La Corea del Nord torna a minacciare i mercati. Quali sono state le conseguenze del test nucleare e cosa c’è davvero in ballo?
La Corea del Nord non smette di minacciare e questo non soltanto dal punto di vista politico-istituzionale, ma anche da quello economico.
I mercati, infatti, hanno immediatamente reagito al test atomico compiuto da Pyongyang e hanno portato a chiedersi quali potrebbero essere le conseguenze di una guerra, di uno scontro insomma tra la Corea del Nord e il resto del mondo, Stati Uniti compresi.
Alcuni Paesi potrebbero risentire più di altri di una crisi in Corea del Nord, mentre alcuni asset potrebbero essere appesantiti dallo scoppio di un conflitto nell’area; il petrolio, ad esempio, potrebbe risentirne in maniera maggiore.
Quanto sono serie le minacce dalla Corea del Nord, ma soprattutto quali le conseguenze sull’economia e sui mercati globali?
La reazione dei mercati al test atomico
Come era prevedibile, i mercati hanno reagito immediatamente all’ultimo test atomico compiuto dalla Corea del Nord. L’oro e lo yen hanno guadagnato terreno, mentre l’azionario asiatico è crollato: sono state queste le conseguenze dell’improvviso test di Pyongyang, ma andiamo per ordine.
Il prezzo dell’oro ha particolarmente risentito della minaccia ed ha intrapreso una via rialzista che lo ha portato verso quota 1.336 dollari l’oncia, il tutto contro i $1.301 di giovedì scorso. La Corea del Nord ha messo in guardia i mercati e, come sempre accade in casi di estrema incertezza e instabilità, gli investitori hanno iniziato a gettarsi sugli asset rifugio.
La conseguenza? Il prezzo dell’oro è cresciuto ancora, ma il metallo giallo non è stato l’unico asset a risentire della minaccia asiatica.
(Prezzo dell’oro: grafico di breve)
A far parlare di sé dopo il test nucleare è stata la valuta rifugio per eccellenza: lo yen giapponese. Il rafforzamento della divisa nipponica ha portato il cambio con il dollaro USA a perdere ampio terreno e a sprofondare da quota 110 di giovedì a quota 109,51. Anche nel momento in cui si scrive il cross USD/JPY sta scambiando in perdita di 0,65 punti percentuali (aggiornamento ore 08:10).
(Cambio USD/JPY: grafico di breve)
Il rinnovato appetito degli investitori nei confronti degli asset rifugio ha avuto però un rovescio della medaglia: l’abbandono dell’azionario, tradizionalmente più rischioso rispetto allo yen e all’oro.
L’indice MSCI Asia Pacific è crollato in modo evidente, esattamente come era accaduto a inizio agosto in seguito ai commenti di “fuoco e furia” da parte di Donald Trump. Le maggiori conseguenze del test compiuto dalla Corea del Nord sono state osservate a Tokyo e a Seul, mentre nel resto dell’area la reazione è stata più contenuta.
Al momento della scrittura il Nikkei ha chiuso con un ribasso di 0,96 punti percentuali, l’S&P/ASX 200 a -0,39%, il DJ New Zealand a -0,21%, mentre lo Shanghai sta recuperando a +0,16%, e l’Hang Seng continua a scambiare a -0,84%.
Cosa aspettarsi in caso di scontro
Alla luce delle immediate conseguenze del test sui mercati internazionali viene da chiedersi cosa ci sarebbe in ballo in caso di un vero e proprio conflitto armato tra Corea del Nord e resto del mondo.
Innanzitutto un’azione militare contro Pyongyang potrebbe mettere a rischio più di metà della produzione di petrolio cinese. A lanciare l’avvertimento è stato il consulente energetico Wood Mackenzie.
Uno scontro con la Corea del Nord potrebbe mettere a rischio i flussi con la Corea del Sud, con il Giappone e con la Cina che insieme rappresentano il 34% del commercio marittimo globale di petrolio. In altre parole, secondo le prime stime, l’intero mercato energetico potrebbe risentire di un conflitto in Corea del Nord.
A far preoccupare i mercati non è soltanto il mercato del greggio, ma anche l’atteggiamento degli Stati Uniti. Sembra infatti che Donald Trump stia considerando l’idea di un embargo contro tutti quei Paesi che fanno affari con la Corea del Nord.
Le conseguenze di uno scontro militare potrebbero riversarsi dunque sull’India, sulla Russia, sul Pakistan e sulla già citata Cina. Nel 2015 il Dragone ha rappresentato l’85% del commercio nordcoreano secondo i dati forniti dal database Comtrade.
La Cina, l’India e il Pakistan sono le destinazioni principali dell’export di Pyongyang mentre ancora la Cina, l’India e la Russia sono i principali importatori di beni nordcoreani.
In ballo, insomma, non c’è soltanto il mercato del petrolio. A preoccupare i mercati, oggi, è proprio l’eccessiva esposizione di grandi economie (Cina in primis) al commercio con Pyongyang.
In caso di scontro con la Corea del Nord tali Paesi potrebbero trovarsi economicamente danneggiati e ancora una volta le conseguenze potrebbero riversarsi sui mercati globali. La corsa ai beni rifugio è appena cominciata?
Fonte: qui
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