NELLA CHAT “QUATTRO AMICI AL BAR” COSÌ VIRGINIA RAGGI PARLAVA DELLA SUA COMPAGNA DI PARTITO E ACERRIMA NEMICA ROBERTA LOMBARDI: "LEI È PROPRIO L’ULTIMA DALLA QUALE ACCETTO LEZIONI DI MORALITÀ. DA QUELLA POCO DI BUONO CHE HA FATTO PASSARE LA BABY SITTER COME ASSISTENTE PARLAMENTARE, FACENDOLA PAGARE CON I SOLDI DEI CITTADINI"
CONTRO GRILLO E CASALEGGIO: "QUESTA COSA CHE MI IMPONGONO LE NOMINE IO NON LA REGGO. ALLA FINE SONO PERSONE CHE DOVRANNO LAVORARE CON ME. DEVONO GODERE DELLA MIA FIDUCIA, NON DELLA LORO. IO VORREI AVERE GENTE COME VOI (MARRA, FRONGIA E ROMEO)"
GRILLO NON HA INTENZIONE DI SCARICARE VIRGINIA RAGGI: VIA DAL CAMPIDOGLIO SOLO SE CONDANNATA - SINDACA AL SICURO ANCHE CON IL RINVIO A GIUDIZIO, NO AL PATTEGMAZZILLOVIRGINIA, VELENO SU LOMBARDI “PAGA LA BABY SITTER CON I SOLDI DELLA CAMERA”
1. VIRGINIA, VELENO SU LOMBARDI “PAGA LA BABY SITTER CON I SOLDI DELLA CAMERA”
Maria Elena Vincenzi per la Repubblica
«Lei è proprio l’ultima dalla quale accetto lezioni di moralità. Da quella poco di buono che ha fatto passare la baby sitter come assistente parlamentare, facendola pagare con i soldi dei cittadini. Lei di certo non si può permettere di giudicare me». Così Roma Virginia Raggi parlava della sua compagna di partito e acerrima nemica Roberta Lombardi nella chat “Quattro amici al bar”, ora agli atti della procura per l’inchiesta sulle nomine che vede la sindaca di Roma indagata per abuso d’ufficio e falso in atto pubblico per l’incarico di capo della direzione turismo a Renato Marra, fratello del suo fedelissimo.
Conversazioni che i carabinieri del nucleo investigativo di Roma hanno trovato sul cellulare sequestrato all’ex capo del personale capitolino, Raffaele Marra, braccio destro della sindaca grillina arrestato per corruzione il 16 dicembre scorso. «Non la sopporto. E non sopporto che si permetta di fare la morale a me... da che pulpito! Come se lei fosse una persona integerrima! ».
Sono decine i messaggi in cui la prima cittadina si sfoga con i suoi fedelissimi (Marra, appunto, l’ex vice sindaco Daniele Frongia e l’ex capo della sua segreteria politica, Salvatore Romeo) e se la prende con l’onorevole grillina. I suoi interlocutori quasi sempre si accodano ai pareri negativi, si dicono d’accordo.
Ci sono momenti in cui Raggi si infuria con i vertici dei Cinquestelle, si sente commissariata. «Questa cosa che mi impongono le nomine io non la reggo. Alla fine sono persone che dovranno lavorare con me. Devono godere della mia fiducia, non della loro. Io vorrei avere gente come voi (Marra, Frongia e Romeo, ndr), persone delle quali mi fido ciecamente. Alla fine sono io il sindaco, sono io che sono stata eletta dai cittadini. Potrò pure decidere la mia squadra».
E il riferimento, anche qui, viene esplicitato: la sindaca fa i nomi dell’ex assessore al bilancio Marcello Minenna, dell’ex capo di gabinetto, Carla Raineri, e dell’ex assessore all’Ambiente Paola Muraro, dimessasi perché indagata per reati ambientali. Quest’ultima in particolare, stando alle conversazioni acquisite nell’indagine del procuratore aggiunto Paolo Ielo e del pubblico ministero Francesco Dell’Olio, inizialmente non era gradita all’inquilina del Campidoglio che, però, poi ha iniziato ad apprezzarla tanto da difenderla con forza quando è finita nell’occhio del ciclone.
«Subito non mi piaceva, ma devo dire che è brava - scriveva - per fortuna che in questi mesi c’è stata lei. Non so come avrei fatto altrimenti. È una lavoratrice, una persona seria, affidabile e nella sua materia è molto preparata». Gli altri due, invece, Minenna e Raineri non sono mai stati apprezzati dalla sindaca. Tanto che ora non sono più nella sua squadra.
Chat che non hanno rilievo penale ma che sono utili a comprendere l’atmosfera, le pressioni e i consigli in cui Raggi ha maturato alcune scelte. E così si scopre che i rapporti con il leader del Movimento, Beppe Grillo, sono quotidiani. Ne parla spesso con i “tre amici al bar”, lo chiama «capo».
Accade frequentemente che dica di averlo sentito, di essersi confrontata con lui. Anche perché l’attenzione su di lei è piuttosto elevata. E l’avvocata grillina lo sa. Anche per questo cerca l’approvazione del «capo». Lo scrive anche nel gruppo con i suoi fidati amici: «Non possiamo sbagliare. Ci attendono al varco al nostro primo errore. Siamo sotto una lente di ingrandimento, abbiamo tutti contro ». E in quel plurale è compresa sicuramente anche la nemica di sempre, Roberta Lombardi.
2. GRILLO: RAGGI VIA DAL CAMPIDOGLIO SOLO SE CONDANNATA - SINDACA AL SICURO ANCHE CON IL RINVIO A GIUDIZIO, NO AL PATTEGGIAMENTO
Annalisa Cuzzocrea e Giovanna Vitale per la Repubblica
Non hanno intenzione di scaricare Virginia Raggi, i vertici dei 5 stelle. Non finché sarà umanamente possibile difenderla. Tenere il punto su Roma e dare la colpa di tutto alla stampa («gossip», dice Luigi Di Maio) è una strategia concordata tra Beppe Grillo e Davide Casaleggio. L’unica considerata in grado di traghettare il Movimento verso il successo alle prossime politiche.
Così, anche nell’ipotesi di un rinvio a giudizio, il garante potrebbe scegliere di non far scattare alcuna sanzione («automatica - ricorda chi ha parlato col capo - solo nel caso d condanna in primo grado».) È per questo che la strada del patteggiamento è considerata non percorribile («È un’ammissione di colpa, la cacceremmo in un attimo») ed è stata negata ieri dallo stesso avvocato della sindaca, Alessandro Mancori.
L’idea è di permettere a Virginia Raggi di professare la sua innocenza nell’interrogatorio di lunedì. E intanto, vedere che succede. L’ala dura - silente perché costretta dalle intimidazioni del blog - promette che dopo il rinvio a giudizio tornerà all’attacco, ma non ha armi. Il nuovo regolamento parla chiaro e lascia totale discrezionalità a Grillo. Che per quel che ha visto finora - non intende cambiare rotta.
Dal canto suo, l’accusata prepara una strategia difensiva tutta all’attacco. Vuole smontare l’ipotesi di abuso d’ufficio e falso in atto pubblico relativa alla nomina di Renato Marra, fratello dell’ex braccio destro finito in carcere. Sulla prima imputazione, contestata in concorso con il fedelissimo che all’epoca guidava il dipartimento del personale, tenterà di scaricare la colpa sul solo Marra.
Secondo i suoi legali, mancherebbe l’elemento psicologico del reato, dunque il dolo: Raggi aveva delegato al suo responsabile delle Risorse umane, di cui si fidava ciecamente, ogni verifica relativa alla rotazione dei dirigenti appena bandita. E lui ne avrebbe approfittato.
Come si desumerebbe da varie conversazione in chat, intercettate dagli inquirenti, in cui lei lamentava di essere stata tenuta all’oscuro dell’aumento di stipendio di Renato. Quanto al falso dichiarato all’autorità Anticorruzione, cui ha scritto di aver agito «in autonomia», si appellerà all’art.38 comma 2 del Regolamento degli Uffici e Servizi del Comune di Roma per dimostrare che non aveva l’obbligo di comparare i curricula dei candidati per il posto poi ottenuto da Renato Marra.
La norma prevede che gli incarichi di quel tipo siano «conferiti e revocati dal sindaco» su un ventaglio di proposte che spettano all’assessore del personale (ha lei la delega) e all’assessore competente per materia. Tutto questo nonostante l’incaricato al Turismo Adriano Meloni, in procura, nei giorni scorsi, abbia ammesso come a suggerirgli la nomina di Marra fosse stato proprio il fratello Raffaele.
Non bastasse l’inchiesta, c’è il nodo bilancio. Federica Tiezzi, presidente dell’organo dei revisori del Comune, ha detto ieri in aula: «È vero che presenta un equilibrio ma, se l’ente non si attiva, i rischi potenziali che ci sono metterebbero comunque il comune a rischio». I 5 stelle protestano, la accusano di incoerenza. «Non c’è nessun rischio - spiega l’assessore Andrea Mazzillo - il ruolo dell’Oref si esaurisce con il parere positivo dato il 23 gennaio».
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