Il fondatore Sandro era comunista, come i Marchini. Il figlio Luca: macché palazzinari, sviluppiamo progetti.
Ma gran parte dei beni del gruppo sono ormai in mano a Unicredit
Ma gran parte dei beni del gruppo sono ormai in mano a Unicredit
Il padre era il grande vecchio Sandro, ex stagnaro e comunista, che si era fatto le ossa nel dopoguerra costruendo palazzine nel mare sterminato della periferia. Il figlio è il pargolo d'oro, Luca, cresciuto a pane e mattone, ad dell'impero di famiglia. E ora sono un po' come i Marchini, i nuovi “calce e martello”. Simpatie “rosse” e grandi affari nello scenario della Roma del primo e del secondo millennio. Il loro nome - Parnasi - sale sul proscenio dell'affaire nuovo stadio della Roma. Con un'altra storia che intreccia affari e politica.
Sandro, nel mondo dei re del mattone all'ombra del Cupolone, lo ricordano tutti. E' scomparso lo scorso anno, lasciando vuota dopo una vita la sua stanza nel quartier generale di Parsitalia di via Tevere. Bassino, capelli candidi, voce roca, un rullo compressore. Che, prima da solo e poi con Luca alla sua destra, ha conquistato mezza Roma. A suon di mattoni, s'intende. Per dirne qualcuna, chi non vede correndo sulla Colombo verso il mare il colosso di Euroma 2, il mega centro commerciale, e poi accanto le due mastodontiche torri dell’Eur, i “grattacieli” disegnati dal mago architetto Purini? Certo, perché una delle armi affilate dei Parnasi, father and son, è stata proprio quella delle grandi firme. A cominciare dall'Eur per finire alle Torri del nuovo stadio, opera della matita dell'archistar Libeskind e adesso al centro dell'ok korral con il coriaceo urbanista anti-cemento Berdini.
Ma torniamo all'impero. Le case a Marino, l'altro centro commerciale di Pescaccio, gli appartamenti nell'ex rimessa Atac a Tiburtina, con Bnl-Paribas. Poi Serpentara, Torrino, Tor Vergata, Porta di Roma. E pensare che papà Sandro i due colpi li aveva fatti comprando all'asta pezzi da novanta, come Sogene e Generali immobiliare che erano state di Michele Sindona, e, dal fallimento del catanese Graci, proprio i terreni delle attuali torri dell'Eur.
E adesso? Luca, quarant'anni, sportivo, maniaco dell'understatement, sposato con la bellissima Christiane Filangieri, attrice di fiction, lui che se pronunci la parola “palazzinaro” diventa una belva, si ritrova, con il suo Colosseo giallorosso, al centro della bagarre e sotto i riflettori. “Sono uno sviluppatore” dice spesso. Di progetti, s'intende. E di alleanze strategiche. Non erano presenti con papà Sandro alle iniziative elettorali del sindaco Marino? E non hanno partecipato negli anni scorsi al tentativo di rinascita dello storico “Paese Sera”?
Anche perché il rivale di sempre, l'imperatore dei re del mattone Francesco Gaetano Caltagirone, che lo vede come il fumo negli occhi, dalle pagine dei suoi giornali attacca ad alzo zero. Luca vende alla fine del 2012 per 263 milioni uno dei suoi grattacieli dell'Eur per farlo diventare la nuova sede della Provincia? Le polemiche infiammano per mesi le giornate romane. Per non parlare dell'avventura dello stadio della Roma. Romanista? Lo è da sempre, da quando abitava al Fleming vicino a casa di Roberto Pruzzo, dai giorni in cui l'amico pescatore di Fiumicino Teseo gli parlava della “magica”, anche se, racconta “i miei zii sono tutti laziali”.
Ma negli ultimi tempi, oltre alla scommessa che traballa sullo stadio, oltre che all'inchiesta giudiziaria aperta sull'acquisto dei terreni di Tor Di Valle da da una società poi fallita, ha dovuto pensare soprattutto ai debiti. Consegnando alla fine gran parte dei suoi beni al primo creditore: Unicredit, cedendo a Capital Dev (di cui Unicredit detiene la totalità delle azioni) le sue partecipazioni immobiliari, dalla Parsec alla Samar, proprietaria di terreni al Fleming a Cave Nuove, titolare di un progetto di sviluppo del Pescaccio che può raggiungere i 245mila metri quadrati. Tutti diritti edificatori che saranno messi in vendita da Unicredit per rientrare della spaventosa esposizione del gruppo Parnasi: 700 milioni di euro.
Sandro, nel mondo dei re del mattone all'ombra del Cupolone, lo ricordano tutti. E' scomparso lo scorso anno, lasciando vuota dopo una vita la sua stanza nel quartier generale di Parsitalia di via Tevere. Bassino, capelli candidi, voce roca, un rullo compressore. Che, prima da solo e poi con Luca alla sua destra, ha conquistato mezza Roma. A suon di mattoni, s'intende. Per dirne qualcuna, chi non vede correndo sulla Colombo verso il mare il colosso di Euroma 2, il mega centro commerciale, e poi accanto le due mastodontiche torri dell’Eur, i “grattacieli” disegnati dal mago architetto Purini? Certo, perché una delle armi affilate dei Parnasi, father and son, è stata proprio quella delle grandi firme. A cominciare dall'Eur per finire alle Torri del nuovo stadio, opera della matita dell'archistar Libeskind e adesso al centro dell'ok korral con il coriaceo urbanista anti-cemento Berdini.
Ma torniamo all'impero. Le case a Marino, l'altro centro commerciale di Pescaccio, gli appartamenti nell'ex rimessa Atac a Tiburtina, con Bnl-Paribas. Poi Serpentara, Torrino, Tor Vergata, Porta di Roma. E pensare che papà Sandro i due colpi li aveva fatti comprando all'asta pezzi da novanta, come Sogene e Generali immobiliare che erano state di Michele Sindona, e, dal fallimento del catanese Graci, proprio i terreni delle attuali torri dell'Eur.
E adesso? Luca, quarant'anni, sportivo, maniaco dell'understatement, sposato con la bellissima Christiane Filangieri, attrice di fiction, lui che se pronunci la parola “palazzinaro” diventa una belva, si ritrova, con il suo Colosseo giallorosso, al centro della bagarre e sotto i riflettori. “Sono uno sviluppatore” dice spesso. Di progetti, s'intende. E di alleanze strategiche. Non erano presenti con papà Sandro alle iniziative elettorali del sindaco Marino? E non hanno partecipato negli anni scorsi al tentativo di rinascita dello storico “Paese Sera”?
Anche perché il rivale di sempre, l'imperatore dei re del mattone Francesco Gaetano Caltagirone, che lo vede come il fumo negli occhi, dalle pagine dei suoi giornali attacca ad alzo zero. Luca vende alla fine del 2012 per 263 milioni uno dei suoi grattacieli dell'Eur per farlo diventare la nuova sede della Provincia? Le polemiche infiammano per mesi le giornate romane. Per non parlare dell'avventura dello stadio della Roma. Romanista? Lo è da sempre, da quando abitava al Fleming vicino a casa di Roberto Pruzzo, dai giorni in cui l'amico pescatore di Fiumicino Teseo gli parlava della “magica”, anche se, racconta “i miei zii sono tutti laziali”.
Ma negli ultimi tempi, oltre alla scommessa che traballa sullo stadio, oltre che all'inchiesta giudiziaria aperta sull'acquisto dei terreni di Tor Di Valle da da una società poi fallita, ha dovuto pensare soprattutto ai debiti. Consegnando alla fine gran parte dei suoi beni al primo creditore: Unicredit, cedendo a Capital Dev (di cui Unicredit detiene la totalità delle azioni) le sue partecipazioni immobiliari, dalla Parsec alla Samar, proprietaria di terreni al Fleming a Cave Nuove, titolare di un progetto di sviluppo del Pescaccio che può raggiungere i 245mila metri quadrati. Tutti diritti edificatori che saranno messi in vendita da Unicredit per rientrare della spaventosa esposizione del gruppo Parnasi: 700 milioni di euro.
Per questo il pargolo d'oro cresciuto nei cantieri non molla. L'affare stadio, per il quale si è alleato anche con il colosso Pizzarotti, non lo può perdere.
Fonte: qui
#SALUTAMESTOSTADIO! DOPO LA RIVOLTA DELLA BASE E DEL GRUPPO M5S IN COMUNE LA RAGGI SI PREPARA AD AZZERARE IL PROGETTO DELLO STADIO DELLA ROMA: “TUTTO DA RIFARE”
L’OBIETTIVO È UN DOCUMENTO PER CHIEDERE A PALLOTTA E SOCI UN NUOVO PIANO CHE PREVEDA UN TAGLIO NETTO DI CUBATURE
Simone Canettieri Mauro Evangelisti per il Messaggero
L' operazione azzeramento prende forma: in Comune è sempre più forte l' idea di ritirare la delibera sulla pubblica utilità dello stadio di Tor di Valle. A quel punto il progetto e l' iter amministrativo sarebbero tutto da rifare. «Lunedì - spiegano fonti parlamentari del M5S - potrebbe esserci il colpo di scena: il ritiro dell' atto».
L' indiscrezione non è confermata dal Comune, ma sono in corso virate a U. Se martedì la sindaca Raggi sembrava vicino all' intesa con i proponenti del maxi intervento dello stadio di Tor di Valle, ora il vento è cambiato. E in Campidoglio, di fronte alla rivolta non solo della base e dei consiglieri regionali pentastellati, ma anche del gruppo M5S in Comune, si prepara il colpo di scena.
A suon di pareri legali. L' obiettivo: annullare la delibera 132, varata dell' amministrazione Marino a dicembre del 2014, ed esigere dai proponenti la presentazione di un nuovo progetto, che tagli drasticamente le cubature (ora 1 milione di metri) per ricondurle dentro al Piano regolatore.
Per questo negli ultimi mesi si sono susseguite tre differenti richieste all' Avvocatura del Comune per capire se in caso di annullamento della delibera davvero i consiglieri comunali rischierebbero di dovere pagare il danno economico a Eurnova e Parsitalia, le società che si occupano del maxi progetto edilizio. Bene, proprio in queste ore è stato completato il terzo parere, che rassicurerebbe la maggioranza M5S. Dunque, l' exit strategy è pronta: annullamento della delibera, ai proponenti si chiederà di presentare un nuovo progetto che riveda drasticamente al ribasso le cubature senza variante al Piano regolatore.
Ben oltre quel taglio di circa il 20 per cento che era stato ipotizzato martedì quello che aveva causato la reazione stizzita di Paolo Berdini, che aveva formalizzato le dimissioni. Perché sono tre i pareri? C' era già stato una richiesta, nelle settimane scorse, che comunque metteva in guardia di fronte al possibile risarcimento del danno per le spese di progettazione ai privati.
Non solo: il 13 febbraio, proprio la sera prima delle dimissioni, a sorpresa Berdini aveva inviato una seconda richiesta all' Avvocatura del Comune in cui puntava il dito sul fatto che la legge sugli stadi richiede che sia formalizzato il fatto che l' impianto è destinato a una società sportiva e questo elemento, secondo l' ex assessore, andava chiarito. A questa richiesta però l' Avvocatura non ha dato risposta poiché poi il giorno successivo Berdini ha annunciato le dimissioni. Arriviamo così all' ultima puntata: Virginia Raggi capisce che su questo tema rischia di perdere la fiducia della sua maggioranza.
Chiede quindi all' Avvocatura di capire quali siano le possibili conseguenze in caso di annullamento della delibera su Tor di Valle, quella che oggi è oggetto delle valutazioni della conferenza dei servizi in Regione e che dovrà chiudersi entro il 3 marzo. In conferenza dei Servizi è depositato un parere negativo di Roma Capitale sul progetto per lunedì è attesa la revoca della delibera.
La Raggi, assediata dalla base e da gran parte dei consiglieri comunali, lavora per il ritiro. Tenendo aperto anche un canale con la Roma e i costruttori per arrivare a una intesa in un nuovo progetto, che rivede anche le opere pubbliche, e si torna in consiglio comunale a votare la pubblica utilità. Ovviamente, i tempi si allungano. Finora sono già passati più di due anni.
Ma a spingere sul ritiro della delibera c' è anche il parere consegnato l' altro giorno dal gruppo consiliare regionale del Movimento 5 Stelle, frutto non solo dei legali pentastellati, ma anche della consulenza di Ferdinando Imposimato, presidente onorario della Corte di Cassazione, uno di quelli che compare nel pantheon di M5S, tanto che fu anche proposto come candidato a presidente della Repubblica.
Questo parere è perentorio: non si può variare la classificazione dell' area da r4 a r3 (quella sul rischio idrogeologico) fino a quando non saranno state realizzate le opere di messa in sicurezza; la modifica del progetto, vale a dire il taglio delle cubature del 30 per cento ipotizzato nell' incontro con i proponenti della settimana scorsa, non può essere fatta all' interno dello stesso progetto e della stessa conferenza dei servizi; le opere concesse ai privati per garantire l' equilibrio-economico finanziario, secondo i legali del Movimento 5 Stelle della Regione, devono essere funzionali alla fruibilità degli impianti.
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