HA FINITO I SOLDI PER IL CARBURANTE, UN BUCO DI 100 MILIONI. SENZA UNA SOLUZIONE, FRA 48 ORE DEVE PORTARE I LIBRI IN TRIBUNALE
IL RUOLO DELLE BANCHE, OCCHI PUNTATI SULLE GENERALI
HOGAN (AD DI ETHIAD) POTREBBE LASCIARE
Marco Zatterin per la Stampa
La paura di Alitalia, adesso, è di non riuscire più decollare. Le stime sui flussi di cassa rivelano che venerdì sera, nei conti della compagnia italiana, ci potrebbe essere un buco di oltre 50 milioni, cifra destinata a raddoppiare a fine anno. «E' questione di poco perché la società non sia in grado di pagare il carburante, gli scali, i servizi e il personale», ammette una fonte che segue il dossier. Se tutto andasse male, nel giro di 48 ore o poco più, l' ad Cramer Ball potrebbe vedersi costretto a considerare l' invio dei libri in tribunale.
A meno di un accordo fra da Etihad, azionista al 49%, che invoca una ristrutturazione e una riorganizzazione pesanti per tutte le parti in causa. Possibile? Ieri sera si è riunito il cda. Consapevole che solo se i sindacati non costruiranno barriere troppo alte, e se il combinato fra soci e creditori italiani troverà un accordo probabilmente oneroso, si potrebbe salvare il salvabile.
Storia infinita, forse uno degli stalli più lunghi della storia dell' aviazione civile. A sedici anni dal primo tentativo di risanare l' Alitalia, riecco le lacrime e il sangue. Così Etihad, due anni dopo aver acquistato il 49% del capitale (soglia invalicabile a meno di perdere il titolo di vettore europeo) deve prendere forbici e righello. L'azionista del Golfo ha messo sul tavolo di un consiglio d' amministrazione aperto dieci giorni fa, e mai ufficialmente chiuso, un programma variegato che comprende sino a duemila tagli (si parla di 600 teste a terra e un centinaio di piloti). Ci sarebbe più di un piano che, secondo gli azionisti bancari, è necessario, ma non ancora sufficiente.
Intesa Sanpaolo e Unicredit sono i due pezzi grossi della Midco Spa, il veicolo al quale è stato conferito il 51 per cento delle azioni Alitalia. Alla loro partecipazione sono legate due linee di credito da 180 milioni di euro alle quali, però, la ex compagnia di bandiera non è stata autorizzata a pescare. Dietro le quinte, il confronto sul da farsi viene dipinto come «molto acceso». Risultano contatti diretti fra i vertici di Intesa Sanpaolo e Etihad, certo non aiutati dalle voci che rimbalzano dalla stampa tedesca, secondo cui l' ad della compagnia di Abu Dhabi, James Hogan, starebbe per essere allontanato nel giro di tre mesi.
Gli italiani, dal canto loro, hanno messo per iscritto la disponibilità a fare la loro parte purché tutti facciano altrettanto. Hanno riconosciuto l' esigenza ormai imprescindibile di immettere nuove risorse nel carrozzone volante. Necessario, si diceva. Perché per arrivare a fine marzo, in assenza di proventi straordinari, si stima che servano almeno 350 milioni.
Unicredit attende, «la situazione è in piena evoluzione». Altre fonti fanno però sapere che l' istituto guidato dal francese Jean Pier Mustier sarebbe disposto a partecipare a pieno titolo al rilancio, purché ci sia un piano adeguato e il concerto degli stakeholder. Che aspettano i sindacati.
Per questa sera alle diciotto è in programma un incontro coi rappresentanti dei lavoratori, riunione già saltata lunedì. E' un passaggio cruciale, con nuove alleanze possibili (Lufthansa?) e i sindacati che lamentano la prospettiva dell' ennesimo scalpo, mentre gli osservatori si chiedono se si sarebbe arrivati a questo punto se la politica non avesse voluto procrastinare artificialmente un finale considerato scontato.
La ricetta per l' epilogo assume dunque la forma di una ricapitalizzazione e dell' attivazione della linea di credito. Le fonti parlano di un obiettivo complessivo da 680 milioni. Fra i soci della Midco c' è chi auspica un coinvolgimento delle Generali, a cui si vorrebbe far convertire 300 milioni di un prestito obbligazionario in essere da 375.
La compagnia del Leone non intende per il momento trasformare lo status di creditore in quello di azionista, anche se alla lunga è sempre possibile. Nell' attesa si guarda alla tremenda crisi di liquidità e al lungo tempo che può finire in fretta. Sedici anni di polemiche e ora qualche giorno per salvare la flotta. Sperando sia l' ultima volta.
Fonte: qui
Fonte: qui
Costi fuori controllo, così Alitalia è un passo dal fallimento
Mancano anche i soldi per il carburante. Parla il consulente aeronautico Gaetano Intrieri: «La situazione è gravissima. Alitalia è una compagnia con i costi fuori controllo. Ora è inevitabile un intervento pubblico, serve un miliardo»
«È un momento drammatico. Ci sono decine di migliaia di passeggeri in ballo, visto che siamo sotto le feste». Per commentare gli articoli allarmati su Alitalia Gaetano Intrieri non cerca di indorare la pillola. Il docente di controllo di gestione all’Università di Tor Vergata (Roma), ex manager di diverse compagnie nazionali e internazionali, a ottobre aveva scritto un’analisi dura ma molto documentata, pubblicata da Avionews e basata sul bilancio 2015 di Alitalia, per denunciare che la situazione fosse peggiore di quanto non emergesse dalle dichiarazioni ufficiali. L’analisi ha fatto molto discutere, fuori e dentro Alitalia. Forse non è un caso che la stessa compagnia proprio in quei giorni decise di sostituire il direttore della manutenzione. Ora, però, l’emergenza è acclamata. La Stampa di Torino ha pubblicato un retroscena che parla di un buco di cassa di 50 milioni di euro destinato a diventare di 100 milioni. Parla anche di sole 48 ore rimaste per un’iniezione di liquidità che deve arrivare dalle banche per evitare alla compagnia di portare i libri in tribunale.Professor Intrieri, davvero c’è una crisi di liquidità in atto per Alitalia?Sì. Adesso la crisi è diventata davvero drammatica e mi spiace molto, non pensavo si arrivasse a questo.Ci fa capire quanto è grave la situazione?Molto grave, se davvero sono nella situazione di “rottura di cassa” e mancano i soldi per il carburante come si apprende da alcune fonti, questo è un segnale che ci si avvicina al default delle operazioni.C’è un rischio di fallimento imminente?Credo di si, se le banche o il governo non intervengono subito permettendo alla compagnia di poter far fonte quanto meno alle necessità primarie, ovvero al pagamento di quei servizi necessari allo svolgimento delle operazioni di volo. Non credo Etihad possa fre molto in questo momento per assicurare la liquidità necessaria.La stupisce la crisi di liquidità di cui si sta parlando relativamente ad Alitalia?No, non mi stupisce. Lo avevo scritto e previsto già nella mia analisi su Avionews che occorreva agire immediatamente per far fronte ad una imminente mancanza di liquidità.Qual è il motivo alla base di questa crisi di liquidità?Credo i costi fuori controllo. È un’azienda assolutamente ridondante, dove vi sono delle ottime professionalità che purtroppo non vengono sfruttate per come dovrebbe essere. Infine credo non ci sia un controllo di gestione avanzato ed adeguato alle numerose variabili esogene che caratterizzano questo modello di business. A sua volta tutto ciò incide sulla struttura organizzativa, a mio avviso inadeguata perché costruita su una struttura non coerente alle funzioni interne e quindi poco efficiente ed efficace.«È un’azienda assolutamente ridondante. Credo non ci sia un controllo di gestione avanzato e adeguato alle numerose variabili esogene che caratterizzano questo modello di business»
Lei ha già evidenziato nella sua analisi pubblicata su Avionews che i costi di Alitalia sono ben più elevati di quelli dichiarati nel bilancio 2015.
Vorrei precisare, meglio questo concetto. Il bilancio di Alitalia relativo al 2015 è a mo avviso redatto in maniera corretta e coerente agli attuai principi Irfs, il tema è che proprio dall’analisi dello stesso, scoproprando i tanti costi capitalizzati, si evince chiaramente che Alitalia bruciava circa un milione di cassa al giorno già nel 2015. Quando Mr. Hogan ci raccontava invece che tutto era in linea con il piano industriale che invece prevedeva nel 2015 una perdita di circa 150 milioni.
Pensa che abbia continuato a perdere un milione al giorno anche nel 2016?
Per il 2016 aspettiamo i dati, ma dalla proiezione del 2015 era facile prevedere che in questo periodo la situazione si sarebbe aggravata. Oggi per salvare la compagnia è necessaria una ricapitalizzazione non inferiore a 800 milioni di euro, di cui credo che almeno 300 milioni siano necessari nell’immediatezza se si vuole scongiurare un dramma sociale.
Che cosa le fa dire che i costi sono fuori controllo?
Si vede dai conti. Una compagnia che operando brucia tutta quella cassa è chiaro che ha i costi fuori controllo, ed è un gran peccato perchè il brand Alitalia ancora ha un suo posizionamento importante di mercato. Con i costi così elevati, è chiaro che la competizione con quel genio di Michael O’Leary (fondatore di Ryanair, ndr) diventa impossibile. Un’ora di volo di Alitalia costa tantissimi soldi, in media, a parità di capacità trasportata, circa il 35% in più rispetto a Ryan. Vorrei a tal proposito ribadire quanto già scrissi su Avionews: non è il costo dei dipendenti il problema della compagnia, anche se da quanto si apprende sono previsti ulteriori tagli del personale. Il sindacato e il governo dovrebbero tutelare il personale. Una strategia incondizionata di tagli lineari del personale non solo non risolve alcun problema, ma se vogliamo accentua le problematiche, in quanto nel business del trasporto aereo l’esperienza e gli skills delle risorse umane sono la ricchezza primaria.
Eppure si parla di nuovi tagli per 2000 dipendenti.
I dipendenti non c’entrano nulla. Lei pensa che il costo del personale sia più basso in Ryanair? Non è così! È l’utilizzo efficiente delle risorse umane e delle risorse in genere che fa la differenza e la compagnia Irlandese in questo è davvero la prima della classe, avendo saputo adattare al proprio ambiente interno ed estero la filosofia industriale e l’innovazione di processo che Southwest ha introdotto nel settore del trasporto aereo. Considerando i diversi backgorund delle risorse umane che operano in una compagnia aerea progettare una struttura organizzativa efficiente ed efficace è davvero molto difficile, diventa impossibile se si crea un ambiente all’interno dell’impresa dove vige l’insoddisfazione e la conflittualità.«Il problema dell’Alitalia non è più il costo del personale. I problemi sono la manutenzione, i contratti di leasing e l’approvvigionamento di carburante»
Quali sono i costi maggiormente fuori controllo?
Certamente la manutenzione. È un problema serio. Ha un’incidenza sul bilancio 2015 davvero notevolissima. I loro Programmi di Manutenzione sono ridondanti e spesso del tutto inadeguati ai tempi. Anche i contratti di leasing sono molto onerosi, infine credo non utilizzino alcun modello di gestione del fuel, del resto lo stesso bilancio 2015 evidenzia una sopravvenienza passiva di circa 50 milioni a causa di un swap errato a copertura del prezzo del fuel.
Era possibile avere cognizione di questi maggiori costi rispetto alla media del settore?
Sì, si vede dall’analisi dei bilanci senza dubbi. Non c’è proprio discussione, purtroppo per Alitalia.
L’arrivo di Etihad ha cambiato qualcosa nella gestione o è rimasta una società gestita nel segno della continuità rispetto a prima?
Questo non lo so. Non so che cosa abbiano combinato i manager di Etihad. Tra l’altro l’ultimo amministratore delegato è arrivato da pochi mesi ergo non credo possano essergli attribuite responsabilità er lo stato in cui si trova attualmente la compagnia
Possiamo dire che c’è stato un rinvio nell’affrontare i problemi?
A mio modesto avviso, non c’è un piano industriale E forse non c’è perché non c’è una strategia ed è grave che gli Arabi abbiano investito in Alitalia senza una strategia seria e credibile.Cosa fare nel brevissimo termine? «Devono intervenire le banche e deve intervenire il governo, non c’è altra soluzione. Alitalia ha bisogno di 300 milioni di euro per rimanere in piedi. Poi bisogna ripartire con un piano serio, di gestione e ristrutturazione. Servono almeno 800 milioni»
Come può uscire Alitalia da questa situazione nel brevissimo termine, da qua a 48 ore?
Devono intervenire le banche e deve intervenire il governo, non c’è altra soluzione.
Si tratta quindi di usare soldi pubblici?
Sì. Non c’è altra soluzione. E poi bisogna ripartire con un piano serio, di gestione e ristrutturazione.
Possiamo immaginarci un ritorno dello Stato nella compagnia come azionista?
Credo che sia la soluzione di ultima istanza. Anche se poi bisognerà capire come influirà la vicenda Qatar-Meridiana in un mercato che potrebbe rivelarsi folle ed accrescere una competizione tra soggetti che invece avrebbero bisogno di unire le residue forze.
In che senso?
Se qui arriva un altro concorrente (rispetto a Etihad, ndr), si crea una situazione di tutti contro tutti. Abbiamo già le low cost con un mercato ormai consolidato, visto lo straordinario lavoro che ha fatto Ryanair in questi anni. Micheal O’ Leary è un genio assoluto dell’aviazione. Ora bisognerà vedere quali scenari si vedranno nei prossimi mesi. Certamente è molto triste tutto quello che sta succedendo.
Etihad secondo lei ha ancora interesse a rimanere in Alitalia?
Io credo che Eithad debba risolvere molti problemi interni. Le perdite per la compagnia di Abu Dhabi sono state cospicue in questi anni. E in più ha anche il problema con Air Berlin, credo che presto assisteremo ad un cambio al vertice di Etihad.
Nei giorni dell’acquisto di Alitalia da parte di Etihad, il Capa, Center for Aviation, si chiedeva: “Potrà Etihad far volare uno stormo di compagnie malate?”. Etihad ha osato troppo?
Quelli del Capa l’aviazione la conoscono sin troppo bene, ergo se si chiedevano questo la loro domanda era più che legittima. La strategia di crescita e di internazionalizzazione attraverso Investimenti Diretti Esteri (Ide) in aviazione si è sempre rivelata perdente. Credo che l’Emiro con gli aeroplani a oggi ci abbia rimesso non meno di 5 miliardi, una montagna di soldi.
Non è detto quindi che Etihad rimanga in Alitalia?
Non lo so. Di certo non può salire sopra il 49% per la legislazione europea.«Alitalia non è né carne né pesce: è troppo grande per essere piccola e troppo piccola per essere grande. È in una soglia dimensionale perdente geneticamente»
Si dice che l’esperto parla di logistica e il dilettante parla di strategia. Mi lasci fare il dilettante: bisogna cambiare strategia, a partire dal tipo di aeromobili?No, non è la flotta il problema. Il problema, ripeto, è la gestione dei processi e dei costi che sono fuori controllo. Alitalia non si è adeguata ai tempi. E poi c’è il tema della soglia dimensionale della compagnia. Alitalia non è né carne né pesce: è troppo grande per essere piccola e troppo piccola per essere grande. È in una soglia dimensionale perdente geneticamente. Né una compagnia definita di bandiera può pensare di vivere solo sul lungo raggio, sarebbe un ulteriore suicidio industriale, oltre che sarebbe un grave danno al nostro sistema Paese, pur riconoscendo cha Alitalia è una compagnia privata. Uscire dal mercato interno, sarebbe un ulteriore svilimento del marchio, dopo che in questi anni Alitalia ha bruciato le enormi competenze in tema di processi manutentivi ed ha perso importanti certificazioni ovvero i cosiddetti non tangible asset.C’è una possibilità di un accordo con Ryanair? Nei giorni scorsi se ne è anche parlato.Io non credo. Per come è organizzata Ryanair penso sia impossibile che possa fare feederaggio per altre compagnie. Poi tutto è possibile, ma se ci dovessi scommettere un euro, non ce lo scommetterei.Sia le banche sia le Generali, a cui si chiede ora di convertire le obbligazioni in azioni, sono già sotto pressione per salvare Mps. Saranno nelle condizioni di mettere soldi anche su Alitalia in questo momento?
«È un momento drammatico. Ci sono decine di migliaia di passeggeri in ballo, visto che siamo sotto le feste». Per commentare gli articoli allarmati su Alitalia Gaetano Intrieri non cerca di indorare la pillola. Il docente di controllo di gestione all’Università di Tor Vergata (Roma), ex manager di diverse compagnie nazionali e internazionali, a ottobre aveva scritto un’analisi dura ma molto documentata, pubblicata da Avionews e basata sul bilancio 2015 di Alitalia, per denunciare che la situazione fosse peggiore di quanto non emergesse dalle dichiarazioni ufficiali. L’analisi ha fatto molto discutere, fuori e dentro Alitalia. Forse non è un caso che la stessa compagnia proprio in quei giorni decise di sostituire il direttore della manutenzione. Ora, però, l’emergenza è acclamata. La Stampa di Torino ha pubblicato un retroscena che parla di un buco di cassa di 50 milioni di euro destinato a diventare di 100 milioni. Parla anche di sole 48 ore rimaste per un’iniezione di liquidità che deve arrivare dalle banche per evitare alla compagnia di portare i libri in tribunale.
Professor Intrieri, davvero c’è una crisi di liquidità in atto per Alitalia?
Sì. Adesso la crisi è diventata davvero drammatica e mi spiace molto, non pensavo si arrivasse a questo.
Ci fa capire quanto è grave la situazione?
Molto grave, se davvero sono nella situazione di “rottura di cassa” e mancano i soldi per il carburante come si apprende da alcune fonti, questo è un segnale che ci si avvicina al default delle operazioni.
C’è un rischio di fallimento imminente?
Credo di si, se le banche o il governo non intervengono subito permettendo alla compagnia di poter far fonte quanto meno alle necessità primarie, ovvero al pagamento di quei servizi necessari allo svolgimento delle operazioni di volo. Non credo Etihad possa fre molto in questo momento per assicurare la liquidità necessaria.
La stupisce la crisi di liquidità di cui si sta parlando relativamente ad Alitalia?
No, non mi stupisce. Lo avevo scritto e previsto già nella mia analisi su Avionews che occorreva agire immediatamente per far fronte ad una imminente mancanza di liquidità.
Qual è il motivo alla base di questa crisi di liquidità?
Credo i costi fuori controllo. È un’azienda assolutamente ridondante, dove vi sono delle ottime professionalità che purtroppo non vengono sfruttate per come dovrebbe essere. Infine credo non ci sia un controllo di gestione avanzato ed adeguato alle numerose variabili esogene che caratterizzano questo modello di business. A sua volta tutto ciò incide sulla struttura organizzativa, a mio avviso inadeguata perché costruita su una struttura non coerente alle funzioni interne e quindi poco efficiente ed efficace.
«È un’azienda assolutamente ridondante. Credo non ci sia un controllo di gestione avanzato e adeguato alle numerose variabili esogene che caratterizzano questo modello di business»
Lei ha già evidenziato nella sua analisi pubblicata su Avionews che i costi di Alitalia sono ben più elevati di quelli dichiarati nel bilancio 2015.
Vorrei precisare, meglio questo concetto. Il bilancio di Alitalia relativo al 2015 è a mo avviso redatto in maniera corretta e coerente agli attuai principi Irfs, il tema è che proprio dall’analisi dello stesso, scoproprando i tanti costi capitalizzati, si evince chiaramente che Alitalia bruciava circa un milione di cassa al giorno già nel 2015. Quando Mr. Hogan ci raccontava invece che tutto era in linea con il piano industriale che invece prevedeva nel 2015 una perdita di circa 150 milioni.
Pensa che abbia continuato a perdere un milione al giorno anche nel 2016?
Per il 2016 aspettiamo i dati, ma dalla proiezione del 2015 era facile prevedere che in questo periodo la situazione si sarebbe aggravata. Oggi per salvare la compagnia è necessaria una ricapitalizzazione non inferiore a 800 milioni di euro, di cui credo che almeno 300 milioni siano necessari nell’immediatezza se si vuole scongiurare un dramma sociale.
Che cosa le fa dire che i costi sono fuori controllo?
Si vede dai conti. Una compagnia che operando brucia tutta quella cassa è chiaro che ha i costi fuori controllo, ed è un gran peccato perchè il brand Alitalia ancora ha un suo posizionamento importante di mercato. Con i costi così elevati, è chiaro che la competizione con quel genio di Michael O’Leary (fondatore di Ryanair, ndr) diventa impossibile. Un’ora di volo di Alitalia costa tantissimi soldi, in media, a parità di capacità trasportata, circa il 35% in più rispetto a Ryan. Vorrei a tal proposito ribadire quanto già scrissi su Avionews: non è il costo dei dipendenti il problema della compagnia, anche se da quanto si apprende sono previsti ulteriori tagli del personale. Il sindacato e il governo dovrebbero tutelare il personale. Una strategia incondizionata di tagli lineari del personale non solo non risolve alcun problema, ma se vogliamo accentua le problematiche, in quanto nel business del trasporto aereo l’esperienza e gli skills delle risorse umane sono la ricchezza primaria.
Eppure si parla di nuovi tagli per 2000 dipendenti.
I dipendenti non c’entrano nulla. Lei pensa che il costo del personale sia più basso in Ryanair? Non è così! È l’utilizzo efficiente delle risorse umane e delle risorse in genere che fa la differenza e la compagnia Irlandese in questo è davvero la prima della classe, avendo saputo adattare al proprio ambiente interno ed estero la filosofia industriale e l’innovazione di processo che Southwest ha introdotto nel settore del trasporto aereo. Considerando i diversi backgorund delle risorse umane che operano in una compagnia aerea progettare una struttura organizzativa efficiente ed efficace è davvero molto difficile, diventa impossibile se si crea un ambiente all’interno dell’impresa dove vige l’insoddisfazione e la conflittualità.
Vorrei precisare, meglio questo concetto. Il bilancio di Alitalia relativo al 2015 è a mo avviso redatto in maniera corretta e coerente agli attuai principi Irfs, il tema è che proprio dall’analisi dello stesso, scoproprando i tanti costi capitalizzati, si evince chiaramente che Alitalia bruciava circa un milione di cassa al giorno già nel 2015. Quando Mr. Hogan ci raccontava invece che tutto era in linea con il piano industriale che invece prevedeva nel 2015 una perdita di circa 150 milioni.
Pensa che abbia continuato a perdere un milione al giorno anche nel 2016?
Per il 2016 aspettiamo i dati, ma dalla proiezione del 2015 era facile prevedere che in questo periodo la situazione si sarebbe aggravata. Oggi per salvare la compagnia è necessaria una ricapitalizzazione non inferiore a 800 milioni di euro, di cui credo che almeno 300 milioni siano necessari nell’immediatezza se si vuole scongiurare un dramma sociale.
Che cosa le fa dire che i costi sono fuori controllo?
Si vede dai conti. Una compagnia che operando brucia tutta quella cassa è chiaro che ha i costi fuori controllo, ed è un gran peccato perchè il brand Alitalia ancora ha un suo posizionamento importante di mercato. Con i costi così elevati, è chiaro che la competizione con quel genio di Michael O’Leary (fondatore di Ryanair, ndr) diventa impossibile. Un’ora di volo di Alitalia costa tantissimi soldi, in media, a parità di capacità trasportata, circa il 35% in più rispetto a Ryan. Vorrei a tal proposito ribadire quanto già scrissi su Avionews: non è il costo dei dipendenti il problema della compagnia, anche se da quanto si apprende sono previsti ulteriori tagli del personale. Il sindacato e il governo dovrebbero tutelare il personale. Una strategia incondizionata di tagli lineari del personale non solo non risolve alcun problema, ma se vogliamo accentua le problematiche, in quanto nel business del trasporto aereo l’esperienza e gli skills delle risorse umane sono la ricchezza primaria.
Eppure si parla di nuovi tagli per 2000 dipendenti.
I dipendenti non c’entrano nulla. Lei pensa che il costo del personale sia più basso in Ryanair? Non è così! È l’utilizzo efficiente delle risorse umane e delle risorse in genere che fa la differenza e la compagnia Irlandese in questo è davvero la prima della classe, avendo saputo adattare al proprio ambiente interno ed estero la filosofia industriale e l’innovazione di processo che Southwest ha introdotto nel settore del trasporto aereo. Considerando i diversi backgorund delle risorse umane che operano in una compagnia aerea progettare una struttura organizzativa efficiente ed efficace è davvero molto difficile, diventa impossibile se si crea un ambiente all’interno dell’impresa dove vige l’insoddisfazione e la conflittualità.
«Il problema dell’Alitalia non è più il costo del personale. I problemi sono la manutenzione, i contratti di leasing e l’approvvigionamento di carburante»
Quali sono i costi maggiormente fuori controllo?
Certamente la manutenzione. È un problema serio. Ha un’incidenza sul bilancio 2015 davvero notevolissima. I loro Programmi di Manutenzione sono ridondanti e spesso del tutto inadeguati ai tempi. Anche i contratti di leasing sono molto onerosi, infine credo non utilizzino alcun modello di gestione del fuel, del resto lo stesso bilancio 2015 evidenzia una sopravvenienza passiva di circa 50 milioni a causa di un swap errato a copertura del prezzo del fuel.
Era possibile avere cognizione di questi maggiori costi rispetto alla media del settore?
Sì, si vede dall’analisi dei bilanci senza dubbi. Non c’è proprio discussione, purtroppo per Alitalia.
L’arrivo di Etihad ha cambiato qualcosa nella gestione o è rimasta una società gestita nel segno della continuità rispetto a prima?
Questo non lo so. Non so che cosa abbiano combinato i manager di Etihad. Tra l’altro l’ultimo amministratore delegato è arrivato da pochi mesi ergo non credo possano essergli attribuite responsabilità er lo stato in cui si trova attualmente la compagnia
Possiamo dire che c’è stato un rinvio nell’affrontare i problemi?
A mio modesto avviso, non c’è un piano industriale E forse non c’è perché non c’è una strategia ed è grave che gli Arabi abbiano investito in Alitalia senza una strategia seria e credibile.
Certamente la manutenzione. È un problema serio. Ha un’incidenza sul bilancio 2015 davvero notevolissima. I loro Programmi di Manutenzione sono ridondanti e spesso del tutto inadeguati ai tempi. Anche i contratti di leasing sono molto onerosi, infine credo non utilizzino alcun modello di gestione del fuel, del resto lo stesso bilancio 2015 evidenzia una sopravvenienza passiva di circa 50 milioni a causa di un swap errato a copertura del prezzo del fuel.
Era possibile avere cognizione di questi maggiori costi rispetto alla media del settore?
Sì, si vede dall’analisi dei bilanci senza dubbi. Non c’è proprio discussione, purtroppo per Alitalia.
L’arrivo di Etihad ha cambiato qualcosa nella gestione o è rimasta una società gestita nel segno della continuità rispetto a prima?
Questo non lo so. Non so che cosa abbiano combinato i manager di Etihad. Tra l’altro l’ultimo amministratore delegato è arrivato da pochi mesi ergo non credo possano essergli attribuite responsabilità er lo stato in cui si trova attualmente la compagnia
Possiamo dire che c’è stato un rinvio nell’affrontare i problemi?
A mio modesto avviso, non c’è un piano industriale E forse non c’è perché non c’è una strategia ed è grave che gli Arabi abbiano investito in Alitalia senza una strategia seria e credibile.
Cosa fare nel brevissimo termine? «Devono intervenire le banche e deve intervenire il governo, non c’è altra soluzione. Alitalia ha bisogno di 300 milioni di euro per rimanere in piedi. Poi bisogna ripartire con un piano serio, di gestione e ristrutturazione. Servono almeno 800 milioni»
Come può uscire Alitalia da questa situazione nel brevissimo termine, da qua a 48 ore?
Devono intervenire le banche e deve intervenire il governo, non c’è altra soluzione.
Si tratta quindi di usare soldi pubblici?
Sì. Non c’è altra soluzione. E poi bisogna ripartire con un piano serio, di gestione e ristrutturazione.
Possiamo immaginarci un ritorno dello Stato nella compagnia come azionista?
Credo che sia la soluzione di ultima istanza. Anche se poi bisognerà capire come influirà la vicenda Qatar-Meridiana in un mercato che potrebbe rivelarsi folle ed accrescere una competizione tra soggetti che invece avrebbero bisogno di unire le residue forze.
In che senso?
Se qui arriva un altro concorrente (rispetto a Etihad, ndr), si crea una situazione di tutti contro tutti. Abbiamo già le low cost con un mercato ormai consolidato, visto lo straordinario lavoro che ha fatto Ryanair in questi anni. Micheal O’ Leary è un genio assoluto dell’aviazione. Ora bisognerà vedere quali scenari si vedranno nei prossimi mesi. Certamente è molto triste tutto quello che sta succedendo.
Etihad secondo lei ha ancora interesse a rimanere in Alitalia?
Io credo che Eithad debba risolvere molti problemi interni. Le perdite per la compagnia di Abu Dhabi sono state cospicue in questi anni. E in più ha anche il problema con Air Berlin, credo che presto assisteremo ad un cambio al vertice di Etihad.
Nei giorni dell’acquisto di Alitalia da parte di Etihad, il Capa, Center for Aviation, si chiedeva: “Potrà Etihad far volare uno stormo di compagnie malate?”. Etihad ha osato troppo?
Quelli del Capa l’aviazione la conoscono sin troppo bene, ergo se si chiedevano questo la loro domanda era più che legittima. La strategia di crescita e di internazionalizzazione attraverso Investimenti Diretti Esteri (Ide) in aviazione si è sempre rivelata perdente. Credo che l’Emiro con gli aeroplani a oggi ci abbia rimesso non meno di 5 miliardi, una montagna di soldi.
Non è detto quindi che Etihad rimanga in Alitalia?
Non lo so. Di certo non può salire sopra il 49% per la legislazione europea.
Devono intervenire le banche e deve intervenire il governo, non c’è altra soluzione.
Si tratta quindi di usare soldi pubblici?
Sì. Non c’è altra soluzione. E poi bisogna ripartire con un piano serio, di gestione e ristrutturazione.
Possiamo immaginarci un ritorno dello Stato nella compagnia come azionista?
Credo che sia la soluzione di ultima istanza. Anche se poi bisognerà capire come influirà la vicenda Qatar-Meridiana in un mercato che potrebbe rivelarsi folle ed accrescere una competizione tra soggetti che invece avrebbero bisogno di unire le residue forze.
In che senso?
Se qui arriva un altro concorrente (rispetto a Etihad, ndr), si crea una situazione di tutti contro tutti. Abbiamo già le low cost con un mercato ormai consolidato, visto lo straordinario lavoro che ha fatto Ryanair in questi anni. Micheal O’ Leary è un genio assoluto dell’aviazione. Ora bisognerà vedere quali scenari si vedranno nei prossimi mesi. Certamente è molto triste tutto quello che sta succedendo.
Etihad secondo lei ha ancora interesse a rimanere in Alitalia?
Io credo che Eithad debba risolvere molti problemi interni. Le perdite per la compagnia di Abu Dhabi sono state cospicue in questi anni. E in più ha anche il problema con Air Berlin, credo che presto assisteremo ad un cambio al vertice di Etihad.
Nei giorni dell’acquisto di Alitalia da parte di Etihad, il Capa, Center for Aviation, si chiedeva: “Potrà Etihad far volare uno stormo di compagnie malate?”. Etihad ha osato troppo?
Quelli del Capa l’aviazione la conoscono sin troppo bene, ergo se si chiedevano questo la loro domanda era più che legittima. La strategia di crescita e di internazionalizzazione attraverso Investimenti Diretti Esteri (Ide) in aviazione si è sempre rivelata perdente. Credo che l’Emiro con gli aeroplani a oggi ci abbia rimesso non meno di 5 miliardi, una montagna di soldi.
Non è detto quindi che Etihad rimanga in Alitalia?
Non lo so. Di certo non può salire sopra il 49% per la legislazione europea.
«Alitalia non è né carne né pesce: è troppo grande per essere piccola e troppo piccola per essere grande. È in una soglia dimensionale perdente geneticamente»
Si dice che l’esperto parla di logistica e il dilettante parla di strategia. Mi lasci fare il dilettante: bisogna cambiare strategia, a partire dal tipo di aeromobili?
No, non è la flotta il problema. Il problema, ripeto, è la gestione dei processi e dei costi che sono fuori controllo. Alitalia non si è adeguata ai tempi. E poi c’è il tema della soglia dimensionale della compagnia. Alitalia non è né carne né pesce: è troppo grande per essere piccola e troppo piccola per essere grande. È in una soglia dimensionale perdente geneticamente. Né una compagnia definita di bandiera può pensare di vivere solo sul lungo raggio, sarebbe un ulteriore suicidio industriale, oltre che sarebbe un grave danno al nostro sistema Paese, pur riconoscendo cha Alitalia è una compagnia privata. Uscire dal mercato interno, sarebbe un ulteriore svilimento del marchio, dopo che in questi anni Alitalia ha bruciato le enormi competenze in tema di processi manutentivi ed ha perso importanti certificazioni ovvero i cosiddetti non tangible asset.
C’è una possibilità di un accordo con Ryanair? Nei giorni scorsi se ne è anche parlato.
Io non credo. Per come è organizzata Ryanair penso sia impossibile che possa fare feederaggio per altre compagnie. Poi tutto è possibile, ma se ci dovessi scommettere un euro, non ce lo scommetterei.
Sia le banche sia le Generali, a cui si chiede ora di convertire le obbligazioni in azioni, sono già sotto pressione per salvare Mps. Saranno nelle condizioni di mettere soldi anche su Alitalia in questo momento?
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