Le amministrazioni locali grazie a due interventi legislativi degli anni ’90, hanno iniziato a rivolgersi al mercato privato dei capitali per il reperimento delle risorse indispensabili per il finanziamento degli investimenti: la Legge 403/90 e la Legge 724/94 (Legge Finanziaria 1995) (http://www.entilocali.provincia.le.it/contabilita/doc/int_0008.doc. )
Cessava il monopolio della Cassa Depositi e Prestiti quale unico istituto finanziatore istituzionale: agli enti locali veniva consentito di rivolgersi sul mercato dei prodotti finanziari degli istituti di credito, senza necessità di dover preventivamente accedere alle offerte dell’istituto pubblico.
Le banche hanno venduto agli enti pubblici italiani l’Interest Rate Swap (IRS), uno strumento che “avrebbe dovuto garantire” agli enti locali una copertura nell’eventualità di un aumento dei tassi d’interesse in correlazione ad operazioni di finanziamento a medio-lungo termine.
Questi derivati hanno funzionato poco o male, in molti casi hanno appesantito i bilanci degli enti territoriali.
I derivati IRS, nati come strumenti di copertura dal rischio di aumento dei tassi d’interesse, si sono trasformati in micidiali trappole per i bilanci di un gran numero di nostre imprese ed enti pubblici. Il meccanismo alla base dell’IRS prevede due parti, la banca ed il cliente, questi si obbligano tra loro ad effettuarsi dei versamenti periodici in relazione al futuro andamento dell’indice di un determinato tasso di interesse.
Spesso le banche hanno venduto dei prodotti IRS di scarsa utilità, in molte occasioni si sono rivelati essere molto dannosi. Sono stati artatamente congegnati dalle banche al fine di addossare sulle spalle delle imprese e delle pubbliche amministrazioni le conseguenze di un momento di tassi d’interesse bassi. La formula maggiormente utilizzata fu “la banca vince se i tassi calano”. Bene cosa è successo? I tassi sono calati e gli italiani hanno pagano e continuano a pagare centinaia di milioni di perdite su questi contratti.
In molti casi questi derivati sono stati imposti dal funzionario di banca come condizione per ottenere l’erogazione di un finanziamento, quindi numerose imprese ed enti, non solo non sono stati coperti dal rischio, ma si sono trovati a dover pagare alle banche i normali interessi sui finanziamenti e le gabelle derivate dallo swap. (l’hanno presa “in quel posto” due volte senza vaselina)
Allora prendiamo l’assessore al bilancio “bravo a falsificare i bilanci con accreditate capacità” o “bravo a obbedire a dovere”. Compito principale di qualsiasi assessore al bilancio è scrivere e riscrivere “la bestia” ovvero il bilancio del comune finché non emerge quello che la giunta “vuole che venga fuori” ma soprattutto “che NON venga fuori quello che NON vuole”. Un lavoro stressante perché:
- – le leggi che regolano la stesura dei bilanci pubblici sono criptiche, contorte e note solo a pochi iniziati
- – l’assessore già di suo spesso non ne capisce un emerito c***o
Nel caso di giunta di centro-destra l’assessore di fresca nomina si portava dentro all’amministrazione i suoi fornitori preferiti: le banche. La preferenza ricadeva su quelle con cui aveva contratto pesanti debiti non pagati o quelle con cui aveva intenzione di contrarre debiti. La giunta di centro-sinistra invece utilizzava le banche indicate dal partito.
Molti comuni italiani hanno in pancia moltissimi di questi investimenti. Questi contratti finanziari, stipulati dalle massime ed esperte autorità italiane, fanno guadagnare i banchieri statunitensi e tedeschi a nostro discapito.
Circa 900 enti locali italiani e molte imprese pubbliche italiane hanno acquistato derivati sul tasso con questa mirabolante clausola e pagano queste perdite dagli anni ’90.
Parliamo di interessi che mediamente si aggirano attorno al 7% – 8% sul prestito sottostante, ma le amministrazioni che hanno voluto estinguere in anticipo per fuggire dal mercato dei contratti derivati, hanno dovuto pagare penali per decine di miliardi di euro.
Molti dei derivati sul tasso li hanno piazzati in Italia: Deutsche Bank, Morgan Stanley, Merryl Linch e Barclays.
– La Provincia di Brescia si è trovata un con un nuovo rosso da -5,39 milioni, a fine 2015 la perdita totale ha toccato quota 25,43 milioni, tutto merito dei derivati: 104,8 milioni con Dexia, 55,8 con Deutsche, scadenza nel 2036! La provincia vorrebbe chiuderli portando gli istituti in Tribunale, cercando di raggiungere un accordo extra giudiziale.
– Il comune di Prato si è liberato dei contratti con Dexia perché non rispettavano il diritto di recesso, per gli altri enti pubblici sono state batoste.
– A ottobre 2014 la Provincia di Pisa ha perso la battaglia in Cassazione ed è stata obbligata a onorare il contratto versando 400mila euro di spese legali all’istituto emittente.
– La Provincia di Crotone a maggio 2014 ha sborsato 340mila sterline di spese legali.
– Milano dopo il processo tra il Comune e quattro banche (Jp Morgan, Ups, Depfa e Deutsche), l’ente pubblico ha raggiunto un accordo con gli istituti chiudendo i contratti anticipatamente.
– Nel 2002 il Comune di Roma ha chiuso dei contratti derivati favorevoli dove stava guadagnando (avrebbe continuato a guadagnare perché questo era un derivato con clausola “banca perde se tasso cala”). Nel 2003 stipula nove derivati con la clausola “banca vince se tasso cala”. Ovviamente la perdita subita dal Comune di Roma tra il 2003 e il 2007 è stata pesante, ma la devastazione finale è arrivata quando ha pagato per uscire dai contratti derivati.
– Ad aprile 2015 Bloomberg ha calcolato che nel periodo 2011 – 2014, la Francia ha guadato oltre 2,7 miliardi, Grecia e Belgio hanno ottenuto benefici per circa 1 miliardo, l’Italia ha avuto un risultato negativo per 16,95 miliardi, la Germania ha registrato perdite per 950 milioni.
Tutta la storia, punto per punto, la spiega molto bene l’avvocato Marco della Luna nell’articolohttp://marcodellaluna.info/sito/2016/09/11/riforme-proibite-i-veti-di-washington-e-berlino/
Le casse comunali si sono negli anni svuotate, in Italia sono molti i comuni e gli enti pubblici che non hanno i mezzi per estinguere questi contratti. E chi paga sarà il popolo italiano per molto tempo.
La cosa sconcertante è che un ente pubblico “magheggi” nel gioco d’azzardo della finanza con i soldi dei contribuenti, investendo in strumenti speculativi.
Si è dovuto attendere la legge Finanziaria per il 2009 (Legge 22 dicembre 2008, n. 203, art. 3) perché finalmente fosse introdotto per gli enti locali un primo divieto transitorio di stipulare contratti derivati: tale restrizione è poi divenuta definitiva soltanto con l’approvazione dell’ultima legge di stabilità per l’anno 2014 (Art. 1, comma 572, legge n. 147 del 24 dicembre 2013).
Le Procure che stanno indagando sui derivati sono sempre più scomode e non hanno nessun tipo di appoggio. Con l’apertura dei contenziosi giudiziari tra banche ed enti locali, è emerso che molti derivati presentavano spesso uno squilibrio strutturale: sin dall’inizio erano sfavorevoli per la Pubblica Amministrazione e le commissioni erano state nascoste ad arte.
I derivati sono una meravigliosa arma di distruzione economica di massa a causa della loro enorme diffusione, tuttavia rimangono un argomento tabù sui media italiani.
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