Si parlava di scuola sulla spiaggia e le professoresse tenevano banco. Noi vecchi, sembravamo i cagnolini del lunotto posteriore: tutto uno scuotimento di teste.
Ora, la sostanza è semplice.
La nostra scuola, quella vecchia, lo era nei programmi sicuramente, ma la piramide di comando era ferrea, quindi, azione-reazione era estremamente prevedibile.
Non c’erano interpolazioni possibili, per cui gli studenti e le famiglie potevano tranquillamente decidere se mandare o meno i figli a scuola. Sono nato nella scuola dell’obbligo sino a 14 anni, ma non le medie, c’erano gli avviamenti professionali, le commerciali e le medie.
Una cosa era chiara, dalle elementari tutti uscivano, se avevano maestri decenti, sapendo un italiano accettabile per poter parlare (magari quando si era militari in tanta malora da casa) e maneggiare i soldi (=far di conto).
Oggi è una melma indistinta, non si capisce chi comanda, tutto è assembleare.
Per fare il professore, più che una laurea nella materia specifica, sembra volercene una in legge per pararsi dai ricorsi, dalle denunce.
Da tutto e tutti.
Intanto le scuole sono aumentate, l’offerta formativa anche, ma ai miei tempi un diplomato dell’istituto tecnico, dopo un paio d’anni era responsabile di reparto, aveva competenze che ora forse un ingegnere ha.
Sono andato all’università, che quando si faceva laboratorio di chimica, gli studenti diplomati chimici davano dei punti agli assistenti.
E come mai tutto è andato a pacco?
Semplice, perché la scuola è diventata un parcheggio, quindi doveva crollare la chiarezza sulle regole.
Avanti tutta con il sistema assembleare, con i genitori che possono dire la loro, con il non bocciare mai (quando ero in Svizzera-fine anni ’90 - le statistiche della scuola dell’obbligo dicevano che le più brave erano le ragazze, perché solo il 37% perdeva un anno).
Avanti con il prolungare il sonno della ragione degli alunni sino a 14 anni, perché prima devono essere creativi.
Dimenticandosi poi che potrebbero imparare una lingua giocando negli anni creativi e sapere tutto sull’uso dei computer, ma per questo ci vorrebbero insegnanti che le lingue le sanno, soldi per informatizzare le scuole elementari e informatici adatti.
Intanto la storia si sta aggravando con l’arrivo degli extracomunitari che vengono inseriti PRIMA di sapere l’italiano e soprattutto senza costringere anche i genitori a saperlo.
Che poi capita che al colloquio professori, l’interprete per far capire alla madre, è proprio l’alunno.
Ora avremmo bisogno di una scuola al top, perché ci stiamo giocando il nostro futuro visto che la mandopera non costa niente al mondo e si potrà competere solo con alta qualità delle merci e dei servizi. Tutti diranno che sono d’accordo, citeranno le eccellenze e magari spremeranno una lacrimuccia per quelli bravi che vanno all’estero.
Ma pensateci bene: basta un campione per fare una squadra?
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