento non in coabitazione),  ecco la “vasta popolazione dei lavoratori a chiamata”,  equivalenti ai prolet coi minijob,  faticatori e braccianti  del feudalesimo: “Servi che rispondono a un messaggio che ricevono su smartphone come quelli  di un tempo  alla chiamata di un caporale”, dice Martinez.
Ancora  più in basso vediamo lo strato degli “intoccabili: i senzatetto, i tossicomani, i barboni, i criminali”.
La California, e in particolare la Bay Area, riflette già questa realtà neo-feudale”, scrive l’urbanista Joe Kotkin: questo stato con la massima densità di miliardari  è anche quello che,  tenuto conto del  maggior costo della vita, soffre  del massimo tasso di povertà, attestato dal Census Bureau federale. Un  destinatario su tre di qualche assistenza sociale nazionale vive in California, nonostante la California abbia solo il 12 per cento della popolazione americana.  Oggi otto milioni di californiani vivono in povertà, una famiglia su tre non riesce a pagare le bollette, un bambino californiano su cinque vive in miseria. Tornano  malattie medievali come il tifo,  negli accampamenti di senzatetto.  Molte minoranze lavorano nel settore dei servizi in lavori come la guardia di sicurezza , per circa $ 25.000 all’anno;  reddito con cui i lavoratori possono tutt’al più abitare in camper, dormire nelle proprie auto, o  accamparsi negli attendamenti californiani, i più grandi del paese”.  La speranza di comprarsi la casa è finita; gli affitti sono proibitivi.
Il risultato è ovviamente la più rigida e ferrea segregazione: razziale e sociale. Sì, questa sinistra progressista e senza tabù,  antirazzista per  auto-definizione, ha realizzato nei  fatti  la segregazione  che esisteva negli stati del Sud.  I  ricchi  vivono nei loro suburbia murati e  sorvegliati  dalle loro guardie private;  dei poveri non conoscono che i loro servi a chiamata;  la disparità di reddito è  la più efficace delle discriminazioni.

Monopolizzano la libertà di parola

Adesso poi risulta che questi liberisti e libertari – in possesso dei social media come Facebook, Twitter, Youtube  – li usano per stroncare  la libertà di opinione e di espressione Esercitano  – come constatiamo anche sulla nostra pelle  – una vera e propria censura totalitaria del  pensiero e  delle opposizioni, attraverso il politicamente corretto. Le voci in senso ampio “conservatrici”  e i loro blog   vengono  cancellate sistematicamente da Facebook o da Twitter, o da You Tube,   in quanto  – a  giudizio di lor signori o dei loro algoritmi – appaiono venate di “omofobia, xenofobia, odio “, o filo-Trump o scettiche su Greta e l’allarme climatico. Quando non li cancellano, li mettono alla fame, facendo mancare ai  siti e blog conservatori gli annunci pubblicitari.
Bisogna “spezzare  il monopolio di Silicon Valley sulla libertà di parola”, proclamano oggi varie organizzazioni “di destra”  (per gli oligarchi), che si sono trovate appunto ridotte al silenzio da Facebook e Youtube.  Si stanno coalizzando per appellarsi al Primo  Emendamento della Costituzione, che non ammette limiti alla libertà di parola.
Tulsi Gabbard,  la candidata presidenziale  (non di sinistra: è una democratica, diciamo, detestata dall’Establishment ) ha intentato una causa da 50 milioni di dollari contro Google, accusandola di aver sospeso il suo account dopo i primi successi nei dibattiti violando il suo diritto alla libertà di parola; ed ha accusato anche il servizio di posta elettronica Gmail di contrassegnare come “spam” le e-mail che invia agli elettori nel quadro della sua campagna.
Questi comportamenti  sono gravissime lesioni della democrazia perché ormai la gente si informa più su Facebook e Twitter che sui media tradizionali  – e  del resto   gli oligarchi si sono anche comprati, e spesso a prezzi di liquidazione , anche i  tradizionali prestigiosi: da New Republic al Washington Post, da The Atlantic a Time.  “E’ tempo di trattare Google, Facebook, YouTube e Twitter come servizi pubblici”, dice dice Jeremy Carl, della Hoover Institution a Stanford.
Una lotta che è difficile anche cominciare:  gli oligarchi hanno tutto in mano, sono “di sinistra”  e hanno i miliardi,  e vengono ammirati da Wall Street come legittimi vincitori  della competizione di mercato nella giungla della concorrenza. Intanto gli oligarchi hanno instaurato il loro “bolscevismo di lusso automatizzato” con le sue segregazioni,  immobilismi sociali, stagnazione e povertà:  uno stato reazionario a  loro misura. E adesso hanno puntato le carte, ossia i loro mezzi illimitati, sulla loro candidata democratica preferita, la senatrice democratica californiana Kamala Harris,  di cui la Tulsi Gabbard  si sta sempre più mostrando la grande ed efficace  avversaria interna al partito,  “populista”Non a caso  Kamala Harris è preferita anche da Soros, e  si dedicano alla raccolta di fondi per lei  gli eredi della famiglia Getty,  che organizzano la raccolta nel “Billionnaire Row” di San Francisco-

Se  Kamala vincesse le presidenziali, con lei entrerebbe alla Casa Bianca l’oligarchia neo-feudale. Fonte: qui

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