In fondo, c’è da restare ammutoliti per l’ammirazione, come davanti a un fenomeno naturale grandioso, che so, un’aurora boreale, una eclisse di Sole. Invece il fenomeno non è naturale, ma politico: un colossale scandalo sta cominciando a travolgere Obama e i suoi collaboratori (dovremo chiamarli complici) più vicini; rischia di finire in processi penali; e di far sembrare lo scandalo Watergate una marachella da boy scouts – e i media, i politici europei, le corrispondenti dagli Usa (tipo Botteri) fanno finta di non accorgersene. Lo scandalo si ingrossa come una valanga sotto i loro occhi, cola a picco Susan Rice la capa del consiglio di Sicurezza Nazionale, sputtana la sua (ex) ministra della giustizia Loretta Lynch, impallina il capo della Cia da lui voluto John Brennan, e tutti i media e le tv sono piene di notizie come: il capo della agenzia di mercenari Blackwater andò alle Seychelles a parlare con un esponente russo per stabilire rapporti segreti fra Trump e Putin.. Putin è un agente russo dormiente. Assad ha di nuovo gassato i bambini siriani! Occupatevi di questo!
Lo scandalo è un prolungamento e un ampliamento (a macchia d’olio) di quello che il vostro cronista già vi rese noto il 23 marzo, sotto il titolo:
FBI NASCONDE LE PROVE CHE OBAMA HA SPIATO TRUMP. ECCOLE
Era la rivelazione, portata davanti al capo della Commissione intelligence alla Camera Drevin Nunes, che agenzie di spionaggio avevano spiato i membri della campagna elettorale di Trump, e quasi certamente Trump stesso, per conto di Obama – “incidentalmente”, si disse.
Invece, scrive ora il sito politico di Washington Circa.com , “via via che la sua presidenza giungeva al termine, Obama e i suoi principali aiutanti si sono messi a leggere sistematicamente i rapporti di intelligence spigolati dalla National Security Intelligence, riguardanti intercettazioni incidentali di americani all’estero”, come si vedrà con lo scopo di scoprire qualcosa di compromettente su Trump e i suoi, e “approfittando del rilassamento delle norme che Obama il loro capo ha allargato nel 2011 come aiuto alla lotta al terrorismo”.
Spieghiamo in cosa consista questo rilassamento. Quando un alto funzionario Usa, fosse anche il presidente o la sua consigliera della Sicurezza Nazionale, chiedono di compulsare un rapporto della NSA (o Cia o Fbi) che riguarda intercettazioni di cittadini americani, la NSA (o le altre agenzie) devono fornire il testo, ma i nomi dei cittadini “ascoltati incidentalmente” devono essere prima oscurati con un pesante tratto di pennarello nero; e allo stesso modo, frasi “private” che non interessano inchieste, vanno cancellate.
Nel gergo, questo si chiama “masquerading”. Ebbene: Obama ha dato a sé e ai suoi il potere di “de-mascherare” (unmask) i nomi e le frasi, a suo piacimento, con la scusa della “sicurezza nazionale”. Se lo richiede lui o uno dei suoi collaboratori, FBI, NSA, e CIA devono fornire il testo delle intercettazioni con il nome in chiaro dell’intercettato, e tutte le frasi che ha scambiato durante le telefonate.
Di fatto, i collaboratori di Obama hanno approfittato di questo potere a più non posso contro il gruppo impegnato nella campagna elettorale di Trump e i suoi collaboratori più intimi – probabilmente anche per trovare qualche cosa di scottante da servire alla narrativa “Trump agente di Putin”.
Il 3 marzo, un giornalista freelance molto capace, Mike Cernovich, scopre – e rivela – che Susan Rice, la consigliera di Sicurezza Nazionale (una delle “arpie di Obama”, dice Dedefensa) è la personalità che ha chiesto più volte il “de-mascheraggio” dei nomi di persona intercettati “accidentalmente” nella equipe di Trump, diffondendo poi le informazioni “ad altre persone interessate”, sicuramente (è sottinteso) il presidente Obama.
Susan Rice non può negare o smentire. Per il semplice motivo che l’ufficio protocollo della Casa Bianca tiene e conserva un registro di tutte le richieste di vedere documenti dell’intelligence; la persona che ne chiede il “de-mascheramento” deve firmare l’apposito registro. E questo registro è ora nelle mani del generale McMaster, quello che ha sostituito lo sciagurato Flynn come capo della Sicurezza Nazionale a fianco di Trump. E’ palesemente lui – ritenuto un uomo del Deep State – che deve aver avvertito Trump ed anche Cernovich.
Gli altri nomi che appaiono nel registro della Casa Bianca, che hanno chiesto di curiosare sul gruppo Trump “incidentalmente intercettato” sono Loretta Lynch, nientemeno che l’attorney general di Obama, e il capo della Cia Brennan. Anzi, la Rice ha tenuto un dettagliato schema delle telefonate intercettate, su foglio elettronico.
La reazione dei “grandi” media alle compromettenti rivelazioni di Cernovich sono state fenomenali: hanno immediatamente bollato Cernovich come un diffusore notorio di “fake news” (così la trasmissione 60 Minutes), un anchorman della CNN, Dan Lemon, nel notiziario della sera, ha invitato pubblicamente gli spettatori a “ignorare” la notizia, con queste parole: “In questo programma, noi non insulteremo la vostra intelligenza riportando un “fake scandal” confezionato da media di estrema destra e da Trump, né ci faremo complici di gente che tenta di disinformarvi, voi popolo americano, creando una diversione”.
Per nulla intimidito, Cernovich ha rivelato che la notizia data da lui la sapevano anche Maggie Haberman una giornalista del New York Times e uno di Bloomberg Eli Lake. Ma “Maggie Haberman ha scelto di non dare la notizia, e non la dà almeno da 48 ore, per proteggere la reputazione dell’ex presidente Obama”. Il mattino dopo Eli Lake ha dovuto confermare la notizia che incastra Susan Rice su Bloomberg: e su Bloomberg è diventata mainstream, non si può più far finta di niente; la fake news è ormai notizia vera e compromettente.
Dunque Trump aveva ragione nel suo tweet del 4 marzo, per il quale è stato rabbiosamente aggredito da tutti i media e i politici, anche europei: Obama aveva messo sotto ascolto i suoi telefoni. Lo aveva saputo dal generale McMaster.
Adesso si apprende che le conversazioni telefoniche di cui la Rice ha voluto le trascrizioni senza le cancellazioni hanno riguardato anche “contatti diretti del “transition team” di Trump con personale straniero […] che contenevano informazioni utilizzabili politicamente , come chi il transition team stava incontrando, le valutazioni degli uomini di Trump riguardo alla politica estera e i progetti della nuova amministrazione”. Oggi il Wall Street Journal aggiunge: è da questi rapporti che il gruppo Obama ha saputo della conversazione del generale Flynn con l’ambasciata russa, fatto (non-reato) su cui i media hanno inscenato lo scandalo che ha costretto Flynn alle dimissioni.
Noi italiani siamo così abituati alle intercettazioni “legali” delle procure che poi finiscono sui giornali per distruggere innocenti e fare carcerazioni preventive, da non renderci conto della gravità della cosa. In Usa, questo uso indebito di informazioni di intelligence e la loro diffusione ad altri, può costare 10 anni di galera alla Rice.
“Obama ha creato una Stasi”
Ma lo scandalo politico è ancora più devastante per Obama e i suoi boys. Ricordiamo che il presidente Nixon dovette dimettersi nella vergogna per aver mandato alcuni dei suoi boys nelle stanze del Comitato nazionale democratico (gli avversari) a piazzarci delle microspie telefoniche. Qui siamo allo scandalo Watergate all’ennesima potenza, tanto più che si sa che Obama (o almeno la Rice,) hanno fatto questo spionaggio sull’avversario politico e il suo gruppo per almeno un anno. Peggio, scrive Paul Craig Roberts, si rivela qui un Obama Stasi-Gate: Obama aveva instaurato un sistema di ascolto delle “vite degli altri” sul modello della Stati, la polizia politica della Germania comunista. La ricerca di elementi per inscenare il Russia-Gate contro Trump s’è tramutata in boomerang, diventando lo Spy-gate di Obama, ha scritto il blogger Justin Raimondo, di Antiwar-com. “Boiled Rice” ironizza Drudgereport, con un doppio senso sul nome: la Rice è bollita.
La grossa differenza è che qui non si vedono all’orizzonte i Bob Woodward e Carl Bernstein, i celebrati giornalisti che montarono lo scandalo Watergate per il Washington Post. Qui, al contrario, Washingon Post e New York Times svalutano, dicono che si tratta di un falso scandalo, una piccolezza, “una diversione” su quello vero, la dipendenza di Trump da Putin…
Più grave, nessun giudice apre un’inchiesta. Ancor peggio: nel Congresso, a maggioranza repubblicana, si cerca di far finta di niente. Ormai da giorni, nella speranza che la cosa muoia da sé.
Unica eccezione: il senatore Rand Paul (il figlio di Ron Paul) ha chiesto che Susan Rice sia convocata alla Commissione Intelligence del Senato per testimoniare sotto giuramento sulle sue richieste di “de-mascherare” le identità degli americani intimi del presidente Trump. Le si deve chiedere: il presidente Obama le ha chiesto di farlo? Sotto giuramento, le deve essere chiesto: è stata lei a rivelare [le conversazioni di Flynn] al Washington Post?”.
La Rice, terrorizzata, ha spergiurato in una intervista tv alla MSNC che “io non ho detto niente a nessuno”. Ripeterà la cosa sotto giuramento? Quella che Rand Paul chiede, è l’inizio della procedura che può portare alle incriminazioni dei più alti personaggi dell’amministrazione Obama, e rivelare la “Stasi” che aveva creato.
Per intanto, è stata la Commissione Intelligence della Camera a chiedere ufficialmente a Susan Rice di deporre. Il capo della commissione, Devin Nunes, repubblicano, mezza tacca politica, ha smesso di lasciarsi intimidire, o è passato dalla parte del suo presidente?
Fatto sta che la procedura è iniziata. Anche se la Botteri (sempre sulla notizia, vero? 200 mila annui duramente guadagnati), non se n’è ancora accorta. E ormai sarà difficile bloccarla e insabbiarla, la procedura, dal momento che esistono documenti incriminanti ufficiali e sono coinvolte norme giuridiche imperative e tassative … se la cosa morisse nel nulla, sarebbe un altro fenomeno da guardare a bocca aperta per l’ammirazione – e la prova che lo stato-Stasi è più forte che mai.
Si ha la netta impressione che proprio perché è con le spalle al muro, e palesemente terrorizzato di perdere il potere, che il Deep State (che esiste anche qui, nell’altra sponda dell’Atlantico, vedi Mogherini-Tusk e Juncker e NATO) abbia strillato con metodo concertato per accusare Putin ed Assad senza prove del delitto di uso del sarin in Siria (un delitto di cui pare avesse conoscenza previa),e stia provando ad aggravare la crisi medio-orientale. Solo una guerra può salvarlo. Uno stato di guerra, per esempio, bloccherebbe le elezioni e farebbe restare al potere Francois Hollande, Merkel e Mogherini avrebbero tutti i prolungamenti dei mandati che occorrono. Finché c’è guerra c’è speranza,come diceva Alberto Sordi.
Fonte: qui
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