RICCARDO RUGGERI ALZA IL SIPARIO SUGLI ULTIMI ANNI DEL GRUPPO FIAT, QUELLI DELLA GESTIONE MARCHIONNE E DELL’OPERAZIONE CHRYSLER: “DETROIT È RIMASTA UNA DELLE CAPITALI DELL’AUTO MONDIALE, TORINO È DIVENTATA CITTÀ DELLA CULTURA. L’ITALIA NON HA PIÙ UN’INDUSTRIA DELL’AUTO, È COME LA SPAGNA”
LE MAGIE DI “MARPIONNE”, CON I FINTI PIANI INDUSTRIALI E LE “FAKE TRUTH”, E IL CAMBIO DI STRATEGIA INIZIATO CON IL TENTATO ACCORDO CON RENAULT
Da “la Verità”
Per gentile concessione dell’autore, pubblichiamo un estratto di “Fca remain o exit?”, il nuovo libro di Riccardo Ruggeri (20 euro, 194 pagine). Il saggio è in tiratura limitata e non andrà nelle librerie. Gli abbonati a Zafferano news potranno acquistare il volume a metà prezzo scrivendo a distribuzione@grantorinolibri.it.
La crisi del 2008 aveva cominciato a colpire anche gli Stati Uniti, le tre Big dell' Auto (Gm, Ford, Chrysler) sono in ginocchio, Ford decide di salvarsi da sola, le altre chiedono aiuto allo Stato. Il presidente Barack Obama decide di «salvare» Gm (la parola autentica «nazionalizzazione mascherata» non si può usare, siamo nel Paese del liberismo più sfrenato, o no?) e di «vendere» Chrysler (peccato che sia di proprietà di Daimler, ma il presidente tutto può). La tedesca Daimler ha rischiato di fallire per l' avventura Chrysler, si sussurra che il giochino le sia costato 60 miliardi di dollari.
[...] Chrysler viene offerta a tutti i costruttori di auto del mondo, tutti la rifiutano. Perché? Arriva Sergio Marchionne, e in tempi rapidi l' operazione si chiude. Trovo subito curiosa questa operazione, sembra un gioco delle tre carte, eppure al tavolo verde c' è Barack Obama, appena eletto presidente, c' è la Fiat con Marchionne. Come può un' azienda giudicata «junk» da una primaria società di rating americana appena due mesi prima, acquistare, in America, la fallita Chrysler senza metterci del cash ma solo «carta», disegni e know how (presunto)?
Riflettendo con il Wall Street Journal è corretta la sintesi «Una nazionalizzazione mascherata seguita da una privatizzazione facilitata». Di norma chi compra, se ci mette quattrini veri, pretende il potere, il management, la sede del quartier generale, lo sviluppo prodotto, la cassa, gli investimenti, la difesa dei suoi stabilimenti nazionali. Altrimenti non avrebbe senso, chiosa il Wsj. Sacrosanto.
CACCIAVITI
Infatti è finita così, all' Italia sono rimasti tanti piani industriali ben infiocchettati e quattro stabilimenti non strategici (i cattivi dicono «cacciavite»), legati all' andamento del mercato italiano ed europeo. In America le small car di tecnologia verde italiana non si sono viste, perché al cliente americano non interessavano. Quello specchietto fu solo un modo per tranquillizzare un Obama a quel tempo in versione Greta.
L' America, grazie al genio del deal maker Marchionne, ha «salvato» anche Fiat, lasciando la proprietà formale a noi investitori, dando agli americani la governance effettiva (un' operazione Cuccia rovesciata). Così è finita, come doveva finire: Detroit è rimasta una delle capitali dell' auto mondiale, Torino è diventata una città della cultura. Quel che è certo, l' Italia non ha più un' industria dell' auto, è come la Spagna. Marchionne nel frattempo, procede con passo da bersagliere all' integrazione fra Fiat e Chrysler, negozia con durezza il «costo del lavoro» sia con l' amministrazione Usa che con i sindacati americani Uaw.
Ottiene grandi benefici sui costi, è evidente che la contropartita (sottesa) sarà: investimenti di prodotto su Jeep e Ram, investimenti sugli stabilimenti ma solo in quelli americani. Niente trippa per l' Italia. Non si può dire, ma sarà così, lo scopriremo presto.
[...] Il mercato americano si è ripreso, la crescita parte proprio dai modelli Suv e pick up penalizzati pesantemente durante la crisi e grazie alla loro elevata redditività, Chrysler comincia a cambiare segno. Di conseguenza, l' indebitamento entra in una fase di progressiva forte riduzione. C' è il problema dell' Europa, intesa come investimenti industriali e come sviluppo prodotti di nuova generazione: auto elettriche ibride e veicoli a guida autonoma.
Che fare? Marchionne ha un problema ancora
più grande: l' Italia. [...] Deve come ovvio confermare che il cervello e il cuore di Fca sarà l' Italia. Quindi, gli investimenti prioritari qua devono avvenire. Lui sa che non finirà così, perché è già tutto deciso, Fca sarà un' azienda americana. Allora ha un' idea, l' ennesima, al solito geniale.
Si muove su due piani, diversi ma complementari, necessari a realizzare il suo «disimpegno italico» (tagliare la corda e non pagare pegno). Si inventa una strategia prodotto-mercato suggestiva: uscire dalle auto medio-piccole per clienti poveri ed entrare nel ricco segmento premium per clienti di fascia alta. Il futuro ha i nomi di Alfa Romeo e di Maserati, due marchi prestigiosi. I «competenti» nostrani hanno orgasmi multipli nell' assistere in diretta al miracolo.
Nei miei Camei di allora battezzai questa strategia «ballon d' essai colorati», applicati a finti piani Industriali. Si apre un dibattito surreale sul costo del lavoro, sulle regole, sulle pause (sic!). C' è pure un consulente giapponese. Tutti si scatenano, le ideologie liberal-liberistiche e quella marxista si scontrano, tutti prendono posizione. In realtà è tutto finto, perché Fca non ha né i prodotti da produrre e né i quattrini per fare gli investimenti industriali relativi. Si crea così un milieu socio culturale ove la «meglio gioventù» dei salotti, dell' accademia, del sindacato, delle redazioni giornalistiche si scontreranno per lungo tempo sul nulla, perché in realtà si trattava di una gigantesca bolla di fake truth.
Quello di cui si dibatteva sarebbe stato fatto in America, era già tutto scritto nei patti parasociali ufficiali o segreti poco importa.
L' ESEMPIO DI AUDI
I «competenti» che facevano dotte discussioni sul segmento premium (suonava bene) non sapevano che era tecnicamente infattibile. Fca non era attrezzata per riprendere un percorso premium dal quale era uscita 30 anni prima. La mitica Audi ci aveva messo 20 anni (sic!) per entrare in tale segmento, pur essendo tedeschi e pur spendendo una montagna di quattrini, e avendo al vertice Ferdinand Piech.
[...] Che fare? Ovvio, affrontare il problema dal punto di vista comunicazionale, la sempreverde politica degli «annunci» torna pimpante e pagante in casi come questi. L' ispirazione? Il parallelo con gli «aerei di Mussolini» con cui il Duce gabbò persino Hitler.
Così, ogni anno un nuovo piano industriale, più aggressivo del precedente (uno degli obiettivi qualificanti erano le solite nuove 400.000 Alfa Romeo prodotte all' anno che avrebbero lanciato l' azienda al successo planetario).
Marco Cobianchi sui piani di Marchionne ci scrive un libro imperdibile, American Dream. Il più divertente di questi piani fu «Fabbrica Italia». Prevedeva un investimento di 20 miliardi di euro senza che ci fossero né i prodotti, né i clienti, né i 20 miliardi. Questa fake truth era talmente stravagante, al limite del ridicolo, che lo stesso Marchionne, due anni dopo, fece autocritica e chiese scusa. [...]
Tutti pendevano dalle labbra del prestigiatore Marchionne. I suoi adepti persero ogni capacità di separare il grano (la realtà) dal loglio (la fuffa, la bugia). Però sembravano felici, convinti di vivere e condizionare la storia.
IL DOMATORE
Un bel giorno del 2014, nell' auditorium Chrysler di Auburn Hill, il secondo edificio più grande d' America dopo il Pentagono, fu presentato il primo piano industriale di Fca. Riassumeva tutti i finti piani precedenti, ma questo doveva apparire quantomeno «veritiero», perché sarebbe stato presentato alla Borsa.
Per 11 ore e 18 minuti i manager di Fca si alternarono sul palco sotto la sapiente guida del «domatore» Marchionne, bombardando i presenti con parole, numeri, grafici, slide.
Una grande rappresentazione teatrale. Chapeau! In questo piano un obiettivo era chiaro: azzerare il debito con ogni mezzo. E azzeramento fu. [...] Sono intellettualmente soddisfatto di aver previsto in tempi lontani come sarebbe finita, ma in fondo per uno del mestiere non era poi così difficile.
Come investitore storico (2009) sono stato trattato con i guanti, mai investimento (seppur risibile) fu meglio ricompensato. Certo, come torinese e italiano sono invece profondamente depresso, anche se conosco la battuta che si fa in questi casi: «è il Ceo capitalism, bello mio!». Tutto chiaro, tutto bene, ma come investitore che fare? Remain o exit? [...] Ora sappiamo che Exor decise di puntare a un' alleanza Fca-Renault-Nissan per diventare il primo gruppo al mondo. Lo scenario strategico di riferimento ipotizzato da Marchionne veniva stravolto. Fonte: qui
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