Pensioni, Quota 100 per 315 mila lavoratori
La nuova forma di pensionamento anticipato viene introdotta«in via sperimentale, per il triennio 2019-2021» precisa l’articolo 14 del decreto. Durante questo periodo gli iscritti alle gestioni Inps possono conseguire il diritto alla pensione raggiungendo un’età di almeno 62 anni con 38 anni di contributi, definita «quota 100». Il requisito dell’età sarà adeguato agli incrementi della speranza di vita (il primo scatto ci sarà nel 2021). La scelta di andare in pensione con «quota 100» è volontaria. Il lavoratore, tra l’altro, dovrà valutare che andando in pensione prima rispetto ai normali requisiti, prenderà un assegno più leggero (anche se per più tempo) perché avrà versato meno contributi.
Inoltre, non potrà cumulare l’assegno con redditi da lavoro superiori a 5 mila euro l’anno, fino al raggiungimento dei 67 anni d’età. Secondo le stime del governo, la platea di lavoratori che nel 2019 potrebbe accedere a «quota 100» è di circa 315 mila, di cui 130 mila dipendenti pubblici.
Primi assegni dal mese di aprile
I dipendenti privati che hanno maturato i requisiti per «quota 100» (il discorso vale anche per chi ha più di 62 anni d’età e 38 di contributi, ma meno dei requisiti normali di pensione) entro il 31 dicembre 2018 potranno ricevere la pensione con decorrenza primo aprile. Per quelli che maturano i requisiti dal primo gennaio 2019 la decorrenza scatta dopo tre mesi. Per i dipendenti pubblici sono invece previsti tempi più lunghi. Quelli che maturano i requisiti entro il 31 marzo 2019, dice la norma, conseguono il diritto alla decorrenza della pensione dal primo luglio 2019. Quelli che li maturano dal primo aprile dovranno invece aspettare sei mesi. Inoltre, per i dipendenti pubblici che andranno via con «quota 100» è prevista una attesa di diversi anni prima di prendere la liquidazione, cioè l’indennità di fine servizio, ma è previsto che le amministrazioni stipulino convenzioni con le banche per «l’erogazione anticipata dell’indennità».
Sconto di due mesi sulle anticipate
Viene bloccato, a decorrere dal primo gennaio 2019, l’aumento di 5 mesi del requisito per la pensione anticipata scattato con l’adeguamento alla speranza di vita. In sostanza, si resta fermi ai 42 anni e 10 mesi di contributi (un anno in meno per le donne) sufficienti ad andare in pensione indipendentemente dall’età. Il decreto introduce però una «finestra» d’attesa di tre mesi tra la maturazione del requisito e la decorrenza della pensione, per cui di fatto lo sconto si riduce a due mesi. Abolito lo scatto di 5 mesi anche per i lavoratori «precoci» (quelli che hanno cominciato prima dei 18 anni), ma sempre con una «finestra» trimestrale. Potranno quindi andare in pensione dopo 41 anni e tre mesi di lavoro. Il decreto, inoltre, reintroduce l’«opzione donna». Potranno andare in pensione, ma con l’assegno calcolato col contributivo, le dipendenti nate entro il 1959 e le autonome entro il 1958 purché abbiano 35 anni di contributi. Ripristinata anche l’Ape sociale.
Uscita possibile a 59 anni di età
Per favorire il «ricambio generazionale» tra lavoratori anziani e giovani, si prevede che Fondi di solidarietà bilaterali costituiti da imprese e sindacati possano erogare un «assegno straordinario» ai lavoratori che raggiungano i requisiti per «quota 100» «nei successivi tre anni». Quindi, a partire dall’età di 59 anni con 35 di contributi. L’assegno di accompagnamento alla pensione potrà scattare solo in seguito ad accordi sindacali a livello aziendale o territoriale che prevedano «il numero di lavoratori da assumere in sostituzione» di quelli che lasceranno in anticipo il posto. Esso potrà inoltre essere erogato solo se l’azienda interessata avrà versato «agli stessi Fondi la relativa provvista finanziaria» necessaria al pagamento dei lavoratori in uscita. L’impresa, che dovrà farsi carico anche di continuare a versare i contributi previdenziali fino alla pensione di vecchiaia o anticipata, potrà però dedurre dal reddito gli oneri sostenuti.
Inps e Inail, tornano i cda
L’articolo 24 del decreto contiene la riforma della governance dell’Inps, l’ente che gestisce le pensioni e l’assistenza, e dell’Inail, l’Istituto per l’assicurazione sugli infortuni sul lavoro. Si dispone che, «senza comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica», nei due enti vengano ripristinati i consigli di amministrazione che erano stati aboliti molti anni fa. Saranno composti di 5 membri di nomina governativa compreso il presidente. Si passa quindi da una gestione accentrata nelle mani del presidente ad una collegiale. Dovrebbe uscire di scena il numero uno dell’Inps, Tito Boeri, il cui mandato tra l’altro scade nel prossimo mese di febbraio. E potrebbe uscire anche il presidente dell’Inail, Massimo De Felice, che invece da mandato resterebbe in carica fino alla metà del 2020. Ieri il ministero del Lavoro ha smentito che per accelerare i tempi verranno, nel frattempo, nominati due commissari. Si seguiranno, quindi, le procedure normali.
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Anche i nuclei familiari stranieri potranno beneficiare del reddito di cittadinanza. Smentite le parole del vicepremier Luigi Di Maio, il quale aveva promesso che il reddito sarebbe stato destinato ai soli italiani, norma impossibile da applicare a causa della legislazione Ue: secondo l’ultima bozza del decreto sono compresi anche gli stranieri che devono però essere residenti da almeno dieci anni. Un periodo particolarmente lungo - da applicare anche agli italiani e ai comunitari - che equivale peraltro al tempo necessario per chiedere la cittadinanza. Ma Di Maio insiste: «Il reddito è stato concepito per gli italiani». La misura è comunque frutto dell’accordo tra i Cinque Stelle e la Lega, a meno di cambi dell’ultimo minuto: il Carroccio ha spinto per alzare il più possibile l’asticella (inizialmente era a 5 anni, 260 mila nuclei) e impedire di spendere l’aiuto in favore di stranieri.
Nella bozza di decreto si prevede un aiuto economico da un minimo di 500 euro al single fino a 1.330 per i nuclei più corposi. La somma si compone di due parti: una che varia in base al numero di componenti, mentre l’altra è fissa a 280 euro e vale solo per chi è in affitto. Le domande per accedere al reddito potranno essere inviate da marzo all’Inps, poi da aprile dovrebbe venire consegnata una carta con l’aiuto economico, che dura 18 mesi. Saranno coinvolte 4,6 milioni di persone e 1,4 milioni di nuclei familiari. Sono 6,5 i miliardi di euro di spesa per il primo anno. L’aiuto medio sarà di 498 euro, ma potrebbe anche scendere nel caso in cui le domande fossero superiori alle previsioni (la clausola di salvaguardia).
I requisiti
Per ricevere il reddito bisogna avere determinati requisiti, che sono particolarmente stringenti: essere cittadini italiani, comunitari o stranieri con permesso di soggiorno e tutti devono essere residenti in Italia da almeno dieci anni. Ci sono poi requisiti di reddito e patrimoniali, a partire dall’Isee sotto ai 9.360 euro e da un patrimonio immobiliare non superiore a 30 mila.
Obblighi e sanzioni
Chi riceve l’aiuto ha poi l’obbligo di sottoscrivere un «patto per il lavoro» nei centri per l’impiego e accettare almeno una di tre offerte che dovrebbe ricevere, altrimenti si perde l’assegno. La prima offerta dovrebbe arrivare entro 6 mesi e a 100 km dal luogo di residenza, entro 250 km entro 12 mesi e in tutta Italia dopo un anno. Se viene prorogato il reddito per altri 18 mesi bisognerà accettare l’offerta ovunque. L’aiuto ricevuto potrà essere speso per acquistare qualunque bene, tranne che per il gioco d’azzardo. Si potranno anche ritirare soldi liquidi, per un massimo di 100 euro.
Incentivi alle imprese
Il decreto prevede inoltre degli incentivi per chi assume i titolari del reddito - come chiesto a gran voce dalla Lega - a patto che il contratto sia a tempo indeterminato. L’azienda incasserà le mensilità rimanenti fino a un massimo di 18. Se invece l’assunzione non arriva per mezzo dei centri per l’impiego ma per un’agenzia privata il bonus va diviso tra azienda e agenzia. Le agevolazioni valgono solo se il datore aumenta il numero di dipendenti, così da evitare comportamenti scorretti.
Le sanzioni
Inoltre chi dovesse fornire dati non veri, «incluso l’occultamento di redditi o patrimoni» è punito con la reclusione da uno a sei anni. In altri casi è prevista la decurtazione o la decadenza dell’aiuto.
Pensioni di cittadinanza
Nel decreto ci sono anche le pensioni di cittadinanza per i nuclei familiari composti esclusivamente da persone che hanno più di 65 anni in condizione di povertà. Per accedere alla misura bisognerà avere un reddito familiare inferiore a 7.560 euro annui. Questa pensione sarà comunque integrativa rispetto ai redditi della famiglia.
Fonte: qui
Reddito di cittadinanza: i dettagli e i requisiti per chiederlo. La videoscheda (Corriere Tv)
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