domenica 15 gennaio 2017

I CAMPI DI ACCOGLIENZA IN GRECIA SONO AL COLLASSO

L’EMERGENZA MIGRANTI NEL GELO DELL’EUROPA

5 MORTI DI FREDDO IN POCHE ORE DOPO LA CHIUSURA DELLA ROTTA BALCANICA, 63MILA RIFUGIATI NELLE ISOLE DELL’EGEO 

LA MINACCIA DELL’UNGHERIA: DETENZIONE PER I RICHIEDENTI ASILO
Ettore Livini per la Repubblica

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CINQUE morti di freddo in poche ore. Mille persone (secondo le stime più conservative) costrette a vivere in tenda sotto la neve e senza riscaldamento. 

Quasi 15mila migranti ammassati sulle isole nell’Egeo dove la ricettività è solo di ottomila persone. La situazione dei rifugiati in Grecia — come prevedibile da mesi — è arrivata «al collasso».

Parola dell’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite (Unhcr), sceso in campo dopo i drammatici rapporti arrivati dai volontari al lavoro nei campi ellenici. «La questione oggi non è rinfacciarsi le responsabilità — ha aggiunto Sarah Crowe, portavoce di un’altra agenzia delle Nazioni Unite, l’Unicef — ma salvare vite umane». Bruxelles ed Atene, è l’appello dell’Onu, devono dare un tetto ai 63mila rifugiati “parcheggiati” in Grecia dopo la chiusura della rotta balcanica.

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«Molte persone rischiano di morire congelate in queste ore solo perché l’Europa ha deciso di non aiutarle — accusa Amnesty International — sono ostaggi di politiche Ue crudeli e poco funzionali, abbandonati in un limbo legale e in squallidi campi di detenzione che non possono lasciare». 

La situazione, tra l’altro, si aggrava invece di migliorare. 

Ogni giorno decine di migranti (417 da inizio anno) affrontano il freddo e i rischi della traversata dalla Turchia per raggiungere l’Europa. 

E da mesi il loro destino è quello di venir bloccati in Grecia.

La Ue si era impegnata a ricollocare seimila persone al mese negli altri paesi della comunità per togliere pressione ad Atene, già alle prese con una pesantissima crisi economica. L’impegno però è rimasto solo sulla carta: ad oggi, un anno dopo, ne sono state trasferite solo 7.448 sulle 72mila previste. Austria, Danimarca, Polonia, Gran Bretagna e Liechtenstein sono a quota zero migranti accolti.

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Le pratiche di richiesta d’asilo politico procedono a rilento, così come i rimpatri verso la Turchia in base all’accordo (pagato da Bruxelles sei miliardi) con Ankara, fermi a 800 persone. Risultato: l’Unione si è lavata la coscienza chiudendo le frontiere ma ha lasciato il cerino acceso (in cambio di qualche centinaio di milioni di aiuti) ad Atene e Roma. Il governo Tsipras, impegnato in queste ore nel solito estenuante braccio di ferro con i creditori per sbloccare gli aiuti, sta cercando di fare le nozze con i fichi secchi.

Nei giorni scorsi ha spedito a Lesbos — dove ci sono 6.134 migranti a fronte di 3.904 posti — una nave della Marina per ospitare 500 persone e proteggerle dal freddo. Ma è una goccia nell’Oceano. «Evitiamo di nascondere le nostra responsabilità dietro la burocrazia», ha detto l’Unicef. Senza però troppo successo: «Gestire l’emergenza — ha detto gelida come il meteo una portavoce Ue — è responsabilità della Grecia».
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Una situazione drammatica alla quale si aggiunge l’ultima minaccia dell’Ungheria che intende ripristinare la detenzione per i richiedenti asilo, sospesa nel 2013 per le pressioni di Ue e Onu. «È contro le norme internazionali, ma lo faremo lo stesso », ha detto il premier Viktor Orbán.

Fonte: qui

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