La Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI) calcola che il debito nei settori non finanziari sia aumentato di 71.000 miliardi di dollari dal primo trimestre del 2007 ad oggi, con il debito privato a fare da traino con i suoi 40.000 miliardi di dollari e il debito pubblico con 31.000 miliardi di dollari.
Il rapporto debito-PIL è salito fino quasi al 250%, in aumento dal 210% circa dall'inizio del periodo.
Ma anche in queste tendenze non e' vero che tutto il mondo e' paese, la Germania ad esempio ha ridotto la quantita' totale di leva finanziaria nell'ultimo decennio mentre la Cina, il Canada, la Francia e Singapore, solo per citarne alcuni, la hanno aumentata notevolmente.
La locomotiva cinese inizia a rallentare e il governo è pronto a ridurre le pressioni al ribasso sulla crescita facendo ricorso ad un maxi pacchetto di stimolo. Del resto la strada e' quasi obbligata, senza un robusto programma di stimoli l'espansione cinese rischia di scendere molto al di sotto della soglia minima desiderata del 6%.
Senza interventi il Pil potrebbe scendere, non nel 2019 ma in un periodo non troppo lontano, fino a rialzi di appena il 2%. Tante le variabili sulle quali agire, le vendite in calo di autoveicoli (nel 2018 le vendite di auto sono scese per la prima volta dal 1990), il calo dell'export e dell'import, la debolezza del mercato azionario.
La combinazione di tutti questi elementi, con l'incognita aggiuntiva del risultato della "guerra dei dazi" con Trump, puo' fare precipitare il paese in crisi, a meno della adozione di un robusto programma di stimoli che pero' farebbe aumentare i timori sull'eccesso di indebitamento nel paese.
La pioggia di liquidita' favorisce la crescita del debito, la People Bank of China, l'istituto centrale del Paese, immette nuova liquidita' nel sistema bancario per tenere sotto controllo il rallentamento dell'economia in modo che le banche abbiano piu' soldi da prestare, ma il debito continua ad aumentare.
Il debito totale cinese, pubblico e privato, ha superato il 260% del Pil, il solo mercato obbligazionario e' di 12 trilioni di dollari, il terzo al mondo per dimensione.
Nei primi sei mesi dello scorso anno ci sono stati default su un volume totale di obbligazioni di 16,5 miliardi di yuan, circa 2,5 miliardi di dollari, l'intero 2018 potrebbe essere archiviato superando il record negativo del 2016 di 20,7 miliardi di dollari di default.
I debiti delle famiglie negli ultimi dieci anni sono cresciuti dal 18% al 49% del Pil.
Il timore che questa leva finanziaria elevata, la Cina rappresenta ovviamente solo una parte del fenomeno, possa essere la causa della prossima crisi e' elevato. La bolla era pronta per scoppiare con gli aumenti dei tassi promessi dalla Fed per il 2019, e le borse infatti a dicembre avevano fiutato l'aria, poi la banca centrale Usa ha fatto una parziale marcia indietro, ma le probabilita' che i tassi sui fed fund salgano un altro paio di volte nel 2019 non sono del tutto cancellate.
L'enorme mole di non performing loans con i quali si sono dovute confrontare le banche italiane, e con i quali devono fare i conti anche adesso (mai come in questi giorni, dopo la lettera della Bce a Banca Mps, la questione si e' dimostrata una ferita ancora aperta del sistema) non e' solo un problema di casa nostra.
Il debito privato in Italia e' al 41,3% circa del Pil, ma quello tedesco e' quasi al 53%, quello inglese all'86%, quello canadese al 100%.
A livello globale i debiti hanno raggiunto i 184mila miliardi di dollari, il 225% del Pil mondiale. Le tre nazioni piu' indebitate sono Stati Uniti (debito privati al 77/78% del Pil), Cina e Giappone (debito pubblico al 240% circa del Pil) che da sole fanno la meta' circa del totale.
In un contesto di tassi di interesse crescenti (tutte le cose belle finiscono, anche il denaro a costo zero o addirittura negativo) il rischio che i "bad debts" aumentino e' realistico.
Nella migliore delle ipotesi, se il rialzo dei tassi e' graduale, si assiste ad un calo controllato dei consumi e quindi dei profitti delle aziende, l'economia prosegue lungo la curva discendente del ciclo economico in attesa che si creino le condizioni per una nuova ripresa.
Se invece i tassi salgono rapidamente, come avevano iniziato a fare nel 2018 (la rottura della soglia del 3% dei rendimenti dei decennali Usa e' storia recente), la "bolla" puo' scoppiare.
Bisogna poi fare attenzione ad un elemento importante, le banche centrali controllano i tassi a breve ma quelli a piu' lunga scadenza li fa il mercato, e i tassi di prestito non sono necessariamente legati a quelli a breve. Un loro aumento comporta un calo dei redditi disponibili, piu' interessi da pagare, meno soldi da spendere, e in molte situazioni, lo abbiamo gia' visto molte volte in passato, l'impossibilita' di ripagare il debito.
E la montagna di crediti deteriorati a quel punto, invece di scendere, tornerebbe a salire. E inizierebbe allora il circolo vizioso di tutte le recessioni, le banche prestano meno soldi dal momento che devono fare fronte alle perdite, la diminuzione di credito rallenta la crescita economica, i consumi calano, le aziende in difficolta' chiudono, le banche riducono ulteriormente il credito...
(AM - www.ftaonline.com)
Fonte: News Trend Online
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