NELLE CARTE DELL'INCHIESTA CHE LO RIGUARDA, PAOLO ARATA MILLANTA PRESSIONI SU BERLUSCONI, GIANNI LETTA E IL CARDINAL BURKE PER PIAZZARE IL LEGHISTA SIRI AL GOVERNO
“LA VERITÀ”: “SONO STATE DEPOSITATE LE INTERCETTAZIONI MA E’ INCREDIBILE: GLI ‘OMISSIS’ SI LEGGONO. ARATA PARLA DI SOLDI DA DARE A SIRI, DEI QUALI NON C'È TRACCIA. E IL LEGHISTA, STANDO AGLI ATTI, NON NE ERA A CONOSCENZA”
PAOLO ARATA
Dalle carte dell' inchiesta sul professor Paolo Arata, ex deputato di Forza Italia, in affari con il re dell'eolico siciliano Vito Nicastri, che secondo gli investigatori sarebbe uno dei finanziatori della latitanza del superboss di Cosa nostra Matteo Messina Denaro, spuntano nuove intercettazioni che rimandano a nomi importanti in Vaticano. E non solo. E spuntano anche, in uno dei punti più delicati dell'inchiesta, quelli che bisognava maneggiare con grande cura, degli «omissis» farlocchi su Armando Siri.
Nella relazione della Dia in versione digitale, infatti, basta cliccare su un quadratone rosso, piazzato posticcio per coprirne il testo, per scoprire quello che c' è sotto: le trascrizioni delle intercettazioni di Arata che parla di Siri. E finalmente c' è il testo ufficiale. Quello riportato qua e là dai giornaloni ogni volta con un virgolettato diverso.
ARMANDO SIRI
La svista sull' omissis, involontaria, ma certamente evitabile, in realtà non cambia le carte in tavola. Si sapeva già che Arata parlava di un emendamento che gli interessava. E che c' erano stati scambi di informazioni su cosa fare per modificare il provvedimento (che alla fine non è stato neppure approvato). Il testo, insomma, è questo: «Per me quello che non mi fa dormire la notte è il fronte incentivi...la grande soluzione di tutti i problemi nostri è il fronte incentivi... allora... l' emendamento che non è stato fatto bene mi ha detto il viceministro, che mi ha chiamato prima, che gli do 30.000 euro tanto perché sia chiaro tra di noi... io ad Armando Siri ve lo dico gli do 30.000 euro».
PAOLO ARATA
L'uomo con cui parla, il figlio del re dell'eolico, gli dice pure: «Sì, l'hai già detto». E lui rimarca: «Gli do 30.000 euro... però... è un amico come lo sei tu... però gli amici mi fai una cosa io ti pago... e quindi è più incentivato». I due, da quanto era emerso nelle precedenti carte dell' inchiesta, sapevano anche di essere sotto indagine e avevano trovato le microspie in un auto. Il voler sottolineare a tutti i costi la questione dei 30.000 euro appare sospetta. A conti fatti, comunque, le carte in tavola non cambiano. Arata parla di soldi da dare a Siri, dei quali non c' è traccia.
ARMANDO SIRI. 3
E Siri, stando agli atti dell' inchiesta, non ne era a conoscenza. Ma gli omissis non sono saltati solo dalle pagine su Siri. Basta scalare qualche altra pagina e cliccare sul solito quadratone rosso per scoprire un' altra storia. Anche questa da maneggiare con cura.
Arata e suofiglio Federico tentarono di avvicinare, senza risultati, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, tramite l' ambasciatore americano.
Dalle intercettazioni gli investigatori hanno ricostruito che gli indagati si stavano muovendo per sponsorizzare Siri per un incarico governativo.
Dalle 310 pagine della Dia che l' aggiunto della capitale, Paolo Ielo, e il pm Mario Palazzi, hanno depositato al gip Emanuela Attura in vista dell' incidente probatorio del prossimo 25 luglio salta fuori anche questo. Un aspetto delicatissimo che non poteva essere di certo nascosto con un semplice francobollo digitale.
RAYMOND LEO BURKE
Di solito nelle inchiesta giudiziarie gli omissis vengono effettuati con un taglio netto del testo. Che invece c' è. Ed è questo: «Nella serata del 17 maggio 2018, Federico Arata chiama il padre Paolo», si legge nel documento, «dicendogli senza mezzi termini che Siri lo aveva chiamato poco prima chiedendogli di contattare l' ambasciatore americano in Italia (verosimilmente Lewis Michael Eisenberg) affinché costui intervenisse sul presidente Mattarella per sponsorizzarlo per un incarico governativo, poi aggiungeva che aveva provato a chiedere al cardinale Raymond Leo Burke (col quale si è anche sentito, ndr) di avvicinare il suddetto ambasciatore, senza ottenere l' effetto sperato, atteso che il cardinale gli aveva riferito di non avere rapporti con quel diplomatico».
LEWIS EISENBERG
E addirittura si vantava di averne parlato direttamente con Salvini. Così diceva il 23 maggio 2018: «Salvini non sa dove mettere Armando, poi io gli ho detto che deve fare il viceministro con la delega all' energia e lui lo ha chiesto a Salvini e Salvini ha chiamato anche casa nostra ieri [...] voleva sapere quale delega voleva...». La Dia di Trapani precisa che «non sono state registrate interlocuzioni telefoniche fra Arata e Salvini».
E anche questo dettaglio permette di pesare meglio e in modo complessivo le relazioni millantate dal professore. E di nomi pesanti ne escono diversi. Quasi uno per ogni capitolo dell' informativa: Gianni Letta e Silvio Berlusconi. «Armando l' ho fatto chiamare io da Berlusconi», si vanta ancora una volta Arata, «devo dire che Letta è sempre un amico».
GIANNI LETTA E BERLUSCONI
Nella girandola delirante di nomi e posizioni da coprire c' è anche un tentativo di infilare il figlio Federico agli Esteri, «come garanzia per tutti». Anche questo tentativo, ovviamente, non si è concretizzato.
Ma sul pateracchio che emerge dall' inchiesta il vicepremier Luigi Di Maio chiede chiarezza. Anche perché nelle intercettazioni si parla anche di lui. E su Facebook ha precisato: «Ho sentito, attraverso notizie di stampa, che c' è stato un momento, quando si stava formando il governo, in cui qualcuno, come Arata, ha dichiarato di volermi controllare, nominando un sottosegretario o uno nel mio gabinetto al ministero degli Esteri, perché si diceva che sarei andato alla Farnesina. Credo sia una cosa gravissima. Se qualcuno, esterno al governo, ha provato in qualche modo a orientare e manipolare scelte di governo, su questo si deve fare massima chiarezza».
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