(mb. La crisi del Montepaschi ha le sue origini nella acquisizione di Antonveneta nel 2008 ad un prezzo demenziale.
L’avvocato italiano Paolo Emilio Falaschi, nell’interesse dei soci, ha prodotto la lettera con cui il governatore di Bankitalia – tale Mario Draghi – autorizzava e giustificava l’acquisto.
Ben due procure, pur avendo visto la lettera, hanno escluso “ogni responsabilità” di Bankitalia e di Draghi: prova di come le oligarchie inadempienti e le plutocrazie pubbliche in Italia si coprano l’un l’altra.
Però in Germania hanno letto l’articolo-rivelazione di Franco Bechis (uno dei migliori giornalisti economici) che qui sotto pubblichiamo, e ne hanno tratto una nuova arma nella loro guerra contro Mario Draghi alla BCE. Servirà a delegittimarlo e a indebolirlo. Tipica storia italiana: tanto furbi da essere collettivamente scemi).
Di Franco Bechis
Mps, I Misteri Di Draghi E Il Giallo Sulla Commissione Jp Morgan
15 DIC , 2016
La lettera porta la data del 17 marzo 2008, e ha la firma dell’allora governatore della Banca di Italia, Mario Draghi. Oggetto: “banca Monte dei Paschi di Siena- Acquisizione della partecipazione di controllo nella Banca Popolare Antoniana Veneta”.
E’ l’origine di tutti i guai dell’istituto senese che ancora una volta è appeso per salvare se stesso e le migliaia e migliaia di depositanti e risparmiatori all’aiuto che il nuovo governo guidato da Paolo Gentiloni potrebbe dare per decreto legge nei prossimi giorni.
E’ l’origine di tutti i guai dell’istituto senese che ancora una volta è appeso per salvare se stesso e le migliaia e migliaia di depositanti e risparmiatori all’aiuto che il nuovo governo guidato da Paolo Gentiloni potrebbe dare per decreto legge nei prossimi giorni.
Ma anche il passaggio successivo di Draghi desta qualche sorpresa rispetto alla tradizionale prudenza della Banca di Italia. Perché spiega come Mps avrebbe trovato quei 9 miliardi necessari all’operazione: “un aumento di capitale per 6 miliardi (di cui 1 miliardo con esclusione del diritto di opzione), l’emissione di strumenti ibridi e subordinati per complessivi 2 miliardi e il ricorso a un finanziamento ponte per 1,95 miliardi da rimborsare anche mediante cessione di assets non strategici”. Non solo Draghi descrive quel tipo di reperimento dei fondi, ma ne sposa la ratio, subordinando espressamente l’acquisto di Antonveneta “alla preventiva realizzazione delle misure di rafforzamento patrimoniale programmate, con specifico riguardo agli interventi di aumento di capitale e di emissione di strumenti ibridi e subordinati, in osservanza delle vigenti disposizioni normative in materia di patrimonio di vigilanza”.
Attenzione, siamo nel 2008.
Quindi proprio nel momento dell’esplosione della crisi finanziaria in tutto il mondo legata proprio all’emissione di quegli “strumenti ibridi e subordinati” che vengono raccomandati da chi aveva istituzionalmente la tutela della “sana e prudente gestione” delle banche italiane.
Ed è proprio quel passaggio che fa insorgere Elio Lannutti, presidente dell’Adusbef che si chiede ora “ Perché Bankitalia e Draghi favorirono quella rischiosa operazione, nonostante conoscessero dalle ispezioni, che MPS non avesse i conti in ordine dopo l’acquisto di Banca 121 (ex Banca del Salento) ad un prezzo proibitivo, lo scandalo di May Way e For You?”
Secondo Lannutti “Draghi non era uno sprovveduto: oltre che Governatore di Bankitalia, era presidente del Financial Stability Forum, un organismo internazionale nato nel 1999 su iniziativa dei Ministri finanziari e dei Governatori delle Banche centrali del G7, per promuovere la stabilità finanziaria internazionale e ridurre i rischi del sistema finanziario”.
Secondo Lannutti “Draghi non era uno sprovveduto: oltre che Governatore di Bankitalia, era presidente del Financial Stability Forum, un organismo internazionale nato nel 1999 su iniziativa dei Ministri finanziari e dei Governatori delle Banche centrali del G7, per promuovere la stabilità finanziaria internazionale e ridurre i rischi del sistema finanziario”.
Il numero uno di Adusbef si fa una domanda maliziosa: “Draghi autorizzò quella rischiosissima operazione con Antonveneta per non pregiudicare gli appoggi politici del PD e di ambienti di Forza Italia (allora al governo) tutti legati a Mps nel groviglio armonioso del ‘sistema Siena’, visto che avrebbero potuto ostacolare le proprie ambizioni alla presidenza della Bce?”
Fonte: qui
Bechis: noi diamo i soldi a Mps e loro proteggono chi li ha messi ko
L'unico atto di rilievo finora firmato dal governo di Paolo Gentiloni è la variazione di bilancio e il successivo decreto salva banche che autorizza lo Stato ad indebitarsi di 20 miliardi in più per quello scopo. Più di un terzo di quella somma- 8 miliardi- servirà al salvataggio del Monte dei Paschi di Siena, l'istituto di credito messo peggio di tutti. Con i soldi dei contribuenti italiani verrà messa una toppa a una pessima gestione del credito che oggi conta 47 miliardi lordi di sofferenze.In gran parte soldi prestati a grande imprese per amicizia o per storici legami, senza chiedere le adeguate garanzie. Quelle non hanno restituito il dovuto, e la banca oggi affoga nei suoi guai. Da cronache giornalistiche sappiamo che in quell'elenco c'è il gruppo Sorgenia che all'epoca apparteneva a Carlo De Benedetti, e - attraverso la controllata Bam- il gruppo Marcegaglia guidato da Emma Marcegaglia. Nè l'uno nè l'altra hanno chiesto scusa per i guai causati al sistema pubblico, anzi. Entrambi continuano pure a fornire prediche sui mali e guasti dell'Italia di cui proprio loro sono responsabili.La Marcegaglia è stata pure premiata come manager e chiamata alla presidenza dell'Eni dal governo di Matteo Renzi.
Ma chi sono gli altri che hanno preso i soldi da Mps e non li hanno mai restituiti? La domanda è stata fatta più volte invano in assemblea dai piccoli azionisti Mps, che hanno sempre trovato di fronte un muro di gomma. E' accaduto anche il 24 novembre scorso, quando a rispondere era il nuovo amministratore delegato di Mps, Marco Morelli, il manager che avrebbe dovuto salvare con capitali privati la banca e che oggi invece bussa alla porta dello Stato per avere il salvagente. Morelli ha risposto così: "Faccio presente che ai sensi della disciplina vigente e precisamente per la legge sulla privacy, non è possibile fornire i nominativi dei soggetti cui si riferiscono i crediti in sofferenza, che riceverebbero un significativo danno reputazionale dalla diffusione di tali informazioni".
Capite? Il danno causato da quei signori lo pagano i contribuenti italiani, che nessuno protegge. Ma chi ha preso i soldi ed è scappato via è tutelato più di ogni altro, perché mai si sapesse in giro che è solito comportarsi così, si rovinerebbe la sua reputazione. Una tesi grottesca. Ancora di più se si pensa che in questi anni le banche hanno dato soldi solo a gente così.
Chiudendo la porta in faccia ai piccoli o ai giovani che cercavano finanziamenti per una buona idea con cui gli istituti di credito avrebbero sicuramente rischiato assai meno...
Fonte: qui
Capite? Il danno causato da quei signori lo pagano i contribuenti italiani, che nessuno protegge.
Chiudendo la porta in faccia ai piccoli o ai giovani che cercavano finanziamenti per una buona idea con cui gli istituti di credito avrebbero sicuramente rischiato assai meno...
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COME E' SPROFONDATA MPS: NON RESTITUISCI IL TUO DEBITO?
TRANQUILLO, ENTRO NEL CAPITALE, INIZIANDO UNA DISAVVENTURA CHE DI ANNO IN ANNO È DIVENTATA PIÙ DRAMMATICA
IL CASO SORGENIA (ALL'EPOCA DI DE BENEDETTI) E MARCEGAGLIA
LA DIRIGENZA MPS AI DIPENDENTI: GUAI A VOI SE RIVELATE I NOMI
MA DENTRO CI SONO UN PO’ TUTTI, A PARTIRE DALLE AZIENDE MUNICIPALIZZATE DI SIENA E DI ROMA
Franco Bechis per Libero Quotidiano
Per ora chi dovrebbe fare luce sui crediti facili concessi da Mps non ha alcuna intenzione di svelare chi non ha restituito il dovuto all' istituto senese, e continua a difendere la privacy dei bidonisti, come ha fatto anche il nuovo amministratore delegato della banca, Marco Morelli: «Non possiamo fare quei nomi, altrimenti rovineremmo la loro reputazione».
Di più: i vertici della banca hanno avvertito con una mail-circolare anche i propri dirigenti e dipendenti: se uscirà qualcuno di quei nomi, scatteranno inchieste interne e provvedimenti disciplinari.
Ma il pressing mediatico e politico-istituzionale per fare pubblicare la lista di chi ha preso i soldi e non li ha restituiti è così alto e continuo che difficilmente lo scudo di Morelli potrà resistere a lungo. Anche perché se Mps si trova in queste condizioni e ancora una volta bussa alla porta dello Stato chiedendo un salvataggio pagato dai contribuenti, non poco è dovuto a quei 47 miliardi di sofferenze lorde che si sono accumulate in modo esponenziale negli ultimi anni proprio per il credito facile concesso a medie e piccole aziende.
Mentre il Monte si blinda, però qualche nome di quell' elenco Libero è in grado di farlo, grazie alla consultazione dei bilanci di alcuni clienti della banca senese e alle doverose comunicazioni alle autorità di vigilanza fatte in questi anni quando si è trattato di ristrutturare la posizione debitoria di alcuni di loro.
Si tratta sempre di imprese che non hanno restituito quello che avevano ricevuto dalla banca, che in molti casi ha dovuto condonare parte del debito e concedere nuove linee di credito nella speranza di non perdere proprio tutto. In altri casi ha escusso i pegni che aveva, non rientrando quasi mai però dell' esposizione. In altri ancora Mps è stata costretta a trasformare il credito vantato in capitale azionario, concedendo poi nuova finanza a quella che era divenuta una parte correlata e partecipando alla copertura annuale delle perdite quando la situazione non si raddrizzava.
Casi simili, dunque, a due di quelli già emersi in questi giorni: quello di Sorgenia, in cui Mps fu costretto ad entrare dopo avere dato senza possibilità di riaverli indietro 650 milioni di euro al gruppo che all' epoca era di Carlo De Benedetti, e quello del gruppo Marcegaglia esposto per decine di milioni di euro con la Banca agricola mantovana, controllata da Mps.
Nelle stesse condizioni si trovano altri rilevanti gruppi pubblici e privati. Così in quell' elenco dei cattivi pagatori sono entrati una dopo l' altra negli anni le più importanti cooperative rosse del mondo delle costruzioni e in qualche caso anche nel settore del consumo.
Siccome non riuscivano a restituire più i soldi ricevuti essendo andato in crisi il loro mercato di riferimento, sia Mps che la omonima Fondazione sono entrate nel capitale di società di quei gruppi, iniziando una disavventura che di anno in anno è diventata più drammatica.
Uno dei casi più significativi è stato quello del gruppo Sansedoni Siena spa, nato all' interno di Unieco e oggi proprio per i soldi non restituiti divenuto parte correlata della banca senese. Mps ha trasformato il credito vantato (25,9 milioni) nei confronti della capogruppo nel 21,75% del capitale, e poi ha concesso altri prestiti. Anche perché la stessa cosa è accaduta con società controllate a valle: Marinella spa, che non era in grado di restituire 26,9 milioni. Stessa situazione nei confronti di altre due controllate dirette o indirette dalla Sansedoni Siena: la Sviluppo ed Interventi immobiliari spa e la Beatrice srl in liquidazione, per cui è stato congelato un debito di 48,4 milioni di euro.
L' esposizione complessiva del gruppo Sansedoni Siena nei confronti di Mps ammontava a giugno 2016 a 104,7 milioni di euro. Per restare ai difficili rapporti finanziari con il cliente Unieco, un altro debito di 20 milioni è in ristrutturazione fra Mps e la società di Reggio Emilia Le Robinie spa, che all' 80% è controllata dalla coop di costruzioni e dove il restante 20% è diventato di proprietà di Mps proprio per la trasformazione dei crediti in azioni.
Altri 20 milioni di euro sono finiti nel calderone delle sofferenze non più recuperabili e riguardavano una società senese, la New Colle Srl, che è stata dichiarata fallita un anno fa dopo anni di tentativi di ristrutturazione da parte del gruppo Mps, che avevano anche portato a un ingresso nel capitale di Mps Capital services spa. Cifre inferiori, pari a 11,3 milioni di euro riguardano invece il gruppo Fenice della famiglia Fusi (quella della Baldini Tognozzi Pontello- Btp) e soprattutto le relative controllate immobiliari Una spa (hotel), Euro srl, Il Forte spa.
Anche in questo caso prima di cercare di ristrutturare il debito Mps ha convertito parte dei prestiti non restituiti in quote di capitale, arrivando al 20,54% della Fenice holding spa sia attraverso la banca capogruppo (4,16%) che attraverso Mps Capital services (16,38%). Altri problemi con i privati sono arrivati dall' antico rapporto con il gruppo farmaceutico Menarini, ma in questo caso si è messa di mezzo anche una indagine della magistratura con il sequestro di beni e liquidità dell' azienda.
C' è poi il settore pubblico, che è una vera idrovora per Mps. Le società regionali o le municipalizzate toscane si sono rivelate un pozzo senza fondo, continuando a pompare risorse dalla banca, poi costretta ad entrare nel loro capitale quando i soldi non venivano restituiti. Così è accaduto con Fidi Toscana spa (27,46% del capitale in mano a Mps), per cui ancora il 31 agosto scorso è stato garantito un ulteriore affidamento di 98 milioni di euro. C' è una esposizione di poco inferiore ai 10 milioni di euro, già più volte ristrutturata e allungata con la concessione di nuova finanza, con le Terme di Chianciano, e analoghi problemi ci sono stati con l' Interporto Toscano A. Vespucci spa, dove è stato convertito in azioni un credito vantato e non pagato di 4,8 milioni di euro.
Per restare al settore pubblico una delle maggiori spine di Mps viene dalla capitale: le municipalizzate del comune di Roma oggi guidato da Virginia Raggi (che c' entra poco però con quei debiti). Ci sono state rimodulazioni del debito con Acea e Metro C, ma i veri problemi vengono dall' Atac, la società di trasporto locale della capitale.
Mps aveva partecipato con altre 3 banche a un finanziamento in pool nel 2013 per più di 200 milioni di euro, che è poi è stato rischedulato a 163 milioni di euro nell' autunno scorso, davanti alla evidente impossibilità di Atac di ripagare il dovuto. Il rischio per la banca senese in questo caso è intorno ai 30 milioni di euro. Ma i casi qui citati sono solo una piccola punta di quell' iceberg che sta per venire fuori.
Fonte: qui
Franco Bechis per Libero Quotidiano
Per ora chi dovrebbe fare luce sui crediti facili concessi da Mps non ha alcuna intenzione di svelare chi non ha restituito il dovuto all' istituto senese, e continua a difendere la privacy dei bidonisti, come ha fatto anche il nuovo amministratore delegato della banca, Marco Morelli: «Non possiamo fare quei nomi, altrimenti rovineremmo la loro reputazione».
Di più: i vertici della banca hanno avvertito con una mail-circolare anche i propri dirigenti e dipendenti: se uscirà qualcuno di quei nomi, scatteranno inchieste interne e provvedimenti disciplinari.
Ma il pressing mediatico e politico-istituzionale per fare pubblicare la lista di chi ha preso i soldi e non li ha restituiti è così alto e continuo che difficilmente lo scudo di Morelli potrà resistere a lungo. Anche perché se Mps si trova in queste condizioni e ancora una volta bussa alla porta dello Stato chiedendo un salvataggio pagato dai contribuenti, non poco è dovuto a quei 47 miliardi di sofferenze lorde che si sono accumulate in modo esponenziale negli ultimi anni proprio per il credito facile concesso a medie e piccole aziende.
Mentre il Monte si blinda, però qualche nome di quell' elenco Libero è in grado di farlo, grazie alla consultazione dei bilanci di alcuni clienti della banca senese e alle doverose comunicazioni alle autorità di vigilanza fatte in questi anni quando si è trattato di ristrutturare la posizione debitoria di alcuni di loro.
Si tratta sempre di imprese che non hanno restituito quello che avevano ricevuto dalla banca, che in molti casi ha dovuto condonare parte del debito e concedere nuove linee di credito nella speranza di non perdere proprio tutto. In altri casi ha escusso i pegni che aveva, non rientrando quasi mai però dell' esposizione. In altri ancora Mps è stata costretta a trasformare il credito vantato in capitale azionario, concedendo poi nuova finanza a quella che era divenuta una parte correlata e partecipando alla copertura annuale delle perdite quando la situazione non si raddrizzava.
Casi simili, dunque, a due di quelli già emersi in questi giorni: quello di Sorgenia, in cui Mps fu costretto ad entrare dopo avere dato senza possibilità di riaverli indietro 650 milioni di euro al gruppo che all' epoca era di Carlo De Benedetti, e quello del gruppo Marcegaglia esposto per decine di milioni di euro con la Banca agricola mantovana, controllata da Mps.
Nelle stesse condizioni si trovano altri rilevanti gruppi pubblici e privati. Così in quell' elenco dei cattivi pagatori sono entrati una dopo l' altra negli anni le più importanti cooperative rosse del mondo delle costruzioni e in qualche caso anche nel settore del consumo.
Siccome non riuscivano a restituire più i soldi ricevuti essendo andato in crisi il loro mercato di riferimento, sia Mps che la omonima Fondazione sono entrate nel capitale di società di quei gruppi, iniziando una disavventura che di anno in anno è diventata più drammatica.
Uno dei casi più significativi è stato quello del gruppo Sansedoni Siena spa, nato all' interno di Unieco e oggi proprio per i soldi non restituiti divenuto parte correlata della banca senese. Mps ha trasformato il credito vantato (25,9 milioni) nei confronti della capogruppo nel 21,75% del capitale, e poi ha concesso altri prestiti. Anche perché la stessa cosa è accaduta con società controllate a valle: Marinella spa, che non era in grado di restituire 26,9 milioni. Stessa situazione nei confronti di altre due controllate dirette o indirette dalla Sansedoni Siena: la Sviluppo ed Interventi immobiliari spa e la Beatrice srl in liquidazione, per cui è stato congelato un debito di 48,4 milioni di euro.
L' esposizione complessiva del gruppo Sansedoni Siena nei confronti di Mps ammontava a giugno 2016 a 104,7 milioni di euro. Per restare ai difficili rapporti finanziari con il cliente Unieco, un altro debito di 20 milioni è in ristrutturazione fra Mps e la società di Reggio Emilia Le Robinie spa, che all' 80% è controllata dalla coop di costruzioni e dove il restante 20% è diventato di proprietà di Mps proprio per la trasformazione dei crediti in azioni.
Altri 20 milioni di euro sono finiti nel calderone delle sofferenze non più recuperabili e riguardavano una società senese, la New Colle Srl, che è stata dichiarata fallita un anno fa dopo anni di tentativi di ristrutturazione da parte del gruppo Mps, che avevano anche portato a un ingresso nel capitale di Mps Capital services spa. Cifre inferiori, pari a 11,3 milioni di euro riguardano invece il gruppo Fenice della famiglia Fusi (quella della Baldini Tognozzi Pontello- Btp) e soprattutto le relative controllate immobiliari Una spa (hotel), Euro srl, Il Forte spa.
Anche in questo caso prima di cercare di ristrutturare il debito Mps ha convertito parte dei prestiti non restituiti in quote di capitale, arrivando al 20,54% della Fenice holding spa sia attraverso la banca capogruppo (4,16%) che attraverso Mps Capital services (16,38%). Altri problemi con i privati sono arrivati dall' antico rapporto con il gruppo farmaceutico Menarini, ma in questo caso si è messa di mezzo anche una indagine della magistratura con il sequestro di beni e liquidità dell' azienda.
C' è poi il settore pubblico, che è una vera idrovora per Mps. Le società regionali o le municipalizzate toscane si sono rivelate un pozzo senza fondo, continuando a pompare risorse dalla banca, poi costretta ad entrare nel loro capitale quando i soldi non venivano restituiti. Così è accaduto con Fidi Toscana spa (27,46% del capitale in mano a Mps), per cui ancora il 31 agosto scorso è stato garantito un ulteriore affidamento di 98 milioni di euro. C' è una esposizione di poco inferiore ai 10 milioni di euro, già più volte ristrutturata e allungata con la concessione di nuova finanza, con le Terme di Chianciano, e analoghi problemi ci sono stati con l' Interporto Toscano A. Vespucci spa, dove è stato convertito in azioni un credito vantato e non pagato di 4,8 milioni di euro.
Per restare al settore pubblico una delle maggiori spine di Mps viene dalla capitale: le municipalizzate del comune di Roma oggi guidato da Virginia Raggi (che c' entra poco però con quei debiti). Ci sono state rimodulazioni del debito con Acea e Metro C, ma i veri problemi vengono dall' Atac, la società di trasporto locale della capitale.
Mps aveva partecipato con altre 3 banche a un finanziamento in pool nel 2013 per più di 200 milioni di euro, che è poi è stato rischedulato a 163 milioni di euro nell' autunno scorso, davanti alla evidente impossibilità di Atac di ripagare il dovuto. Il rischio per la banca senese in questo caso è intorno ai 30 milioni di euro. Ma i casi qui citati sono solo una piccola punta di quell' iceberg che sta per venire fuori.
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