Al grido di “Make Italia great again “, la festa dei trumpiani d’Italia si è dipanata in due location. La prima quella dell’ala dura e pura, la cosiddetta “hard wing”, in un’Art Gallery di via Sallustiana, proprio davanti al Mel Sembler Building dell’Ambasciata americana di via Veneto. Appuntamento un’ora e mezzo prima del giuramento di “The Donald”. Un vai e vieni di un centinaio di persone capitanate da Leo Zagami dell’Ordo Illuminatorum, tra cui, come racconta lo stesso Zagami, “molti esponenti della massoneria, degli Amici di Putin in Italia, rappresentanti dell’ambasciata russa a Roma”. E tra loro anche lo scrittore Alfonso Luigi Marra, ex parlamentare europeo.
La seconda location ha avuto più il sapore del ricevimento romano, nei saloni del piano nobile del Palazzo Ferrajoli che sta proprio di fronte a Palazzo Chigi, dall’altro lato di piazza Colonna.
In serata i due gruppi si sono ricongiunti proprio a Palazzo Ferrajoli per una cena ristretta, benedetta da due bottiglie in oro 24 carati di Franciacorta edizione ultralimitata.
Pochi i nomi noti. A palazzo Ferrajoli il senatore Peppe Esposito (del Copasir, il comitato di controllo sui servizi segreti), la senatrice Cinzia Dato, il giudice Antonio Marini, molti professori universitari, avvocati, notai, qualche monsignore. Massimo Lucidi, braccio destro dell’amico di una vita di Donald Trump (e suo vicino di casa nella Trump Tower, oltre a esserne il consulente social media), George Lombardi. Si è affacciata anche Francesca Immacolata Chaouqui, pr, al centro del Vatileaks2.
L’evento praticamente si divide in due. Una sala dedicata all'approfondimento culturale dell’evento del giuramento del presidente, al suo cerimoniale anche religioso, sotto la regia dell’animatore del Centro della promozione del libro, Giovanni Cipriani.
E poi la sala dedicata agli interventi degli “organizzatori” politico-accademici: dall’avvocato Fabrizio Bonanni Saraceno, responsabile dell’associazione “Verso il Futuro”, al fondatore di “Scenari economici”, Antonio Maria Rinaldi, a Fabio Verna, economista dell’Università di Messina, e tanti altri. Testimonianze dell’imprenditore di Arezzo Marco Arcuri e del sindaco di Vigo di Fassa, Leopoldo Rizzi, che (e non sarà l’unico in tutta la serata) si richiama ad Alcide De Gasperi.
Tanti i temi: “Basta Europa a guida tedesca”, “Sì ai richiedenti asilo e non all’immigrazione indiscriminata”, “No ai salvataggi delle banche”, “Futuro per i nostri figli, perché non debbano andare all’estero”, “Amicizia con la Russia che fa parte dell’Europa”. In collegamento telefonico da Washington, perché invitato da Trump, Gian Mario Ferramonti.
Alle 17 in punto tutti in silenzio ad ascoltare il giuramento e soprattutto il discorso del 45mo Presidente degli Stati Uniti d’America. Poi applausi convinti, commozione. Pari solo a quella di quando, durante l’evento, fanno gli auguri alle persone trovate vive sotto la slavina in Abruzzo. Quasi fosse un segno del cielo che il salvataggio sia avvenuto proprio oggi, il giorno dell’Inaugurazione di Trump (“Si vede proprio che oggi lo Spirito soffia”, commenta Lucidi).
Il discorso di The Donald era quello che l’uditorio voleva sentire: un discorso netto. “Il governo deve tornare al popolo”. È quello che vogliono anche i trumpiani d’Italia .Tutti alla ricerca di una ricetta per far ripartire l’economia italiana e per far vincere di nuovo un centrodestra, che archivi quello berlusconiano, insieme ai gigli magici e a Verdini, e si riprenda Palazzo Chigi, come ha detto Lucidi.
L’intermezzo musicale di un bravo e giovane tenore napoletano, Giuseppe Gambi, dà il là a questa speranza. È l’aria della Turandot di Puccini “Nessun dorma”, che termina con il “Vincerò”.
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